ROMA – «Dopo aver parlato con i vicepresidenti dell’assemblea, propongo di fissare la data del congresso per l’8 dicembre». Le parole del segretario democratico Guglielmo Epifani, nel lungo intervento che dura circa 50 minuti, scatenano il caos all’interno dell’Assemblea nazionale Pd, riunita il 20 e 21 settembre per stabilire il percorso congressuale. Una data che, come riferisce il portavoce del segretario Epifani, statuto alla mano teoricamente non prevede che venga votata perché «il segretario ha concordato il giorno con i due vice Presidenti che sono i depositari del partito». Oltretutto, «uno dei due vice si chiama Ivan Scalfarotto, che è di fede renziana», dicono a Linkiesta.
Il primo giorno di assemblea stabilisce la data del congresso dei democratici. E ciò trova conferma quando Marina Sereni, a conclusioni dei lavori, spiega: «Il congresso del Partito Democratico si celebrerà l’8 dicembre. È in quella data che saranno fatte le primarie» e «durante la giornata del 21 settembre, l’assemblea del partito voterà le regole del percorso che porterà a quella data»
Una data che, come dicevano, crea caos all’interno dell’Auditorium della Conciliazione, luogo scelto per l’assemblea nazionale del Pd. I renziani storcono il naso: «È inammissibile che si voti il giorno dell’Immacolata. È una data pessima, ma pur di fare il congresso entro l’anno siamo disposti a tutto», sbotta un fedelissimo del primo cittadino di Firenze. Matteo Renzi, presente in sala, e osservato speciale da tutti i cronisti, preferisce non parlare: «Oggi non parlo di data e regole. Domani, promesso, interverrò». Mentre i bersaniani mostrano sicurezza perché «in questo modo limiteremo la mobilitazione alle primarie».
Tuttavia la questione regole resta ancora aperta: la commissione congressuale è riunita ad oltranza. Al punto che l’intervento di Roberto Gualtieri, di colui che avrebbe dovuto trovare la sintesi all’interno della commissione per le regole, è slittato a domani perché «la commissione starebbe ancora stilando il documento per le regole». Sono due ancora i nodi da sciogliere. In primis quello sui congressi regionali: si terranno prima o dopo il congresso nazionale? I renziani spingono affinché le assise regionali si svolgano insieme alle primarie per la segreteria nazionale. Mentre dalemiani, bersaniani e fioriniani sono convinti che i congressi regionali si debbano svolgere prima del congresso nazionale, o tutt’al più dopo l’elezione del segretario nazionale.
L’altro nodo è quello sulla separazione del ruolo di segretario da quello di premier del centrosinistra. L’ipotesi che va per la maggiore sarebbe quella di rendere statutaria la norma transitoria già utilizzata in occasione delle primarie dello scorso novembre, le stesse primarie che consentirono a Matteo Renzi di candidarsi alla leadership del centrosinistra. Del resto, come ha ribadito Epifani nell’intervento, «noi abbiamo bisogno di un segretario che si occupi del partito». Il sospetto del fronte anti-renziano è che il primo cittadino di Firenze si serva del congresso per raggiungere Palazzo Chigi.
Insomma la notte è ancora lunga. Secondo alcune indiscrezioni giunte a Linkiesta, «la commissione congressuale inizierà l’ennesima riunione intorno alle 21 nelle sede nazionale di via Sant’Andrea delle Fratte». E se la notte porterà consiglio il 21 settembre si conoscerà il percorso congressuale di Largo del Nazareno. A meno di un colpo di scena. Del resto, mormora un bindiano a conclusione della prima giornata, «le modifiche statutarie dovranno essere approvate da una maggioranza semplice, ma qualcuno potrebbe alzarsi e chiedere il quorum». Ed il quorum richiede i due terzi dell’assemblea. E oggi in parecchi avrebbero disertato l’assemblea. Insomma, l’imprevisto è dietro l’angolo. E con i democratici non si sa mai come andrà a finire.
Twitter: @GiuseppeFalci