Le buone notizie, se si parla di banche italiane, sono sempre meno negli ultimi tempi. Dopo il monito, duro ma non inaspettato, del Fondo monetario internazionale, ora sono le banche d’affari che mettono in guardia in vista dell’Asset quality review che condurrà l’European banking authority (Eba). Questo nonostante il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, abbia oggi affermato che «le banche italiane non hanno nulla da temere da prossimi test europei». La realtà vista con gli occhi degli investitori è diversa: ancora una volta il sistema bancario italiano potrebbe essere la maglia nera della zona euro. Subito dopo, a sorpresa, potrebbe esserci la Germania. Ma in questo caso il vecchio adagio “Mal comune, mezzo gaudio” servirà a ben poco.
Le banche italiane avranno bisogno di nuovi capitali? Facile che sia così. O almeno così pensa l’86% dei partecipanti a un sondaggio condotto da Goldman Sachs. Il tutto a fronte di un 57% che ritiene che, per essere credibile, l’Asset quality review debba manifestare nuove esigenze di capitale per le banche tedesche. Ancora minore, il 56%, il numero degli investitori che ritiene che le banche iberiche abbiano bisogno di capitali freschi. Giusto per fare un paragone con gli altri Paesi sotto bailout, il 31% ritiene che ci siano urgenze per le banche greche, mentre il 15% crede che ci possano essere problemi per gli istituti bancari di Cipro e Irlanda.
Nel dettaglio, il sondaggio di Goldman vede il Monte dei Paschi di Siena come maglia nera d’Europa. Per il 74% dei partecipanti al sondaggio l’Aqr vedrà Mps in necessità di capitali nuovi. A ruota ci sono le due maggiori tedesche, Commerzbank e Deutsche Bank, con percentuali del 47% nel primo caso e del 40% nel secondo. In quarta e quinta posizioni ci sono il Banco Popolare e la Popolare di Milano, con il 38% e il 36% rispettivamente. Via via troviamo poi UniCredit con il 27% e Intesa Sanpaolo con il 18 per cento. Nessun problema per le banche francesi, considerate adeguatamente capitalizzate, e per le spagnole che, secondo diverse fonti della Commissione Ue, usciranno entro fine anno dal programma di salvataggio varato nel 2012.
La credibilità dell’Asset quality review è cruciale per gli investitori. Solo in caso di assoluta affidabilità degli stress test potrà esserci un pieno ritorno della fiducia nell’eurozona e nelle sue banche. Troppe volte i mercati finanziari sono stati spettatori del teatrino dell’Eba, che in due occasioni è stata incapace di individuare ciò che gli investitori già sapevano da tempo. La domanda che si fanno ora gli operatori riguarda quante banche falliranno gli stress test. Secondo un sondaggio condotto da Morgan Stanley. Sulle oltre 130 banche dell’eurozona coinvolte nell’Asset quality review il 42% degli intervistati ritiene che falliranno gli stress test fra le 5 e le 10 banche, il 36% fra le 10 e le 20, il 17% fra lo 0 e le 5, mentre solo il 5% crede che ci siano più di 20 istituti
Il sondaggio di Morgan Stanley mette però in evidenza anche un altro aspetto, quello del bail-in. Il salvataggio utilizzando azionisti, obbligazionisti o depositanti, che rientra nei quattro modelli di risoluzione bancaria del Single resolution mechanism (Srm) che sarà approvato dal Consiglio europeo entro fine anno, è la nuova frontiera della gestione delle criticità bancarie nella zona euro. E il 79% degli intervistati pensa che ci sarà almeno una banca che necessiterà di effettuare un bail-in sugli obbligazionisti subordinati. Un’altra grana per la fiducia dei correntisti.
Ma quanti soldi serviranno alle banche europee? Secondo Goldman Sachs una cifra compresa fra i 25 e i 55 miliardi di euro. Molto dipenderà dalla metodologia utilizzata. E dalla discrezionalità dell’Eba. Cifre analoghe per Morgan Stanley, ma anche per J.P. Morgan. Tuttavia, per gli intervistati da Morgan Stanley la sorpresa maggiore potrebbe arrivare da Berlino, subito seguita da Roma. Tanti sono i Non-performing loans (Npl, crediti dubbi) in pancia alle banche tedesche e italiane. Se per le prime i numeri della Bundesbank parlano di circa 203 miliardi di euro, per le seconde le cifre della Banca d’Italia parlano di 260 miliardi. La sorpresa sulle italiane, come fa notare J.P. Morgan, potrebbe arrivare sui covered bond (obbligazioni garantite da asset scorporati in una società veicolo, notoriamente più sicure delle obbligazioni tradizionali), largamente utilizzati dal nostro sistema bancario dopo il crac di Lehman Brothers. Secondo la banca statunitense potrebbero esserci problemi per UniCredit e Intesa Sanpaolo, nel caso l’Aqr fosse condotto in maniera più cautelativa su questo versante. «L’Eba potrebbe scegliere di monitorare con attenzione le garanzie collaterali dei covered bond e questo potrebbe essere un problema per tutte le banche che utilizzano asset immobiliari o mobiliari, ma deteriorati, come garanzia», scrive J.P. Morgan. Un problema non di poco conto per le banche italiane.
Cosa succederà dopo è ancora un’incognita. La Banca centrale europea (Bce) sta studiando da almeno tre mesi la possibilità di lanciare un altro Long-Term refinancing operation (operazione di rifinanziamento a lungo termine, o Ltro) per aiutare gli istituti di credito con maggiori difficoltà. Sia nel lending sia nel funding, le banche italiane continuano a soffrire. E i rimborsi dei due Ltro di dicembre 2011 e febbraio 2012 sono ancora bassi, rispetto alla media dell’eurozona. Un nuovo Ltro rischia quindi di essere un danno per le italiane, che si vedrebbero costrette al rimborso di ancora più finanziamenti di quanto preventivato. In altre parole, una spirale mortale.