«Noi non siamo stati i primi, ma sono sicuro che non saremo nemmeno gli ultimi». Con queste parole Zapatero, nel 2005, onorava gli impegni elettorali e chiedeva alla Camera di aprire il matrimonio alle coppie gay. Otto anni dopo, in Europa, echeggia un discorso analogo. Christiane Taubira, ministro della Giustizia dell’esecutivo Hollande (nata a Caienna, nella Guyana francese), è diventata un simbolo dopo aver spiegato a un deputato perché il matrimonio non è un monopolio delle coppie eteroaffettive. Entro il 13 aprile la Francia garantirà ai propri cittadini l’uguaglianza incentivata da Zapatero. «Signor deputato, ha chiesto Taubira, non vorrete farci credere che vivete in un igloo e che non avete alcuna conoscenza della diversità delle famiglie in questo Paese?»
L’informazione citata dalla rappresentante delle istituzioni è uno degli ingredienti dell’industria culturale francese, pronta a una società inglobante prima della politica. Il Paese, da tempo, si sta preparando alla nuova legge. Un lavoro particolare è stato fatto sulle parole. Il dizionario Larousse in vendita dal prossimo giugno prevede che il matrimonio sia «un atto solenne per mezzo del quale due persone di sesso diverso, o anche dello stesso sesso, stabiliscono un’unione tra loro». La casa editrice, malgrado il presunto boicottaggio minacciato da un gruppo di politici, ha deciso di conformarsi al contesto internazionale.
Dal 2013, infatti, i corrispettivi spagnolo e inglese della Lorousse prevedono il matrimonio per tutti. Le coppie omoaffettive, da anni, possono sposarsi in entrambi i paesi eppure il cambio non era stato previsto. La Francia è arrivata, paradossalmente, prima. Off e online. All’inizio dell’anno Najat Vallaud-Belkacem, ministro dei Diritti, ha incontrato i responsabili locali di Twitter. A loro ha chiesto di vigilare sulle parole e sugli hashtag, pubblicati dagli utenti che in più occasioni erano stati capaci di odiare, con meno di 140 caratteri, gay e lesbiche. «Le dichiarazioni omofobe su Twitter, ha dichiarato Vallaud-Belkacem, sono in contraddizione con i valori della nostra Repubblica. Bisogna, pertanto, trovare delle soluzioni per evitare che i tweet violino i principi che abbiamo stabilito».
Il significato, in Francia, sposa il simbolo. Il matrimonio per tutti, oltre le Alpi, è una collimazione culturale che prevede anche l’incontro tra l’intellettuale e l’indossatrice. Chanel ha previsto una famiglia per il finale della recente sfilata fatta a Parigi. Lei, lei e il bambino di entrambe. Secondo Karl Lagerfeld, direttore creativo della maison, il confronto politico sull’apertura del matrimonio non è contemporaneo. «Non capisco», sottolinea lo stilista, «questa discussione; dal 1904 la Chiesa e lo Stato sono separati». La scissione indicata da Lagerfeld non contraddistingue il suo settore. Mentre lui portava in passerella delle persone che aspettano un riconoscimento dalla politica, Elle pubblicava un numero speciale: “Mariage pour toutes” (matrimonio per tutte). «La nostra impresa», sottolinea Valerie Toranina (direttore del magazine), «si basa sulla libertà individuale che dovrebbe esser riconosciuta sempre dalla legge».
A Sacha manca solo l’ok di Hollande. La famiglia del primo cittadino nato in Francia nel 2013 non esiste. Sacha, racconta France3 (canale del servizio pubblico locale), ha due mamme. Per lo Stato, al momento, è solo il primogenito di una ragazza single. La madre non è la prima donna omoaffettiva che decide di avere un figlio malgrado le attuali falle legislative. La donna, però, sarà una delle ultime a sperare in uno spazio per tutti. Lo Stato, in Francia, ha deciso di sincronizzarsi con la società.