Prima prova per il nuovo Egitto di Mohamed Morsi. Il popolo egiziano chiede a gran voce una posizione di appoggio e sostegno al popolo palestinese. Ma gli sforzi diplomatici di Morsi potrebbero non bastare se Israele porta avanti la sua azione bellica. Il Presidente egiziano ha subito richiamato, all’inizio degli scontri, due giorni fa, l’ambasciatore egiziano a Tel Aviv. E oggi il primo ministro del Cairo, Hisham Qandil, è in visita sulla Striscia di Gaza in segno di solidarietà con la popolazione colpita dai missili israeliani. Gli aerei dello Stato Ebraico continuano intanto bombardare Gaza, uccidendo due persone nella zona di Nazila, a Nord della città. E mentre Hamas denuncia la morte di civili, Israele nega di pianificare un attacco di terra nonostante la chiamata di 16 mila riservisti (fanteria e genio).
La posizione americana rimane ferma. Barack Obama ha “condannato” il lancio di razzi da Gaza su Israele, ma ha“ribadito” il diritto di Israele all’auto-difesa. Di certo Morsi dovrà considerare, prima di prendere qualsiasi posizione più radicale, i propri rapporti con gli Stati Uniti, tenuto conto del fatto che la vita del Paese nordafricano dipende sempre di più dall’aiuto economico a stelle e strisce.
«L’Egitto non esiterà a intensificare i suoi sforzi e sacrifici per fermare questa aggressione e ottenere una tregua duratura», ha detto Hisham Qandil in una conferenza stampa nell’ospedale di Shifa di Gaza City, dopo avere incontrato alcune vittime civili. «Sosteniamo i palestinesi ma non vogliamo che ci sia un’ulteriore escalation di violenze», ha aggiunto al termine dell’incontro. L’Egitto utilizzerà il valico di Rafah per mandare aiuti umanitari a Gaza e per ospitare sul proprio suolo i profughi in fuga dalla Striscia di Gaza.
Nel frattempo le missioni diplomatiche arabe a New York stanno facendo pressione perché si trovi un accordo per la fine dell’attacco, ma una soluzione sembra ancora lontana. Oggi migliaia di cittadini egiziani hanno invaso le strade del centro fino ad arrivare a Piazza Tharir: chiedono ai Paesi arabi una reazione contro la violenza di Israele. Gli slogan più frequenti sono: «Con i nostri corpi e le nostre anime , siamo pronti a sacrificarci per voi, Palestina!», «Armateci, armateci e mandateci a Gaza» e ancora «Generazione dopo generazione, vi vediamo sempre come il nemico, Israele!». Presenti alla manifestazioni anche personaggi politici di primo piano nel Paese come Mohamed El-Beltagy, nuovo ledaer dei Fratelli Musulmani, Safwat Hegazy, predicatore salafita e Essam Sulta, membro de Al-Wasat party. Islamisti e secolari per la prima volta uniti sotto la stessa causa: chiedono a gran voce che l’Egitto tagli ogni rapporto, economico e diplomatico, con Tel Aviv
C’è poi chi parla della revisioni del Trattato di Pace con Israele: Esaam Erian, uno dei leader del movimento islamista, aveva scritto su Twitter già a ottobre che «ogni cambiamento nel Trattato potrebbe portare alla fine dello stesso». Questa posizione è condivisa anche dagli ambienti secolari. Il già candidato alle presidenziali, Hamdeen Sabbahi, ha pubblicato ieri sul sito di microblogging la dichiarazione: «Le disposizioni di sicurezza del Trattato di Camp David dovrebbero essere riviste». Non si è fatta attendere neanche la dichiarazione del Grande Sceicco di Al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb, che ha descritto l’accaduto «come un atto terroristico e un crimine scandaloso che viola tutti gli accordi internazionali».
È prevista per sabato una riunione della Lega araba al Cairo. Gli Stati membri condannano l’aggressione dello Stato ebraico e invitano la comunità internazionale a fermare il primo ministro Netanyahu. I Paesi arabi hanno condiviso ed elogiato la decisione del Presidente Morsi di ritirare, fin da subito, il suo ambasciatore da Tel Aviv. «Ma realisticamente niente di tutto questo fermerà Netanyahu se decide che è nel suo interesse mantenere la guerra in corso», ha affermato un diplomatico arabo al giornale Aharam online. «Né la ferma pressione americana né le considerazioni sul fronte interno, niente lo fermerà, soprattutto se riesce a raggiungere alcuni suoi obiettivi a terra senza dover pagare un grave prezzo ‘a casa sua’». Facendo poi notare che probabilmente ci saranno molte vittime civili: «Più alto sarà il numero dei caduti, più facile sarà da una parte convincere la comunità internazionale a fare pressioni su Israele per fermarsi e dall’altra persuadere Hamas ad accettare un cessate il fuoco immediato e negoziare un accordo di pace».
Nel frattempo il capo dell’intelligence egiziana, Rafaat Shahata – uomo molto vicino Ahmed al Jaabri, assassinato mercoledì scorso da un razzo israeliano – è tornato dalla Turchia per seguire gli eventi di Gaza. Ora bisogna vedere quali saranno le future mosse del Presidente egiziano: se gli scontri sulla Striscia di Gaza si intensificheranno, la sua posizione di appoggio alla Palestina e il suo ruolo chiave nel mondo arabo si scontreranno, inevitabilmente, con i ‘buoni rapporti’ americani salutati all’inizio del suo mandato.