È come quando si commentano i fatti della politica americana con una certa perplessità, ancorata al punto di vista europeo. Un altro mondo, che dista ben più di un oceano e che eppure è sbarcato da questa parte dell’Atlantico, raccogliendo l’eco mediatico degli anni recenti: tutto è cominciato con le prime proteste di fronte alla riforma sanitaria disegnata dall’amministrazione guidata da Barack Obama, quindi è arrivata l’onda che ha travolto la Casa Bianca e i Democratici alle elezioni di medio termine di due anni fa, insediandosi al Congresso e mettendo in difficoltà anche i Repubblicani sul come gestire la situazione.
I Tea Party per le vie delle città più importanti o di quelle più periferiche, il concetto per cui lo Stato deve limitarsi che ha trovato accoglienza anche nell’Italia che affronta la crisi economica e le lunghe leve degli apparati burocratici ed esattoriali. Ma al di là del contagio, la confusione determinata dalla perplessità e dai preconcetti continua a tenere banco e allora la domanda è obbligata: chi diavolo sono questi libertari?
«Ci sono due fondamentali divisioni», spiega Leonardo Facco del Movimento libertario che ha appena fondato il partito Forza “Evasore” – «nato in contrapposizione al manifesto “Fermiamo il declino” di fronte al quale mi sono cadute le braccia». «C’è la tradizione anarchico – collettivista, con Michail Bakunin e sorto come contraltare alla Rivoluzione russa. E quella anarchico – capitalista americana, che si è evoluta nel tempo e con il pensiero di Murray Rothbard, con una visione della società senza stato». È il filone in questione, per cui «i libertari ritengono lo Stato una grande finzione, attraverso la quale tutti cerchiamo di vivere sulle spalle di tutti. I libertari chiedono una società volontaria, dove la comunità si rivolge al libero mercato per avere servizi». Tre i principi: la vita, la proprietà e la libertà, «lo stato non fa altro che lobotomizzare».
Occorre dunque sgombrare il campo dalle facili supposizioni, tipo che siano esaltati di destra, estremisti, gente dal grilletto facile. I luoghi comuni sugli Stati Uniti sono la lente d’ingrandimento peggiore con la quale analizzare la realtà. Diritti naturali, governo limitato, libero mercato, principio di non aggressione, appartenenza ad una comunità, individualismo: troverebbero spazio anche in Italia, di fronte ad una tradizione culturale così diversa rispetto a quella statunitense? «I principi universali sono traducibili in ogni parte del mondo, seguendo l’adagio gandhiano per cui le idee camminano sulle nostre gambe. Poi si scontrano con tradizioni secolari. Ma per quanto riguarda l’area centro-settentrionale italiana – aggiunge Facco – il Medioevo e la civiltà comunale presentavano nel dettaglio principi utili per la realizzazione di società libertarie, tenendo ovviamente poi conto dell’idea di società di oggi. Il mondo comunale rappresentava un affrancarsi dall’impero. I libertari non sono utopisti, ma ricercano un sistema d’organizzazione meno aggressivo».
Un esempio? «L’educazione, vale a dire no all’istruzione di Stato. Non significa l’abolizione dello Stato, ma di esso all’interno dell’istruzione. Nessun ministero, nessun burocrate che stabilisca un programma unico valido per tutti: piuttosto tante scuole diverse, un mercato dell’istruzione». O ancora, la riforma previdenziale cilena del 1981: «Il singolo lavoratore prende tutti i soldi in busta paga e decide quale pensione riservarsi: in questo modo diventa protagonista del suo futuro».
Nomi e volti: Rothbard, Ludwig von Mises, la Scuola austriaca, Fréderic Bastiat. Ed Ayn Rand. Nacque a San Pietroburgo nel 1905, a 21 anni lasciò l’Unione sovietica socialista e comunista per spostarsi negli USA dove è divenuta la scrittrice di testi di riferimento per i libertari. Il suo nome è circolato anche da noi dopo che il candidato repubblicano alla presidenza Mitt Romney ha scelto Paul Ryan come suo vice. Ryan è un lettore della Rand: per i detrattori ciò dovrebbe rappresentare un fagotto ingombrante nella sua formazione culturale. “La fonte meravigliosa” e “La rivolta di Atlante” sono due dei suoi libri più gettonati. Il primo è finito addirittura in una puntata dei Simpson: racconta la vicenda di Howard Roak, un giovane architetto che non vuole scendere a compromessi per difendere la propria – o meglio individuale – visione artistica. La liberal Lisa Simpson sbeffeggia la storia che viene rivisitata attraverso l’intraprendenza della piccola Maggie, punita dagli educatori all’asilo perché pensa ed agisce diversamente dai suoi compagni.
Gli scritti della Rand sono una guida utile per affrontare il viaggio: perché se dei libertari ormai si conoscono le istanze economiche (meno stato, più libertà d’iniziativa, più libero mercato), dietro c’è molto altro, a partire dalla relazione tra gli individui. «Amare è sapere dare valore. Solo un uomo razionalmente egoista, un uomo di autostima, è in grado di amare, perché è l’unico uomo in grado di tenere fermi, coerenti, senza compromessi i valori, di non tradirli. L’uomo che non sappia apprezzare se stesso, non può dare valore a niente e nessuno», commentava ne “La virtù dell’egoismo”, nel 1964 e pubblicato in Italia da Liberilibri. Oppure, sempre in quell’anno, in un’intervista ricordava come i suoi lettori citassero spesso una frase pronunciata da Howard Roak ne “La fonte meravigliosa”: «To say ‘I love you one’ must know first to say “I”».
È l’egoismo razionale, elemento dell’oggettivismo, il pensiero filosofico che ruota attorno alla Rand che oltre a promuovere il puro capitalismo, sostiene l’individualismo che non danneggi gli altri, ma che aiuti piuttosto nella ricerca della propria felicità: «L’amore romantico, nel senso pieno del termine, è un’emozione possibile solo per l’uomo o per la donna di autostima inviolabile: è la sua risposta ai suoi valori più alti nella persona di un altro, una risposta integrata di mente e di corpo, di amore e di desiderio sessuale. Tale uomo o donna non è in grado di provare un desiderio sessuale divorziato dai valori spirituali».
Dalla teoria alla pratica. Colorado Springs è uno dei centri ritrovatisi in bancarotta sulla lunga scia della crisi economica che attanaglia gli Stati Uniti – e la campagna elettorale di Obama. Di fronte alla montagna di debiti, non sono state alzate le tasse e non ne sono state introdotte di nuove: piuttosto i cittadini hanno tagliato i costi, introducendo forze volontarie perché rimanessero garantiti i servizi. Se così il comune ha fatto spegnere un terzo dei lampioni di Colorado Springs, i suoi abitanti hanno inoltrato regolare domanda per adottarne uno a cento dollari l’anno. Ai tassisti è stato chiesto invece di affiancare il lavoro della polizia nel mantenere la sicurezza, segnalando abusi e infrazioni durante l’orario di lavoro. Alla comunità è stata affidata una parte della gestione dei rifiuti e a turni si impegna a tenere puliti i parchi. Zona di conservatori (a Colorado Springs ha sede l’associazione Focus on the Family che tutela la famiglia tradizionale) che si applicano al libertarismo.
Durante le primarie repubblicane i libertari si sono schierati per Ron Paul, che nel programma aveva inserito l’abolizione della Federal Reserve, nel mentre in Europa si discute se la Bce debba operare come la Fed, e per il quale avrebbe votato anche Facco: «Abbiamo seguito la sua campagna elettorale con molto interesse. E l’aspetto entusiasmante è che vi hanno partecipato molti giovani. C’è stato un grande fermento, specie in quella grande provincia americana dal motto “Don’t tread on me”».
A novembre si muoveranno in ordine sparso: chi tra i due mali sceglierà quello minore, vale a dire Mitt Romney. Chi invece voterà per Gary Johnson, l’ex governatore del New Mexico candidato del Libertarian Party alle Presidenziali. Chi non andrà al seggio. In attesa magari che arrivi il giorno di Rand Paul, figlio di Ron, membro del Tea Party e ora senatore per il Kentucky, approdato a Washington con la marea libertaria/conservatrice delle Mid Term Elections.