L’esame di Draghi sulle banche fa tremare l’eurozona

Il consiglio europeo oltre il Datagate

BRUXELLES – La quiete dopo la tempesta. Dopo una mattinata – e un pomeriggio – a parlare delle intercettazioni della National Security Agency (NSA) statunitense, alla cena del Consiglio europeo si è finalmente parlato di quello che dovrà essere il test più importante per l’eurozona. Quello della fiducia definitiva, che dovrà segnare il ritorno – senza tentennamenti – degli investitori internazionali nella zona euro. Quale? L’Asset quality review (Aqr) della Banca centrale europea (Bce), ovvero la verifica de bilanci di 128 banche della zona euro. Ecco perché il presidente della Bce, Mario Draghi, si è recato a Bruxelles e ha discusso con i leader Ue degli sforzi che dovranno fare gli istituti bancari dell’eurozona. Un messaggio che però ha incontrato le rimostranze di Berlino e Parigi.

Ancora una volta, Mario Draghi ha ribadito che serve una maggiore fiducia nei confronti della zona euro e delle sue banche. «Senza una piena trasparenza sulla situazione patrimoniale degli istituti bancari europei, non è possibile pensare a un futuro per l’Unione bancaria», ha spiegato il presidente della Bce. Ancora una volta si è ribadito che non ci sono più situazioni di emergenza. Certo, la condizione dell’eurozona è ancora seria, ma i tempi bui del novembre 2011 sono un ricordo. Ma un motivo ci sarà se i leader europei si irritano più per le intercettazioni della NSA che per un tasso di disoccupazione del 12% nella zona euro, più le distorsioni in Grecia e Spagna, ma anche Italia, o per una persistente rottura del meccanismo di trasmissione della politica monetaria della Bce. «La ripresa sta arrivando, si vede, si percepisce che ci sono dei sussulti nella produzione industriale, nell’umore dei consumatori, in tanti fattori economici che prima segnalavano solo depressione», spiegano diversi funzionari della Commissione Ue. Tuttavia occorre fare di più, specie sul comparto bancario.

Dalla delegazione italiana traspare un ottimismo senza eguali in merito all’Asset quality review. I funzionari italiani ripetono come un mantra le parole di Fabrizio Saccomanni, ministro dell’Economia. Vale a dire che il sistema bancario italiano non corre pericoli, non ci sono problemi di stabilità, non ci sono situazioni dubbie. Ma come dice a Linkiesta un funzionario della Commissione Ue sotto anonimato, «tutto dipenderà da quanto in profondità andranno le verifiche». Attualmente i dettagli sono pochi. Si conosce la tempistica, dal novembre 2013 al novembre 2014, e si sa il capitale Tier 1 minimo che dovrà essere ottenuto, l’8 per cento. E si sa che Draghi non avrà pietà per nessuno. Anzi. Se una banca dovrà fallire gli stress test, li fallirà e dovrà cercare sul mercato capitali freschi al fine di migliore la propria situazione. E non ci potranno essere artifizi contabili al fine di migliore i bilanci. Allo stesso modo, non ci saranno più aiuti di Stato. Il bengodi degli ultimi anni è finito. Lo ha ricordato apertamente Draghi. «Se ci saranno problemi nel reperire la liquidità sul mercato, si valuterà caso per caso, ma di certo non ci saranno altri aiuti sulle spalle dei cittadini europei», ha spiegato il numero uno della Bce.

Proprio questa severità non è andata, per ora, a genio a Germania e Francia. Fonti diplomatiche tedesche si sono apertamente lamentate per via di questa nuova direzione della Bce, che in teoria potrebbe rivelare diverse lacune sulle banche tedesche e francesi, oltre che sulle italiane. Né Berlino né Parigi vogliono avere troppi occhi addosso. Il concetto è questo. Ed è anche per questo che Draghi ha deciso di essere presente in questo summit. «La sua è stata una presentazione molto realista – dice uno sherpa finlandese – perché ha dimostrato che esistono ancora diversi problemi, ma che con l’impegno di tutti è possibile uscire dalle sabbie mobili in cui sono le banche europee». Facile a dirsi, meno a farsi. Colpa dei soliti problemi di dialettica fra nazioni.

Ancora una volta, eurozona significa 17 nazioni con 17 economie diverse e 17 interessi nazionali diversi. Specie se si tratta di banche. La durezza della Bce sull’Asset quality review è proprio il frutto di ciò che non è stato fatto negli ultimi due anni. I doppi stress test della European banking authority (Eba) hanno prodotto più danni che benefici. «Non sono stati seri, sono stati troppo “teneri” con diversi sistemi bancari», dice un funzionario della Commissione europea. Non lo dice apertamente, ma il riferimento è a Germania e Italia. Ovvero, i due Paesi che rischiano di essere la sorpresa in negativo dell’Asset quality review. Non ci dovrebbero essere problemi invece per le banche spagnole. Dopo il bailout del settore, che ha fornito liquidità al sistema iberico e lo ha stabilizzato tramite la creazione di una bad bank che ha isolato gli asset tossici. Lo stesso potrebbe essere fatto altrove? «Non ci possiamo sbilanciare, è chiaro che spetta alla Bce questo compito, quello di decidere cosa è meglio per i singoli sistemi», afferma il funzionario della Commissione Ue. La prossima volta toccherà a Berlino o Roma? Il timore, non lo nega nessuno, è che sia questo l’epilogo.

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