MADRID – Un convoglio che doveva viaggiare a 80 km/h ma correva a 190. Anche un treno, con tutta la sua tragicità e il peso dei morti, ha investito la già traballante popolarità del premier conservatore Mariano Rajoy, il delfino «ragioniere» di Aznar, il leader troppo grigio e troppo silenzioso del Partido Popular che, alla seconda prova, nel 2011 riuscì a mandare in pensione i socialisti di Zapatero.
Ma anche l’uomo che, in meno di due anni, è riuscito ad azzerare il vantaggio sul Psoe (aiutato anche dagli effetti della crisi economica) e a gettare lunghe ombre sul futuro dei Popolari e sulla sua onestà, ingarbugliandosi con i fondi neri (caso Barcenas) e collezionando accuse dal suo ex tesoriere di partito che da un mese si porta dentro, in silenzio, senza comparire al Congreso per ripulirsi dal sospetto.
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Ma oltre che una tragedia di vite spazzate via, che peserà sulla coscienza di Garzón Amo, che amava correre su treni da migliaia di tonnellate, come fossero i trenini di latta dell’infanzia, anche una gaffe che inchioda il presidente del Governo a una superficialità molto pericolosa e contagiosa di questi tempi. Un passo falso consumato a tarda notte, in un ufficio della Moncloa, con il telefono che squilla e un portavoce di Rajoy che si affretta a copiare e incollare un comunicato standard, in politichese, per testimoniare la vicinanza del Governo al dolore delle famiglie delle 80 vittime, maciullate e bruciate nello schianto. Ma, e c’è un terribile tragicomico “ma”, il comunicato inviato agli organi di stampa di Spagna e di tutto il mondo terracqueo ha una chiusura incollata da un vecchio documento, dimenticato nella memoria del pc, è scritto per onorare le vittime della cittadina cinese di Gansu, colpita, lunedì scorso, da un violento sisma. «Desidero rivolgervi le mie più sentite condoglianze per la perdita di vite umane e per i danni materiali che ha portato il terremoto che ha colpito questa sera la città di Gansu», firma Rajoy, lo sbadato. Maledetto “CTR+V”, maledetta gaffe e il silenzioso Rajoy sprofonda ancor più. Ridono, invece, a denti stretti e svogliati, gli spagnoli, già provati dalla tragedia e, soprattutto, da tre anni di crisi economica, disoccupazione e tagli ai servizi sanitari e scolastici.
Giovedì mattina, il premier spagnolo, ha raggiunto la curva maledetta, camminando tra i binari ancora sporchi di sangue, mentre i pompieri ispezionavano i vagoni accartocciati per cercare i passeggeri che mancavano all’appello. Senza fare nessun accenno alla terribile gaffe del copia-e-incolla, ha parlato ai microfoni, ringraziando i vigili del fuoco, gli operatori medici e tutti volontari che hanno donato il sangue per i feriti. Poche parole, volto pallido, tanti pensieri per la testa e forse la certezza che quel treno non è mai arrivato al capolinea, ma lui, forse sì.
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