Caro Scamarcio, se vuoi fare il figo vai a lezione da McConaughey

Caro Scamarcio, se vuoi fare il figo vai a lezione da McConaughey

Uno splendido tamarro. Indimenticabile. Eppure, vien da chiedersi, perché mai Matthew McConaughey, uno degli uomini più belli del mondo, studi in legge e recitazione, colto e raffinato, con un interessante sviluppo di carriera da pupone romantico di blockbuster globali a tormentato personaggio nelle pellicole più recenti (The Paperboy e Killer Joe, ancora non usciti sui nostri schermi), perché uno così accetta di impersonare senza paura il Dallas burino e inelegante e sboccato di Magic Mike, e invece “u uagnon” di Andria, Riccardo Scamarcio, a stento diplomato ragioniere e che non ha nemmeno finito il Centro sperimentale di cinematografia, famoso grazie ai personaggi di Federico Moccia il cui successo gli ha dato quella popolarità sostanzialmente adolescenziale su cui ancora campa, uno così ha come il tormento del carino, l’ossessione del perfettino, la paranoia del compìto, e addirittura ora si mette a insegnare italiano in Il rosso e il blu, dove fa un supplente incredibilmente vestito come un modello?

Usciti insieme, Magic Mike e Il rosso e il blu in paragone danno l’esatta misura di come – in media – la grande differenza tra il cinema Usa e il nostro sia più che nei mezzi e nelle risorse (pur incomparabili), nelle ambizioni, perfino nel coraggio. Laddove Steven Soderbergh si lancia nel racconto di un gruppo di spogliarellisti di Tampa, in Florida, il pur sensibile Giuseppe Piccioni, peraltro meno incline di molti suoi colleghi all’autismo autoriale, si rifugia invece nella scuola, inaffondabile palcoscenico del ceto medio riflessivo italiano, che ha fatto svoltare più di una carriera (basti pensare a Silvio Orlando che fu prof trasformato nell’epocale Portaborse, che raccontava ai ragazzi fesserie a valanga sul povero Manzoni, per poi buttarsi su La scuola e Auguri professore), ma che raramente è stato raccontato senza i soliti cliché: ci fosse mai un professore protagonista che non insegni lettere o storia dell’arte, ma piuttosto matematica, scienze, estimo…

Piccioni va sul liscio della commedia garbata e così eccolo arruolare la Buy, che fa la preside ma sembra sempre la suora del piccioniano Fuori dal mondo, e Roberto Herlitzka, un prof dai tratti sofferenti come nemmeno il suo tragico Aldo Moro di Buongiorno, notte. E poi Scamarcio, il tamarro che non farà mai il tamarro.

Tutto pulito, tutto tranquillo, modernamente deamicisiano, nella scuola di Roma (severamente vietato andare oltre il Grande raccordo anulare, per scoprire magari qualche eccellente istituto tecnico-professionale del Veneto o certi superbi licei del Sud magnagreco).

Altra storia dalle parti americane, dove Soderbergh – con un copione per niente geniale ma molto onesto – punta l’obiettivo sugli “eccitapassere” (autodefinizione da infuocati training nei camerini) dei lunghi sballati weekend: gente che si fa chiamare Tarzan o Tito (in fondo non troppo diversi nell’onomastica dai loro colleghi di Centocelle o Cesenatico) e che si alza presto per fare mestieri tipo il muratore, e insegue un progetto da imprenditore (anzi, “entrepreneur”, pronunciato con tanto di accento francese), e sogna di sfondare a Miami e intanto la notte arrotonda infiammando le donne sopra i 21 anni con gli adduttori tesi e i glutei scoperti, mentre le casse pompano Madonna e Geri Halliwell. McConaughey giganteggia in un ruolo che non è quello del protagonista. Ma è tutto il cast a funzionare: Channing Matthew Tatum e Alex Pettyfer sugli altri.

PS: Tra l’altro, assistere a una proiezione di Magic Mike con intorno giovani spettatrici in comitiva e rigorosamente senza genitori è un istruttivo test di endocrinologia per comprendere il funzionamento degli ormoni nell’età puberale.

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