Svizzera, retromarcia sull’accordo fiscale con gli Usa

Primi effetti dopo il G8

Dopo gli annunci, la realtà. I primi a Lough Erne dove i premier del G8 si sono stretti la mano con l’intento di abbattere una volta per tutte le piazze finanziare offshore. La seconda a Berna dove la Camera Bassa ha salvato il segreto bancario e definitivamente affossato la legge avanzata d’urgenza dal governo che avrebbe consentito alle banche elvetiche di fornire informazioni al Fisco americane sui correntisti a stelle e strisce.

La Lex Usa, promossa dal ministro alle Finanze Eveline Widmer-Schlumpf e sostenuta anche da alcuni istituti (per esempio Ubs), avrebbe consentito con un esborso vicino al miliardo di Franchi Svizzeri di risolvere tramite scambio di informazioni i contenziosi in atto. Da tre anni tredici banche, comprese Credit Suisse e Julius Baer, sono indagate dall’Irs (Internal Revenue Service) per aver aiutato cittadini americani ad evadere le tasse e stanno portando avanti una trattativa con l’obiettivo di pagare (solo per Credit Suisse si parla di 295 milioni di CHF) e patteggiare. Il no della Camera Bassa apre invece uno scenario completamente diverso. Di guerra fredda. Innanzitutto è passata la linea del partito conservatore. Chiudere un accordo con gli Usa significherebbe spalancare le porte agli oltre 2.200 miliardi di asset allocati nei forzieri elvetici (cifre fornite il 31.12 2012 dal Boston Consulting Group, ndr). Col rischio di vederli fuggire. Dal momento che diverrebbe poi complicato negare lo stesso accordo all’Unione Europea.

Scenario attuale

Al contrario, la mancata sottoscrizione della Lex Usa e del conseguente supporto legislativo al contenzioso, lascia i singoli istituti alla mercè delle autorità americane, le quali recentemente hanno paventato l’ipotesi di comminare multe alle banche elvetiche per una somma superiore ai 10 miliardi di CHF. Queste ultime, inoltre, non saranno autorizzate a fornire informazioni all’Irs, pena la violazione delle leggi svizzere, ma al tempo stesso non potranno evitare che i propri intermediari finanziari, sia di nazionalità americana sia svizzera, finiscano tra artigli degli inquirenti Usa, che potranno perseguirli o arrestarli con l’accusa di favoreggiamento all’evasione o addirittura riciclaggio. Esattamente ciò che avvenne nel 2009 quando un ex direttore di Ubs fu avvicinato da una dipendente dell’Fbi con una valigia piena di contante. Non appena diede il consenso all’apertura di un conto cifrato fu arrestato. Per evitare il carcere parlò e aprì una falla nel sistema. Che costò a Ubs 780 milioni di dollari e la consegna a Obama di una lista di 4500 clienti americani. Tutti potenziali evasori.

Vuoto legislativo

A questo punto si apre per le circa 300 banche svizzere che operano con gli Usa un periodo di incertezza legislativa: proprio ciò che non serve a una piazza finanziaria. Ma la bocciatura da parte del Parlamento è anche uno spartiacque importante per l’avanzata aggressiva degli Usa, che mirano a rimanere di fatto l’unica piazza offshore. Gli accordi annunciati l’altro giorno durante il G8 in Irlanda del Nord non sono altro che un’estensione sotto altro nome e con minore mordente del Foreign Account Tax Compliance Act, la legge americana extraterritoriale per la corresponsione automatica delle imposte anche su redditi esteri. Definire, dopo il G8 di Lough Erne, nuove liste nere permetterà anche a Francia e Germania e pure Italia di accodarsi al carro americano, di fatto delegando agli Usa una sorte di ius primae noctis sull’evasione globale dei cosiddetti high networth people. E per capire quanto sia dura la guerra che gli Usa stanno portando avanti, vorremmo ripercorrere la vicenda della lista Falciani.

Retroscena

Hervè Falciani dipendente infedele della filiale di Ginevra di Hsbc nel 2009 gira ai servizi francesi 127 mila conti cifrati per 80 mila titolari, di cui 7mila italiani. Nel 2010 la lista viene diffusa da Christine Lagarde, l’allora ministro alle Finanze ad altri Paesi Ue e Falciani detenuto a Nizza inizia la sua collaborazione con la magistratura francese. I primi a beneficiarne sono gli americani che con quelle informazioni trafugate accusano Hsbc di traffici illeciti e chiedono 2 miliardi di multa. Cominciano ad emergere i primi nominativi fisici e le agenzie delle entrate dei vari Paesi partono all’attacco. E’ chiaro ci vuole tempo in queste cose. Ma alcuni analisti finanziari fanno notare che nel 2012 inspiegabilmente Falciani lascia la Francia e va incontro alla polizia spagnola che lo arresta a Barcellona.

Qui lavora a fianco dei servizi e del Fisco per ottenere protezione. E quando la Svizzera ne chiede l’estradizione, la Corte Nazionale spagnola (lo scorso maggio) respinge la richiesta sostenendo che Falciani non può essere accusato di aver rivelato segreti industriali in quanto le informazioni che ha reso pubbliche sono state consegnate alle «autorità» competenti ed erano «relative ad atti illegali».

Nel frattempo l’Irs invita Falciani a trasferirsi negli Usa per avviare una stretta collaborazione e per ricevere la protezione dell’intelligence a stelle e strisce. Il problema che gran parte del materiale rubato da Falciani è stato a suo tempo sequestrato dai francesi che dopo averne distribuito una parte si tengono stretto il nocciolo. Perché i francesi avrebbero desistito dal mettere in ginocchio il sistema svizzero aperto dalla falla Hsbc? La risposta è macroeconomica. Alcuni ben informati sostengono che in questo momento il più stretto alleato americano degli Usa sia la Spagna. Non a caso Madrid nega l’estradizione del tecnico di origine monegasca e non a caso Mariano Rajoy manda chiari messaggi alla Fed perché in caso di necessità si metta ad acquistare Bonos.

Esattamente ciò che sta avvenendo tra Francia e Svizzera. La banca centrale di Berna sta comprando a testa bassa OAT per stabilizzare il cambio euro-franco, per sostenere i titoli di Stato parigini a seguito di un accordo politico mirato a risolvere pacificamente i contenziosi tra le banche svizzere e il Fisco francese. Insomma, come al solito più delle leggi vale il gettito. Ma più del gettito vale la stabilità finanziaria dei debiti pubblici. Vedremo se la BCS riuscirà a tener duro.  

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