Virzì torna con un gran bel film, ma i virzini ancora non sono all’altezza

Virzì torna con un gran bel film, ma i virzini ancora non sono all’altezza

L’11 ottobre esce in 300 copie Tutti i santi giorni la nuova commedia sentimental-procreativa dell’ottimo regista toscano. È liberamente tratta dal libro La generazione di Simone Lenzi, leader della band di culto Virginiana Miller. Lenzi deve al rock e alla sua esperienza professionale di portiere di notte il materiale per i suoi personaggi. Sono infatti un portiere di notte (ma niente a che vedere col modello Nazi-Cavani incarnato da Dirk Bogarde) e la sua compagna, impiegata in un autonoleggio con un passato da cantante, le figure attorno a cui ruota questo film ambientato nella Roma d’oggi: Guido e Antonia non sono sposati ma convivono da sei anni, si amano di un amore svagato e divertente, lui con la sua fissa per la cultura classica e la vita dei santi e lei con una irrequietezza più pragmatica e polemica. Vorrebbero avere un figlio ma non ci riescono: il film è il racconto di come i tentativi – compiuti in diversi modi – influenzano il loro rapporto, che si rinsalda in un lieto (non lietissimo) fine, dopo situazioni anche drammatiche.

La commedia, pur con qualche scena un po’ meccanica, scorre con piacere, testimoniando una volta di più la bravura di Virzì nel comporre i suoi contemporanei romanzi sociali. Molto convincente la Roma della periferia, dove si svolge la maggior parte della storia: la Roma d’Acilia, della Tiburtina con la nuova stazione ferroviaria, dell’Ospedale Sant’Andrea sulla Cassia. Una Roma lontana dalla cartolina della “città opulenta e incinta” (copyright Virzì in conferenza stampa) del centro storico, pieno di cupole poppute e palazzi maestosi. È una Roma dei tempi di crisi, delle difficoltà di stipendio, della precarietà generale, sia lavorativa che amorosa. Un quadro convincente, ben sorretto dai due attori, Thony (nome d’arte di lei, che all’anagrafe fa Federica Victoria Caiozzo) e soprattutto Luca Marinelli, nei panni di “Guidopedia” come lo chiama lei, un forbito, barbuto, colto, spaesato ragazzo toscano che ha rinunciato a promettenti orizzonti all’estero per stare con lei. Un orologio svizzero, come sempre, la sceneggiatura firmata da Virzì, Lenzi e Francesco Bruni, il migliore dei virzini, debuttante alla regia l’anno scorso con l’acclamato Scialla!, e coautore di tutte le sceneggiature dei film del Paolo (nonché del televisivo commissario Montalbano, altra nota di merito).

A proposito di virzini, è nelle sale il film di un virzino eterodosso: Edoardo Gabbriellini. Quindici anni fa, fu il protagonista di “Ovosodo”; col Paolo di Livorno ha fatto poi Baci e Abbracci e Tutta la vita davanti. È certamente uno dei migliori attor giovani che abbiamo (val la pena ricordarlo anche in “Io sono l’amore” e “I figli delle stelle”). Nel 2003 si cimentò nella regia con B.B. e il Cormorano, oggi ritorna col secondo film Padroni di casa che ha un cast forte quanto eclettico: Elio Germano, Valerio Mastandrea, Gianni Morandi, Valeria Bruni Tedeschi. Due fratelli piastrellisti vanno a fare un lavoro a casa di un ex cantante di successo, ritiratosi tra i monti con la moglie malata e alla ricerca di un ritorno sulla scena: incomprensioni, segreti inconfessati, cinismo e amore degenerano in dramma. Nonostante una efficace ambientazione appenninica tosco-emiliana, il film non funziona a dovere: la sceneggiatura nei punti salienti sbanda, caratteri e situazioni soprattutto nella seconda parte sono male amalgamati, il finale è assai deludente (anche sul piano tecnico), gli attori non sono tutti all’altezza. Gabbriellini è una figura simpatica e ammirevole, un’autentica risorsa, ma forse dovrebbe pretendere meno da se stesso.
Analogo discorso potrebbe farsi per Carlo Virzì, virzino di sangue, essendo fratello minore del Paolo per il quale lavora come musicista. Carlo qualche mese fa ha presentato il suo secondo film, I più grandi di tutti, storia di una rock band di provincia che ritorna assieme per un concerto dopo anni. Poetica del carino con esito evanescente. Cui prodest?

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