È tra i luoghi più frequentati della Grande Mela e, se ne chiedi a qualcuno l’indirizzo, ognuno ti indicherà un incrocio diverso: Times Square, Wall Street, Penn Station o lo Yankee Stadium nel Bronx. È la metropolitana di New York, sempre piena di gente d’ogni aspetto, che inaugurò le sue prime linee sotterranee il 27 ottobre 1904 tra Manhattan e Brooklyn e oggi ti porta dove vuoi al solo costo di un gettone, riuscendo qua e là persino a farti assistere a un concerto più o meno improvvisato.
Il racconto
LA LEGGENDA NEL METRÒ
Narra la leggenda, che un coccodrillo un giorno se ne andava a spasso per le vie di New York. Si sa che, di qua e di là per le street e su e giù per le avenue, nella Grande Mela si può passeggiare ognuno agghindato come gli va, che nessuno ti dice alcunché, a parte la nonna, che anche a Manhattan non si mette tranquilla finché non le dici che hai messo la maglia di lana. C’è chi passeggia in giacca e cravatta, ma con le scarpe da tennis, chi ha la gonna da serata di gala, ma ai piedi i roller skate e sul bavero un rapanello, chi ha i capelli come Marge Simpson e chi indossa uno scafandro da astronauta, forse pensando di essere sulla Luna.
Figurati se uno un giorno se ne va a zonzo, che sembra una borsa di coccodrillo, con la sola differenza di respirare, sbavare e trimbulare più di una borsetta qualsiasi, o di un paio di stivali. Che poi non era un giorno, quel giorno, bensì una notte.
Narra la leggenda che il coccodrillo avrebbe preferito prendere un taxi giallo giallo, solo per il gusto di alzare la manina e vederne arrivare un paio in meno di mezzo secondo, come accade nei film. Ma i film sono solamente film, lo dice la parola stessa, e pare che alla fine si sia rassegnato a prendere il metró, acquistando rigorosamente il gettone d’ingresso.
Sarà vero?!
C’è chi dice che qualcuno gli abbia chiesto pure l’ora, ma che ne sa un coccodrillo, di che ore sono?! Però? se lo sbranò senza tanti complimenti. Del resto sono pieni i vagoni di ogni metropolitana, di gente con un panino tra i polpastrelli, o un involtino primavera, o un bicchierone di qualche bevanda con tanto di cannuccia. Nulla di strano, quindi, a sgranocchiare un passeggero. Se un giorno ti capiterà di andare nella metropolitana di New York, non dimenticare a casa l’orologio, mi raccomando.
Pare che, terminato il pranzetto, il coccodrillo in questione si sia esibito in un cavernicolo concerto, di quelli che le persone non troppo fini strombazzano nel bel mezzo della digestione. Non ti dico che schifezza, ma si era a New York e – ti dicevo – lì la gente non ti bada e qualsiasi cosa tu faccia va bene, purché non si rompano troppo le scatole. Ma parliamoci chiaro: se un coccodrillo in piena regola viene da me e rompe un po’, io saluto con riverenza e me ne vado, con tanto di gambe levate. Però mica abito a Manhattan, io…
Ebbene, quelle evoluzioni gastrointestinali crearono delle inattese correnti d’aria al retrogusto di cipolla e mocassino, rinfrescando il ciuffo ad alcuni passeggeri, soffiando nelle gallerie e su per le scale mobili, trovando sfogo attraverso alcune grate sotto i piedi dei passanti lassù, in particolar modo una bella tipa bionda con il vestitino bianco, la cui gonna svolazzò dappertutto, per la gioia di chi le stava accanto. Uh!
Narra la leggenda che il coccodrillo, impaziente di aspettare il treno, si infilò nel buio di una galleria e chi lo ha visto più?!
Nelle gallerie del metró, tutti lo sanno, abitano topastri lunghi un metro e mezzo, vivono James Dean ed Elvis Presley e un militare giapponese arrivato chissà come da Okinawa, cui nessuno ancora ha detto che la guerra mondiale è finita da un pezzo. Se mai uscirai da lì, devo ricordarmi di chiedergli se abbia incontrato qualcuno di loro.
Per quanto del coccodrillo si sia persa ogni traccia, la leggenda continua a narrare di lui cose fantastiche e fantasmagoriche: che ad un certo punto svoltò nel tubo della rete fognaria e continuò ad andare a spasso sotto un metro d’asfalto, a conferma che gli alligatori preferiscono le zone umide.
Risalendo la corrente e i tubi, il nostro eroe entrò nell’impianto idraulico di non so quale grattacielo, proseguendo verso l’alto, piano dopo piano, che più che un coccodrillo pareva uno stambecco, ma non si è mai visto uno stambecco per le vie di New York, né a prendere il metró. Presto o tardi avrebbe trovato una via d’uscita, magari in ceramica bianca.
Narra la stessa leggenda, che una ragazzina arzilla e simpatica, sentendo un certo bisogno, come a volte accade anche alle ragazzine, lasciò le sue bambole sul pavimento e corse in bagno. Alzò la gonnellina a fiori, abbassò le mutandine senza fiori, sollevò il coperchio della tazza e…
E qui la leggenda finisce di narrare. Proprio sul più bello. Senza sapere che fine farà la bimbetta, o il coccodrillo, ma soprattutto senza spiegare una volta per tutte se davvero le leggende metropolitane nascono sui vagoni del metró.
La fotografia
Tra le opere d’ingegno del tempo moderno, quello che è quasi un simbolo della grafica del secolo scorso è la mappa stilizzata della metropolitana di Londra, la famosa Underground, Tube per gli amici, con il logo rosso e blu, bello e attuale ancor oggi. Il suo ideatore fu mister Henry Charles Beck, nel 1931. È probabile che a scuola questo ingegnere preferisse la geometria alla geografia, al punto da lasciar perdere la mappa vera e propria della città, preferendo uno schema lineare e – va detto – molto più chiaro anche per chi di Londra non è.
Inutile dire che l’idea di Beck fu tra le più copiate del secolo. Per fortuna.
Il video
Come sarà stata la New York del secolo scorso? Non degli anni Settanta, Ottanta o Novanta, che l’abbiamo vista in centomila film, ma in quella di quasi cent’anni fa, quando nonni e bisnonni ci andavano via mare a cercare fortuna. Com’erano le automobili lungo le vie? E i cappelli sopra le teste? Cosa si vedeva dai finestrini della metropolitana e quali navi galleggiavano sull’Hudson River? Come ci si divertiva in quei tempi in bianco e nero? In tre minuti possiamo farci un’idea e se ci scapperà una risata o un sorriso non ci sarà nulla di strano.
La pagina web
Ci sono poche cose belle quanto un buon libro da leggere in metropolitana. Ed è bello anche semplicemente mettersi a guardare la gente che legge, in metropolitana, se il nostro tragitto è troppo breve per arrivare alla fine del capitolo. Ancor più bello è sbirciare cosa mai leggono gli altri accanto o di fronte a noi, per acchiappare un consiglio di lettura gratuito e inaspettato o per vivere un istante di vita altrui.
C’è pure chi va in giro a fotografarli, i lettori del metró, per poi metterli in rete in una pagina web: una biblioteca sotterranea, tanto insolita, quanto atmosferica.
Ti consiglio un libro
Carmen Martín Gaite – CAPPUCCETTO ROSSO A MANHATTAN – Salani
E se Cappuccetto Rosso abitasse a New York? Magari nei giorni nostri? Cosa direbbero Perrault e i fratelli Grimm? E se la casa della nonna fosse dall’altra parte della città? Non avremmo un bosco da attraversare, a parte Central Park, ma una vera e propria foresta di case, palazzi e grattacieli… E il lupo? Sarebbe un lupo vero, con la pelliccia e i denti aguzzi, oppure una persona in giacca e cravatta, con il lupo nell’animo? Carmen Gaite lo ha immaginato per noi, piccoli Cappuccetti e le sorprese sono a ogni incrocio o a ogni uscita del metró.
I nostri eroi
Non sono quelli della metropolitana i binari più amati della città di New York e nemmeno quelli dove i treni arrivano e partono fischiando, da Penn Station o dalla Gran Central, per correre via verso tutte le città d’America. Bisogna invece andare lungo la spiaggia di Coney Island, per trovare l’ottovolante più famoso del mondo, superstar o comparsa in chissà quanti film: il Cyclone che fa trattenere il respiro ai suoi spericolati passeggeri dal lontano 1927. Oggi è un monumento della città di New York ed è doverosamente inserito nella lista dei luoghi storici da tutelare. Ci si arriva con le linee D, F, N, e Q della metropolitana, scendendo a Stillwell Avenue oppure all’acquario. Se ci andrai, non dimenticare lo zucchero filato e buon divertimento!
C’è spesso una metropolitana nel destino di qualcuno, come a volte c’è il destino, accanto a qualcuno sul vagone di una metropolitana. Se non hai mai visto il film Sliding doors, gurdalo presto e capirai. Acchiappare un treno al volo o perderlo per pochi istanti può significare molto, per il resto della vita, e chissà quanti treni abbiamo preso, o perso, e chissà quanti ne perderemo in futuro, o prenderemo. E che la parola preso sia l’anagramma di perso è pure un po’ magico, anche se funziona solo in italiano. L’attrice di cui seguiremo il destino – o i destini – è la bella Gwyneth Paltrow e la metropolitana che ha segnato inesorabilmente la vita di Helen, protagonista del film, è quella di Londra, ma si potrebbe essere a Tokyo, Madrid o Berlino e le cose non cambierebbero di molto. O forse del tutto.
Su un vagone della metropolitana di New York c’è un attore famoso, anzi, famosissimo, che un giorno mosse i primi passi della sua carriera. Stiamo parlando del forzutissimo Sylvester Stallone, a volte Rocky Balboa, a volte John Rambo che, però, nel 1971 non era né un pugile, né un reduce dal Vietnam.
Nel film Il dittatore dello stato libero di Bananas, il regista attore, il piccolo e goffo Woody Allen, verrà a trovarsi in una scena a tu per tu con un paio di enormi bulli, aggressivi e prepotenti, proprio all’interno della Subway. Qualche provino ed ecco che il faccione e i muscoli di Stallone si rivelano perfetti per la scena. E meno male che era solamente un film, altrimenti il povero Woody – anche lui agli inizi – difficilmente avrebbe fatto una carriera così lunga e ricca di capolavori. Merito, almeno un po’, proprio del metró.
Era più o meno l’ora di pranzo del due di gennaio del 2007 e il ventenne Cameron Hollopeter, studente di cinematografia, se ne stava in attesa del metró alla centotrentasettesima strada. In quel momento, per un malore, cadde sui binari. Ad attendere lo stesso treno c’era nello stesso momento anche un operaio e veterano della Marina, tale Wesley Autrey, che non ci pensò un istante e saltò dalla piattaforma in suo aiuto. La metropolitana, però, era in arrivo e non riuscì a fermarsi in tempo. L’unica per lui fu di appiattirsi tra un binario e l’altro, tenendo giù il ragazzo malcapitato, salvandogli in questo modo la vita.
Autrey divenne eroe nazionale e devo dire che se lo meritò davvero: non so quanti altri avrebbero rischiato la vita per uno sconosciuto… Il college frequentato da Cameron Hollopeter offrì, per riconoscenza, una borsa di studio alle figlie di Wesley, tutti i programmi televisivi lo vollero ospitare, Beyoncé lo invitò a un suo concerto, accogliendolo nel backstage e i New Jersey Nets – di cui era tifoso – gli regalarono l’abbonamento per l’intera stagione. Ovviamente anche il sindaco di New York City e il Presidente degli Stati Uniti lo vollero conoscere e premiare e la rivista Time incluse l’eroe della metropolitana tra le cento persone più importanti dell’anno.
Tutto per un semplice salto…