Dichiarare e smentire, lanciare il sasso e poi ritrarsi, aperture al “laboratorio Sicilia” e chiusure in stile “Vaffa day”. La tecnica di Beppe Grillo è vecchia quanto il mondo ma possiede una certa efficacia. Il comico con il pieno di consensi e la totale ingovernabilità uscita dalle urne, gioca sornione come il gatto con il topo; fa impazzire i vecchi partiti suonati, specie il centrosinistra di Pier Luigi Bersani, sull’orlo di una crisi di nervi dopo la vittoria mutilata di lunedì pomeriggio. Parlando attraverso dispacci via Twitter e Facebook o i media stranieri, altra cosa che manda in bestia il teatrino della politica nostrana: il guru a 5 stelle Gianroberto Casaleggio con l’inglese “Guardian”, Grillo con il settimanale tedesco Focus.
Però la strategia sembra chiara. Nell’articolo sopra Tommaso Nannicini racconta efficacemente quale sia il test “indovina Grillo”: per capire come vorrà far valere il suo immenso pacchetto di voti bisogna guardare alla legge elettorale e alla politica economica, le chiavi decisive. Politicamente, invece, l’obiettivo del Masaniello genovese è quello di spingere all’ammucchiata Pd-Pdl in un nuovo governo del Presidente, restando fuori dalla mischia per allargare lo steccato “vecchia casta contro società civile” e crescere ancora al prossimo giro elettorale; oppure cuocere a fuoco lento il Pd in un governo di minoranza, a cui centellinare l’appoggio provvedimento su provvedimento. Una sorta di goccia cinese destinata a logorare definitivamente il vecchio circo della politica italiana. Che non fa nulla per uscire dall’angolo.
Lo si vede in queste ore febbrili e scomposte: interviste sui giornali come niente fosse successo, Veltroni dopo D’Alema, i soliti messaggi criptici, la solita lingua di legno per iniziati, i soliti tatticismi sfrenati dentro ad un partito tramortito dalla choc elettorale che si sta spappolando tra chi per salvarsi è disposto al nuovo patto col diavolo Berlusconi, chi vorrebbe aprire a Grillo e chi tira per la giacca Matteo Renzi, al solo scopo di sopravvivere. Mentre il segretario Bersani sembra avere i giorni contati, in dissidio sempre più forte con le prerogative del Capo dello Stato.
Anche a destra vince la schizofrenia: Berlusconi, tornato il sella al partito, un giorno apre al governissimo per responsabilità nazionale e un giorno chiude minacciando di puntare alle urne bis. Il tutto nel silenzio sordo di Mario Monti, rintanato nel bunker di Palazzo Chigi dopo la magra elettorale. Passato in pochi giorni da salvatore della patria a potenziale ago della bilancia ad attore ininfluente.
Tutto insieme, questo presepe da Prima Repubblica, fa esattamente il gioco di Grillo: macerare, rosolare e gettare fumo negli occhi prima dell’ultima spallata al sistema della “casta”.
Il risultato è che Napolitano, in pieno semestre bianco, deve rientrare di gran fretta dalla Germania, dove ha difeso l’immagine del paese infangato dal luogocomunismo spocchioso dei tedeschi, per risolvere l’ennesima patata bollente. Come un padre a dispetto di figli immaturi e litigiosi, ha dovuto alzare la voce chiedendo di fermare il teatrino. In questi giorni «sono state affacciate le ipotesi più disparate circa le soluzioni da perseguire», si legge nella dura nota ufficiale di stamattina. «Raccomando misura, realismo, senso di responsabilità anche in queste fasi dedicate alle riflessioni sulle prospettive post elettorali…» Da lunedì si capirà meglio, ma basterà l’ennesima moral suasion del Colle, mentre il paese torna a galleggiare nell’ignoto?