In queste elezioni si vota anche un referendum sull’industria del porno, nella contea di Los Angeles. L’obiettivo è rendere obbligatorio l’utilizzo del preservativo e proteggere gli attori dal rischio di trasmettere malattie. Ma in molti sono contrari, soprattutto perché l’estetica sarebbe sgradevole.
LOS ANGELES – Come ogni operaio, anche il lavoratore nell’industria del porno dovrà indossare la protezione di un profilattico, secondo il “Safer sex in the adult film industry act” varato dal governo della contea di Los Angeles. Sempre che il referendum confermativo passerà. Gli attori, i registi e gli addetti ai lavori, si oppongono con forza, al grido di My body, my choice». Ma gli anni ’70-’80 sono lontani.
Nessuna crociata moralizzatrice. Anche per la pornografia, è una questione di soldi e di posti di lavoro. In uno spot, i due pornodivi Tera Patrick e Ron Jeremy dicono che la misura voluta dal sindaco Antonio Villaraigosa «metterà a serio rischio un giro di affari da 60 miliardi di dollari e 10 mila posti di lavoro in una delle più redditizie industrie della California meridionale». I numeri, nello spot, parlano chiaro: «dodici morti bianche al giorno negli Usa, 60.000 dal 2000. Nello stesso periodo, solo sei performer sono risultati positivi all’Hiv». Qualcuno si è spinto più in là, come Steven Hirsch, fondatore e amministratore delegato di Vivid, una delle più grandi aziende produttrici di porno dell’area: «Qui il governo e le sue regolamentazioni non devono entrare, nella maniera più assoluta», echeggiando le parole di Ron Paul.
Ma ci sono anche le stime di quanto costerebbe questa misura, secondo fonti ufficiali della contea di Los Angeles: 582.932 dollari. Come minimo. Per un massimo di 280 tra attori e attrici. In più, l’organizzazione che più ha caldeggiato questa misura, l’Aids Healthcare Foundation, ha speso 1 milione e 600 mila dollari per fare lobbying in favore della normativa, e il presidente dell’associazione, Michael Weinstein, ha dichiarato che «l’autoregolamentazione nel settore dell’intrattenimento per adulti ha clamorosamente fallito». E che, inoltre, i costi della misura saranno coperti dalle case produttrici. Le quali però potrebbero facilmente aggirare la norma, spostando la produzione di poco, anche solo in un’altra contea.
In quei sei casi citati sopra però, l’infezione si è trasmessa per via orale. E la legge non obbliga all’uso del preservativo in questo caso. E se la pornostar Aurora Snow appoggia il sì, il resto del mondo dell’hard è compatto a favore del sì, sostenendo che i test anti Hiv si svolgono con cadenza settimanale. Puntando inoltre agli elettori consumatori di pornografia, riempiendo siti come Pornhub di banner e di pop up a favore del no. I risultati di domani ci diranno quanto la questione del porno libero da protezione conti per gli abitanti di Los Angeles. E chissà quanti saranno stati convinti da un banner visto su un sito specializzato del settore…