Orwell e le tasse sulla birra: “Serve un fisco giusto”

Nacque in India il 25 giugno del 1903

Una tassazione equa e bilanciata è vista da buona parte dell’opinione pubblica come sacrosanta. Una maggioranza che in caso di uno sforzo pesante come nel caso di una guerra diventa la totalità. E quando questo non accade, beh, l’indignazione sale. Anche per George Orwell.

Le pesanti imposte sui consumi approvate dal governo di Winston Churchill nel budget del 1942 classificano come beni “non essenziali” molti generi di conforto usati dal ceto popolare: la tassa sulla birra viene aumentata di due pence la bottiglia (tanto per chiarire, nella vecchia moneta inglese, prima della specializzazione decisa nel 1971, ogni sterlina valeva venti scellini e ogni scellino a sua volta valeva 12 pence), il costo di una bottiglia di whisky passa da 4 scellini e 8 pence a 1 sterlina, 2 scellini e 6 pence, mentre le sigarette passano da 6 pence e mezzo a 9 al pacchetto. Discorso a parte per beni considerati di lusso come cioccolata e frutta esotica: la tassa sull’acquisto semplicemente raddoppia. Decisamente troppo. Anche per Orwell.

Pur avendo sostenuto il governo di unità nazionale nella sua campagna contro gli sprechi con due discorsi radiofonici alla BBC, il primo l’8 gennaio contro il consumo di carta da manifesti e il secondo il 20 gennaio sulla stretta correlazione tra le risorse sprecate sul fronte interno e gli eventi bellici, decide di esprimere il suo disappunto. Stavolta scrivendo un articolo su The Observer del 19 aprile dal titolo L’umore del momento. Non c’è bisogno di aggiungere altro:

«Non c’è molto di cui borbottare per quel che riguarda il budget. Una birra chiara a dieci pence la pinta e un pacchetto di sigarette da dieci per uno scellino sembrava inimmaginabile fino a qualche anno fa. Ma ora non è il caso di ritornarci su. Il motivo per cui Sir Kingsley Wood viene criticato non è tanto per quello che ha fatto, ma piuttosto per quello che non ha fatto. Insomma, il fatto è che questo non è un budget che “spenna i ricchi”. Certo, in fatto di tassazione diretta benefica i bassi redditi, ma non impone nessun nuovo aggravio su quelli alti. E non provate a spiegare all’uomo comune che, sulla carta, non esistono più redditi elevati. Esistono eccome, e la cosa è sotto gli occhi di tutti.

Non è ancora vero, e chiunque guadagni meno di 500 sterline all’anno lo sa bene, che “ci siamo dentro tutti insieme”, così come ci sembra di essere durante i bombardamenti aerei. Questo è anche perché la discussione del budget va avanti inutilmente tra osservazioni sul razionamento della benzina e su quale sia il limite di prezzo per i pasti di lusso da vietare. Il popolo britannico non è invidioso di come se la passano gli altri. Ma adesso vorremmo sentirci, con il nemico che ci assedia da più parti, che ci siamo dentro tutti e che condividiamo le piccole avversità così come le grandi.

Sin dal 1940 l’opinione pubblica è sempre stata un po’ più avanti del governo. Ha chiesto, a volte rimanendo nei limiti del possibile e a volte no, un’invasione dell’Europa, più sostegno alla Russia e più durezza verso gli stati neutrali ostili (espressione che fa riferimento alla Francia di Vichy, NdA).
Questa settimana l’annuncio del budget ha spostato l’attenzione sulla politica interna. La frase “spolpateci fino all’osso, ma spolpateci tutti” rappresenta meglio di altre quello che pensa la gente. Il popolo vuole equità nei sacrifici in Patria così come vuole azioni efficaci al fronte. E questa sensazione giusta ci dice quanto le due cose siano interconnesse». 

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