Rowlingleaks: rivelare lo pseudonimo fa vendere di più

L'autrice di Harry Potter e i falsi nomi

«Dire che sono amareggiata è un eufemismo». Ce l’ha con i suoi avvocati Joanna Rowling, colpevoli di essersi fatti sfuggire che Robert Galbraith, autore de Il richiamo del cuculo, e J. K. Rowling, la firma della saga di Harry Potter e del romanzo Il seggio vacante, sono la stessa persona.

Lo studio legale si è scusato affermando che «la fuga di notizie non faceva parte di alcun piano di marketing». La talpa del Rowlingleaks si chiama Chris Gossage, partner dello studio. Gossage ha confidato il segreto alla moglie del suo migliore amico, Judith Callegari, che a sua volta ha twittato la notizia al Sunday Times. È bastato questo per sguinzagliare i cronisti, che il 14 luglio hanno fatto esplodere il caso. E le vendite.

Il richiamo del cuculo è stato ristampato in tutta fretta in 140mila copie. Non male per un romanzo che, nonostante recensioni positive, prima della rivelazione ne aveva vendute solo 1.500.

Rowling forse rimpiangerà di non poter ricorrere all’Incanto Fidelius, l’incantesimo che nel mondo magico di Harry Potter permette di nascondere un segreto dentro una sola persona di fiducia, impedendo agli altri di venirne a conoscenza. Ma se si guarda al dato delle vendite la rivelazione del suo pseudonimo si è dimostrata un ottimo affare. La stessa cosa è successa ad altri tre celebri scrittori. Ecco chi sono.

Mary Westmacott, alias Agata Christie

Altro che Poirot e Miss Marple. Agatha Christie era abile anche con le storie d’introspezione. Nel 1930 pubblicò il primo di sei romanzi psicologici, Il pane del gigante, con lo pseudonimo di Mary Westmacott. “Mary” era il secondo nome di Agatha, “Westmacott” una famiglia con cui era lontanamente imparentata.

Al primo libro seguirono Ritratto incompiuto nel 1934, Il deserto del cuore nel 1944 e La rosa e il tasso nel 1947. Poi fu scoperta. Capì tutto un cronista del Sunday Times, lo stesso giornale che 64 anni dopo ha scoperto l’identità segreta di J. K. Rowling. Nonostante la rivelazione Agatha Christie scrisse ancora come Mary Westmacott altri due romanzi, Una figlia per sempre (1952) e Il fardello (1956).

Gli Westmacott novels, talvolta bollati come “romanzi d’amore”, sono stati nel complesso apprezzati dalla critica, ma il loro successo è stato inevitabilmente al traino delle grandi crime story. Eppure l’autrice fu sempre convinta che fossero tra le sue opere migliori. Invitata a un ricevimento in suo onore, scherzò con gli organizzatori: «Vi ringrazio di darmi la possibilità di conoscere Agatha Christie. Se non è un problema, porterò con me la mia vecchia amica Mary Westmacott».
 

Richard Bachman, alias Stephen King

All’inizio della sua carriera il Re del Brivido ha scritto cinque romanzi con lo pseudonimo di Richard Bachman: Ossessione (1977), La lunga marcia (1979), Uscita per l’inferno (1981), L’uomo in fuga (1982) e L’occhio del male (1984). Nel 2007, a gioco scoperto, pubblicò anche Blaze.

Fu Steve Brown a mangiare la foglia. Il commesso di una libreria di Washington scoprì il nome di Stephen King su un contratto che gli riconosceva i diritti d’autore per i libri firmati Bachman. Il Daily News di Bangor, la città di King, rese pubblica la notizia, che l’autore stesso confermò nel febbraio del 1985.

Bachman si presentava con una finta foto e una finta moglie, Claudia Inez Bachman. La sua religione era «idolatria del pollo ruspante», come scrisse nel questionario della New English Library di Londra.

L’ “effetto King” si fece sentire negli anni. Il romanzo L’occhio del male, ad esempio, vendette 28mila copie con in copertina il nome di Bachman e 280mila copie dopo la rivelazione. Il dato è citato nella divertentissima confessione «Perché ero Bachman», posta come prefazione delle edizioni paperback dei cinque romanzi. «Mi si chiede perché l’ho fatto e pare che non riesca a trovare risposte molto soddisfacenti – esordisce l’autore –. Meno male che non ho assassinato nessuno, vero?».

La vicenda Bachman è stata poi lo spunto per un romanzo successivo di King, La metà oscura (1989), in cui uno scrittore si trova ad affrontare nella realtà l’uomo che era stato il suo pseudonimo. Il romanzo si apre con una nota dell’autore: «Devo molto allo scomparso Richard Bachman per l’aiuto che mi ha dato. Senza di lui questo romanzo non sarebbe stato scritto».

Didimo Chierico, alias Ugo Foscolo

Foscolo è lo scrittore italiano che più ha amato costruirsi alter ego, personificazioni, controfigure e maschere letterarie, da Jacopo Ortis a Lorenzo Alderani. Non poteva mancargli uno pseudonimo.

Il caso di Didimo Chierico è esemplare della cura che Foscolo dedicava alla costruzione delle sue identità. Tra il 1805 e il 1813 il poeta lavorò alla traduzione del Viaggio sentimentale attraverso la Francia e l’Italia di Laurence Sterne, una sorta di guida a un viaggio fatto sull’onda di emozioni e percezioni. Nella prima stampa – uscita Pisa nel 1813 – Foscolo attribuì la traduzione e le annotazioni al testo a tale Didimo Chierico, fornendo in appendice una fantasiosa Notizia intorno all’autore.

A nome del Chierico Foscolo pubblicò un’altra opera della maturità, il Libro unico dell’Ipercalisse, dura presa di posizione contro gli intellettuali milanesi.

La scelta del nome è ricca di risonanze. “Didimo” si chiamava un grammatico alessandrino del I secolo avanti Cristo famoso per la sua vena critica. Ma l’aspetto più suggestivo è il significato letterale, che in greco è «doppio, gemello». Quanto a “Chierico”, il riferimento è alla veste dell’intellettuale.

Non c’è dubbio che Foscolo abbia ideato un inganno ben congegnato. Ma la sua forte personalità non gli avrebbe mai permesso di rinunciare a meriti letterari che credeva di possedere. Per questo il personaggio di Didimo Chierico non resse a lungo, e oggi le due opere uscite a suo nome fanno parte a pieno titolo delle prose foscoliane. Pseudonimo sì, ma l’autore son io, avrebbe detto il poeta di Zante.

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