Inutile dare la colpa a Santoro, la verità è che Silvio piace

Inutile dare la colpa a Santoro, la verità è che Silvio piace

Come si è visto dai giornali di ieri, ed è confermato da quelli di oggi, le valutazioni sulla presenza di Berlusconi da Santoro assumono il classico carattere del dopo-partita.

Animi accesi, risultato messo in discussione, passioni a ruota libera. Il tema di fondo è se Berlusconi abbia guadagnato o no partecipando alla trasmissione Servizio pubblico e se questo eventuale vantaggio lo abbia avuto a causa di una connivenza e degli errori dei protagonisti della trasmissione.

Travaglio oggi sul Fatto se la prende con i rosiconi che, secondo lui, hanno recensito sfavorevolmente la puntata di giovedì scorso, ma non sfugge all’impressione di essere anche lui un rosicone rispetto a colleghi di testate importanti. Non vale la pena partecipare a questo dibattito. Per una ragione banale, ognuno manterrà la propria opinione e non c’è niente di peggio di una discussione priva di capacità di ascolto reciproca.

La verità è che Berlusconi ha dato buona prova di sé da Santoro portando a casa l’unico risultato che gli interessava, cioè mostrare al proprio elettorato che, malgrado l’età e le difficoltà del suo partito e le proprie, è vivo, vegeto, ilare, combattivo. Santoro aveva la necessità di fare un programma di grande ascolto e ci è riuscito. Lo poteva fare diversamente? È bene non salire in cattedra. L’ha fatto come lo sa fare lui.

Il successo di Berlusconi, perché almeno su questo punto non dovrebbe esserci dibattito, in quanto il Cavaliere ha portato a casa un risultato importante, rivela una verità che era stata rimossa. Berlusconi sicuramente perderà le elezioni, nel senso che il suo partito non prevarrà, ma non è né morto né domo. Chiunque abbia pensato che avrebbe salutato a centro-campo, per usare una metafora calcistica, appagato dai risultati personali conseguiti, denari compresi, deve fare i conti con il fatto che l’uomo non solo c’è, ma c’è soprattutto la sua gente. Perché questo è il punto centrale che fece perdere Occhetto nel ’94 e traballare Prodi nel 2006.

La destra esiste come realtà corposa del Paese, ha caratteristiche aggressive, vive nell’incubo dei comunisti, basta leggere quello che mi scrivono alcuni lettori di questo giornale on line, non ha alcuna intenzione di assistere alla partita senza cercare di mutarne il risultato. Forse verrà una stagione in cui la destra sarà diversa. Tuttavia in questa conclamata diversità, che potrebbe avere le sembianze europee di Monti, non bisogna dimenticare che, dall’Europa all’America, la destra ha dentro di sé un furore che la contrappone alla sinistra fatto di convinzioni, di religione, di paura, di odio.

Non sarebbe onesto dimenticare che anche nella sinistra esistono passioni altrettanto forti e altrettanto cariche di pregiudizi. È questa la smentita alla teoria che destra e sinistra sono superate. Se ne faccia una ragione il professor Monti. Si può cercare di civilizzarle, ma esse restano vive, vitali, reciprocamente aggressive. Berlusconi, anche se non fosse andato da Santoro, avrebbe trovato il modo per far emergere questo fiume carsico. Santoro ha meno merito o demerito di quanto gliene riconoscono oggi i suoi critici. Il tema è perché tanti italiani, oggi sempre meno, preferiscono un personaggio come Berlusconi rispetto ad altre offerte politiche. Quando si sarà capito questo l’Italia potrà voltare pagina.

Fino a che ci si abbandonerà a teorie sul berlusconismo come male assoluto, ovvero come parabola già conclusa, si resterà prigionieri del vecchio lottatore. Solo una stagione riformistica vera e profonda, guidata dalla sinistra che collabora con il centro, potrà emarginare questa componente di destra, riassorbendone l’ala moderata e consegnando a una vociante opposizione l’ala più intransigente. Le elezioni si vincono al momento del voto, ma il dopo voto è il passaggio decisivo. I grandi leader hanno avuto lunga durata perché hanno saputo governare e creare coalizioni che hanno messo in disparte le ali più estreme. Forse Monti e Bersani se ne stanno accorgendo. 

* Originariamente pubblicato come post su Mambo, il blog di Peppino Caldarola su Linkiesta

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