Funestato dalla strage di Denver nella sua prima uscita mondiale, in attesa di poter vederlo da noi (esce il 29 agosto) mentre viene già strapompato di pubblicità con un infelicissimo quanto incolpevole claim (“Il fuoco divamperà”), non parleremo del Cavaliere oscuro – Il Ritorno. Ma piuttosto del suo regista, Christopher Nolan, una specie di Alfred Hitchcock nostro contemporaneo, nella sua capacità di coniugare sperimentalismo e dollari sonanti.
Nolan il Vecchio (vecchio per modo di dire, compiendo il 30 luglio prossimo 42 anni, che sono pur sempre di più dei 36 di Nolan il Giovane, ossia il fratello e fido sceneggiatore Jonathan) dopo aver incassato circa 1 miliardo di dollari con Il Cavaliere Oscuro, punta senza dubbio a una replica con questo che è il terzo capitolo (il primo fu Batman begins) della sua trilogia antro-pipistrellica. Ha già detto che il suo rapporto col super-eroe di Gotham City per lui finisce qui (dichiarazione fatta prima del drammatico stress emotivo dovuto al killer di Aurora).
E per chiudere in bellezza, lui che è inglese di Londra, ha pensato bene di ispirarsi a uno dei capolavori del massimo narratore di Londra, Charles Dickens, al cui “Racconto di due città” il film è vagamente ispirato, per ammissione di Nolan il Giovane, che ha fornito lo script.
E lo sventolare dell’Union Jack su una produzione da studio losangelino è il primo legame con il largo e maestoso profilo di Mister Hitch, anche lui inglese dei sobborghi londinesi: sensibilità europea che incrocia la potenza di mezzi americana, e che tende – come per tanti autori europei sbarcati a Hollywood – a concentrarsi sui lati oscuri dell’esistenza, e nel caso dei due inglesi con particolare interesse verso le devianze della mente, i meandri psichici. Con una stilistica capacità, in entrambi, di affrontare con eguale disinvoltura grandi produzioni (in Nolan con tendenza perfino al colossale) e budget a più ridotta spesa.
Memento avrebbe potuto tranquillamente essere stato girato da Sir Alfred, sperimentatore prima che sul set già nella sceneggiatura, per esempio con un film come Psycho, forte di spiazzamenti narrativi che sono la forza anche della pellicola dei Nolan Bros., ma con in più un effetto autenticamente leggendario (non è un caso che un maestro del cinema contemporaneo come Gus Van Sant abbia ritenuto di doverne fare un remake scena per scena, e che si stia girando un film sulla lavorazione del capolavoro hitchcockiano, con Anthony Hopkins nei panni del regista). E in fondo gli effetti di alterazione psicotecnologica del nuovo secolo avrebbero forse suggerito a sir Alfred un incubo alla Inception, storia trappola che falsifica la realtà con la virtualità e viceversa.
La filmografia di Hitchcock è intessuta di attori feticcio: James Stewart, Cary Grant, Gregory Peck, Grace Kelly, Tippi Hedren (vera ossessione erotica mai realizzata del vecchio Alfred, e sulla quale è in lavorazione il film The Girl con Sienna Miller). Anche Nolan ama circondarsi di attori di fiducia, su tutti Christian Bale, Gary Oldman e il magistrale Michael Caine (che ha avuto a dire: «Ho conosciuto brillanti registi capaci di dirigere azione, thriller, avventura, horror. Però mai avevo conosciuto un regista bravo in tutti quei ruoli come lui»). E nel carniere non mancano parti assegnate ad Al Pacino, Leonardo DiCaprio, Hilary Swank, Robin Williams, Scarlet Johansonn, Heath Ledger. Il divismo è dopotutto una componente fondamentale della vecchia e nuova Hollywood.
Non secondario è poi il ruolo della famiglia sia nella vicenda di Hitchcock che in quella di Nolan il Vecchio. Alma Reville è un nome per lo più oscuro al grande pubblico, eppure a lei si devono alcune intuizioni formidabili del marito Hitch, di cui fu assistente, montatrice e sceneggiatrice, spesso non accreditata. Ugualmente, un ruolo fondamentale è giocato dalla discreta, silenziosissima, influentissima signora Nolan, Emma Thomas, sua produttrice di tutti i film. Al fratello Jonathan e alla sua mente visionaria si devono soggetti e sceneggiature di molti dei film di Nolan il Vecchio, da Memento a The Prestige, fino ai film di Batman. Senza contare che Nolan il Giovane è autore col genio del racconto televisivo contemporaneo J.J. Abrams (l’inventore di Lost, per intenderci) della straordinaria serie Person of Interest per il network Cbs.
Più inquietante è invece la figura di un terzo fratello Nolan, Matthew, il maggiore, che niente ha a che vedere con l’arte, avendo conquistato le cronache per l’accusa di aver ammazzato un uomo in Costa Rica (era già sotto indagine per bancarotta). L’accusa poi è caduta, ma è indubbio che abbia allungato un’ombra sull’immagine familiare. Quanto a cupezza, la cattolica famiglia Hitchcock non era da meno: come non ricordare il castigo inflitto al giovane Alfred che dopo una marachella o una blandissima trasgressione alle regole genitoriali veniva rinchiuso per ore in un armadio dal padre, oppure la “evening confession” che la madre imponeva al ragazzo ogni sera standogli ai piedi del letto?
Per il delicatissimo matrimonio tra la cassa e la foglia di lauro, Nolan il Vecchio è l’officiante oggi più accreditato in LA. Padronanza tecnica, senso dello spettacolo, ambizione autoriale, squadra affiatata, fanno di lui un campione di Hollywood, capace ogni volta di aggiornare la propria sfida espressiva. In attesa dunque di vedere il terzo Batman e le sue prossime opere a impatto globale che realizzerà, torna utile un flashback al suo primo lavoro per il cinema. È un cortometraggio di tre minuti scarsi, che realizzò a 18 anni. Si intitola Doodlebug, ma è anche chiamato buffamente Tarantella. Tuttavia nulla c’entrano Napoli e la musica popolare. Piuttosto vi si trovano acerbamente alcune delle inquietudini e tematiche che intessono la successiva opera di questo formidabile genio.