MADRID – Mala tempora currunt per la Casa Reale dei Borbone, un tempo granitico e intoccabile simbolo dell’unità della giovane Spagna traghettata verso la Transición e, nella storia recente, minacciata da forze separatistiche. Tutti gli spagnoli adulti ricordano quel tardo pomeriggio del 23 febbraio 1981, quando la loro giovane democracia rischiò di soccombere al golpe.
La Spagna visse uno dei momenti più bui della sua storia, con la paura e l’incertezza che soffocavano il Paese. Poi a sera, Re Juan Carlos I, nella sua uniforme di capo supremo delle forze armate, apparve in Tv esortando tutti a rimanere fedeli alla democrazia e alla giovane Costituzione del 1978. Il colpo di stato del colonnello Antonio Tejero, che puntò un revolver sui deputati del Congreso, fallì e il Re, che fino a quel momento, era considerato come l’artefice di Francisco Franco, il dittatore che lo aveva scelto suo successore in barba ai diritti dinastici del padre, don Juan di Borbone, gettò solidissime basi della sua popolarità, diventando difensore supremo della democrazia.
A distanza di trentadue anni, i Borbone di Spagna, tra gli acciacchi delle ernie bizzose e i non ancora sopiti appetiti sessuali del Re, vivono uno dei momenti più infelici e impopolari della loro secolare storia, davanti a un drastico calo di popolarità a seguito del caso Noos che, sembra, coinvolgere direttamente il palazzo della Zarzuela.
Iñaki Urdangarin, ex campione di pallamano, il marito plebeo dell’Infanta Cristina (divenuto Duca di Palma) e genero di Juan Carlos, è da mesi al centro dell’indagine del giudice José Castro che lo accusa di una presunta malversazione di soldi pubblici tramite la Noos, una fondazione non a scopi di lucro che, però, pare aver sottratto 6 milioni di euro di donazioni.
Diego Torres, ex socio di Urdangarin, ieri ha consegnato un nuovo faldone di email in cui si evincono, non solo le responsabilità del regale genero, ma anche il coinvolgimento diretto dell’Infanta Cristina. Torres ha dichiarato ai giudici che l’Infanta «con il suo segretario García Revenga, membro del Cda, prendeva parte a ogni decisione dell’Istituto Noos». Quindi, l’Infanta non poteva non sapere da dove venisse tutta quella ricchezza in famiglia. Il giudice Castro, inoltre, sta indagando su alcuni conti segreti aperti in vari paradisi fiscali e intestati a dei prestanomi e sui quali Urdangarin è indagato per aver movimentato i 6 milioni che mancano all’appello.
Alla fine di febbraio, dopo l’ennesimo interrogatorio di Urdangarin, che ha negato ogni coinvolgimento della moglie nei suoi affari, i giudici della sezione Anticorruzione del Tribunale di Madrid hanno dichiarato non imputabile l’Infanta. Tuttavia le ultime email consegnate al giudice Castro, potrebbero rivedere questa decisione: nel marzo del 2004, in occasione dell’organizzazione del Valencia Summit, lo stesso Re nel palazzo della Zarzuela (sede della Monarchia spagnola) presenziò a un pranzo d’affari assieme a Urdangarin e all’Infanta; a quell’incontro era presente l’allora presidente della Comunitat valenciana Francisco Camps, poi imputato, condannato e assolto per le tangenti Gürtel (che hanno coinvolti esponenti del Partido Popular).
Tra le email che incastrerebbero l’Infanta, c’è quella del 20 febbraio 2003, in cui il Duca di Palma scrive alla regale moglie: «Ne approfitto per inviarti questo prospetto in cui ho stilato tre liste di clienti, collaboratori e amici (per favorire i nostri affari, ndr). Leggilo per favore e fammi sapere. Ciao». È la prova schiacciante che l’Infanta, a dispetto delle dichiarazioni fatte ai magistrati dal marito, fosse sempre informata di ogni processo decisionale della fondazione e il suo, non fosse solo, un titolo puramente di rappresentanza, ma con effettivi poteri esecutivi.
Ora, davanti a queste nuove rivelazioni, a giorni il giudice Castro deciderà se ascoltare l’Infanta, creando un precedente. E non finisce qui, perché Torres ha in serbo, come ha dichiarato a El Mundo, nuove email in cui coinvolgerebbe anche la Regina Sofia.
Alcune indiscrezioni, inoltre, rivelano come il palazzo della Zarzuela fosse perfettamente al corrente dei traffici poco onesti di Urdangarin, che si sentiva libero di aggirare le leggi dietro allo scudo protettivo della Corona di Spagna. Gira anche un’insistente voce di un animato colloquio tra lui e il Re, che davanti ai dubbi su un’operazione poco pulita, suscitò la reazione arrogante del genero che sbottò con: «Ma è così che fanno tutti», sottintendendo l’andazzo della connivenza tra affari privati e soldi pubblici.
Nelle scorse settimane, i comunisti di Izquierda Unida (Iu) e del Partito Socialista Catalano (Psc) hanno chiesto ufficialmente al Re di abdicare a favore del figlio Felipe. All’orizzonte per i Borbone si prospetta anche un’altra grana: si è scoperto, infatti, che un’ex amante di Juan Carlos, Corinna zu Sayn Wittgenstein, 46enne principessa tedesca, da anni è mantenuta dal Re in uno dei palazzi reali pagato dalle tasche degli spagnoli. Tuttavia, la cosa più grave, è che la Wittgenstein si muove liberamente nell’entourage del monarca, fuori del controllo dell’intelligence, viaggiando con le delegazioni ufficiali di ministri e imprenditori per favorire interessi di Stato.
La presenza della principessa tedesca è venuta fuori, all’indomani della fallita vendita ai reali sauditi di 200 blindati Leopard di fabbricazione spagnola e dal valore di 3 miliardi. L’intercessione di Corinna (amica del principe saudita Alwaleed Bin Talal) sarebbe stata sollecitata dal Re in persona e avallata dal ministro della Difesa Morenes che ora dovrà riferire al Parlamento di Madrid.