Il clima non era certo dei migliori, ma per fortuna che c’erano altri problemi, ben maggiori, a tenere banco. L’arrivo del ministro italiano delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, al meeting annuale di World Bank e Fondo monetario internazionale (Fmi) non è stato facile. Il ricordo del voto di fiducia a cui si è prestato Enrico Letta poche settimane fa era ancora vivo. E se non ci fosse l’impasse statunitense dello shutdown, unita ai timori per il raggiungimento del tetto del debito, probabilmente l’Italia sarebbe stata uno degli osservati speciali del meeting. Roma è ancora nella cerchia dei viziosi, ma si è invece voluto dar un po’ di tempo in più a Saccomanni e Letta. E, parlando con Linkiesta, uno dei funzionari del Tesoro, conferma il mood: «La tensione intorno all’Italia era evidente, ma dovremmo essere riusciti a rassicurarli». È il condizionale che conta.
L’unica cosa certa è la tempistica. Il 15 ottobre il governo Letta presenterà la Legge di stabilità al Parlamento, che poi dovrà discuterla. La speranza, spiegano fonti governative, è che senatori e deputati si ricordino cosa è successo pochi giorni fa, con l’Italia di nuovo sull’orlo della crisi di nervi in seguito alle dimissioni dei ministri del Pdl. «È stato abbastanza difficile spiegare che cosa sia successo in quei pochi giorni. Noi parlavamo e loro (i funzionari del Fmi, ndr) ci guardavano straniti, come se non riuscissero a comprendere a pieno», spiega a Linkiesta uno degli sherpa di Saccomanni. Ora il clima è quello di fiducia a tempo. Prima si rimettono a posto le cose, specie da un punto di vista di finanza pubblica, prima l’Italia uscirà dalla cerchia dei sorvegliati speciali.
La preoccupazione del Fmi è evidente, ma cauta. L’istituzione di Washington sa che l’Italia sta ballando un tango con Non-performing loans (Npl, o crediti dubbi) che hanno raggiunto quota 260 miliardi di euro, una recessione che si sta tramutando in stagnazione, un carico fiscale incapace di agevolare imprese e famiglie, una lentezza amministrativa disarmante e una stabilità politica che resta ballerina. Come dice a Linkiesta un funzionario del Fmi «la crisi italiana, come quella della zona euro, non è ancora finita. Basta molto poco per vanificare i pochi (parola che scandisce in maniera netta, ndr) sforzi fatti finora». Ecco quindi perché l’imperativo è quello di presentare una Legge di stabilità «quasi inattaccabile, pronta per essere siglata da ambo i rami del Parlamento». In altre parole, «è la prova del nove per l’Italia», dice il funzionario. È finito il tempo delle figuracce, quindi? Secondo il governo sì. Anche perché gli impegni internazionali, a cominciare dal Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre, prenderanno sempre più posto nell’agenda di Letta.
Cosa conterrà la manovra 2014 non è ancora chiaro. Pare archiviata la possibilità di una riduzione dell’aliquota Iva, che dovrebbe restare al 22%, mentre è ancora tutta da discutere la questione dell’Imu, che tanto ha fatto infuriare il commissario Ue agli Affari economici e monetari Olli Rehn. Gli sherpa di Saccomanni, e pure il ministro stesso, hanno rassicurato i tecnici del Fmi, ma la tensione resta elevata. Occorre ridurre il carico fiscale, questa è considerata la priorità insieme con una razionalizzazione della spesa pubblica, e porre le basi per l’agevolazione della ripresa economica, basata sull’export, che si sta palesando nell’eurozona. «E poi ci sarà la Service tax. Siamo molto interessati a comprendere come sarà adottata, dato che dalle informazioni di cui siamo in possesso sarà uno dei maggiori pilastri delle entrate a livello territoriale per il prossimo anno», dice a Linkiesta un funzionario del Fmi. Nel caso non fosse progressiva, e ben armonizzata, la Service tax potrebbe rivelarsi un boomerang per l’economia interna, fanno capire dal Fmi.
A tenere la barra dritta sui conti pubblici ci sarà Saccomanni, ma a fare il lavoro sporco sarà un’altra figura, quella di Carlo Cottarelli. L’ex direttore del dipartimento per gli Affari Fiscali del Fmi avrà il compito di supervisionare la spending review italiana. Più facile a dirsi che a farsi, come dimostrano le recenti esperienze sul tema. Eppure, Cottarelli fungerà anche da trait d’union fra Italia e Fmi. Come spiegano fonti del Tesoro, senza troppi giri di parole, il compito sarà simile a quello condotto dalla troika (Fmi, Commissione Ue, Banca centrale europea) nei Paesi sotto tutela di un programma di salvataggio, come Grecia, Irlanda, Portogallo, Cipro. È possibile quindi definire che l’arrivo di Cottarelli sia l’avvio di una “soft troika”? «Non la si può definire così perché non c’è un memorandum of understanding firmato dal’Italia con Fmi, Commissione Ue e Bce. Tuttavia, è chiaro che Cottarelli avrà un compito significativo anche in vista della discussione in Parlamento sulla Legge di stabilità», dice a Linkiesta una fonte governativa. Che si tratti di “soft troika” o no, quello che importa è che i margini per la negoziazione sulle spese pubbliche ballerine saranno sempre di meno. In teoria.
Anche a Bruxelles guardano con attenzione all’evoluzione della Legge di stabilità italiana. Sebbene non sia chiara l’entità della manovra 2014, che dovrebbe essere compresa fra 12 e 15 miliardi di euro secondo le ultime indiscrezioni provenienti da Palazzo Chigi, la Commissione europea vorrà analizzare nel dettaglio tutta la copertura finanziaria. Colpa del rapporto deficit/Pil pericolosamente vicino alla soglia fissata dal Fiscal compact, il 3 per cento. Un eventuale sforamento significherebbe il ritorno dell’Italia nella procedura d’infrazione per deficit eccessivo. Nessuno lo vuole, ma è uno spettro che si muove con rapidità sui cieli italiani.
«Noi siamo tranquilli, non ci saranno colpi di testa, né spese folli». Così commenta uno degli sherpa economici di Enrico Letta a Linkiesta. La parola chiave, ripetuta dai funzionari italiani tanto a Roma quanto a Washington e Bruxelles, è «stabilità». Il basso profilo tenuto dal governo finora porterà a dei risultati? Difficile dirlo. I due maggiori provvedimenti dell’attuale esecutivo, ovvero il decreto Del fare e il piano Destinazione Italia, sono stati accolti in modo tiepido sia dai policymaker europei sia dai grandi investitori internazionali. La Legge di stabilità potrebbe permettere all’Italia di riguadagnare un minimo di fiducia. Non è un compito facile. Nonostante il clima da “soft troika”.