Dal cairoEgitto, elezioni a primavera per dimenticarsi di Morsi

Dopo quattro mesi di violenze

Dopo tre mesi di coprifuoco e stato di emergenza, torna la normalità per le vie del Cairo. L’annuncio del governo è stato anticipato da una sentenza della Corte amministrativa, accolta con entusiasmo dagli attivisti del movimento 6 aprile. Il rigido rispetto degli orari imposti dai militari di entrata in vigore e sospensione del coprifuoco notturno aveva messo sotto pressione il popolo egiziano e mandato in tilt le quotidiane attività cittadine. Si chiude così la fase più delicata di mesi di spaccature e scontri tra militari e movimenti laici, da una parte, e islamisti, dall’altra. I due principali episodi di violenze risalgono infatti al 6 ottobre scorso, quando sono stati uccisi oltre 50 sostenitori dei Fratelli musulmani che tentavano di raggiungere piazza Tahrir. Gravi tensioni hanno coinvolto in seguito la comunità cristiana egiziana. Il 21 ottobre scorso, sono stati uccisi quattro cristiani, in un attacco perpetra contro fedeli copti in una chiesa nel quartiere della periferia di Giza.

E così ieri, per la prima volta dalla fine del coprifuoco, sono scesi in piazza i sostenitori dei Fratelli musulmani per una grande manifestazione a sostegno dell’ex presidente Morsi. La contestazione è stata indetta per protestare contro la condanna a 17 anni di carcere per 12 pro-Morsi che nell’ottobre scorso avevano preso parte agli scontri dell’Università Al Azhar nel quartiere Medinat Nassr al Cairo. I manifestanti sono tornati così, con lo slogan «No ad una giustizia repressiva» per la prima volta nei luoghi della strage di Rabaa el Adaweya: la piazza, in cui hanno perso la vita oltre 700 persone nello sgombero forzato del sit-in islamista del 14 agosto scorso, è stata finalmente riaperta al traffico. 

Slittano le elezioni, mentre il Cairo guarda verso Mosca

Il 4 novembre è iniziato il principale procedimento giudiziario contro il movimento islamista, dopo centinaia di arresti eccellenti e decine di uomini della Fratellanza che hanno lasciato il Paese. Alla sbarra sono apparsi Morsi e i principali leader del partito Libertà e giustizia fino a pochi mesi fa a guida dell’Egitto in transizione. Il processo è stato subito rinviato all’8 gennaio prossimo. Per la prima volta, Morsi è comparso dietro le sbarre dopo quattro mesi di detenzione in seguito al colpo di stato del 3 luglio scorso. 

E appena due giorni fa sono state rese note dai suoi avvocati la ricostruzione di questi mesi di detenzione secondo la deposizione dell’ex presidente. In riferimento a queste rivelazioni, lette in pubblico da suo figlio, Morsi sarebbe stato arrestato il 2 luglio scorso, prima della fine dell’ultimatum pronunciato dal capo delle Forze armate Abdel Fatteh Sisi, e sarebbe stato trattenuto per quattro mesi in una base navale. «L’Egitto non riconquisterà il suo potere se non si pone fine al colpo di stato, le sue conseguenze cancellate, e chi ha versato sangue prezioso sarà condannato», ha detto Morsi, secondo i suoi avvocati. 

In realtà, il movimento islamista sembra sempre più lontano da una rinnovata partecipazione politica, nonostante alcuni ministri del governo ad interim si siano pronunciati a favore di una prossima partecipazione della Fratellanza alle elezioni parlamentari. La Corte del Cairo aveva stabilito lo scorso settembre la confisca dei beni del movimento e la sua cancellazione dalla lista delle organizzazioni non governative riconosciute. Ma la battaglia degli islamisti per continuare ad essere parte della scena politica prosegue.

Tuttavia, i tempi per il ritorno alle urne si allungano. Mentre la commissione dei 50, incaricata di riscrivere la Costituzione, potrebbe concludere i suoi lavori in dieci giorni, secondo il ministero degli Esteri, nonostante siano già partite le operazione di registrazione dei candidati, slitta a gennaio la data del referendum costituzionale. Mentre le elezioni parlamentari dovrebbero tenersi a marzo e le presidenziali entro l’estate. Tuttavia, restano vari dubbi sugli emendamenti alla Costituzione fin qui proposti, in particolare in merito alla legge che regola il diritto a manifestare. La bozza conferisce infatti il potere alla polizia di cancellare, posticipare o cambiare il luogo di una protesta. Il testo è stato approvato anche da molti movimenti laici per impedire le diffuse contestazioni della Fratellanza. 

A rendere impossibile la vita degli egiziani è però soprattutto l’aumento dei prezzi dell’elettricità e della benzina. Non solo, non sembra alle porte un accordo per il prestito di 3,8 miliardi di euro, promessi dal Fondo monetario internazionale, mentre, nonostante gli annunci di un ripristino delle sovvenzioni militari, restano congelati gli aiuti da parte degli Stati Uniti al Cairo. E così le autorità egiziane guardano sempre di più verso Mosca. I ministri russi degli Esteri, Sergei Lavrov, e della Difesa, Sergei Shoigu, hanno visitato il Cairo per discutere di un possibile accordo sulla fornitura di armi. Secondo i gruppi liberali e socialisti egiziani, si tratta di una visita «storica». Durante i colloqui si è parlato di fornitura di armi dal valore di due miliardi di dollari. «Siamo abbastanza fiduciosi nel sostenere che l’Egitto supererà la crisi attuale e terrà in considerazione gli interessi di tutti i blocchi politici, etnici e religiosi della società», ha dichiarato Lavrov. Sembra profilarsi quindi un bilanciamento tra aiuti economici e militari da Stati Uniti e Russia come avvenne in seguito al colpo di stato militare dei giovani ufficiali liberi, guidato da Gamal Abdel Nasser. 

La censura colpisce la satira

Il copione sembra ormai scritto e la candidatura alle presidenziali del ministro della Difesa Abdel Fattah Sisi diventa sempre più probabile. Rifai Nasrallah è il coordinatore di una campagna di raccolta firme a sostegno di Sisi che, secondo l’organizzatore, avrebbe raccolto già oltre 15 milioni di consensi. 

E a pagarne le spese tra gli altri è il comico Bassem Youssef che ha visto definitivamente chiuso il suo show. Tornato in televisione, Youssef non ha lesinato critiche né all’esercito né ai Fratelli musulmani sull’esagerazione nel numero (oltre 30 milioni, secondo le fonti ufficiali, sono stati i partecipanti alla manifestazione anti-Morsi del 30 giugno scorso) dei loro rispettivi sostenitori. Non solo, Youssef aveva preso in giro Sisi criticandone il culto della personalità. E così, dopo tre stagioni di sensazionale successo di pubblico, con milioni di egiziani, tenuti incollati agli schermi, seduti nei caffè di tutto il Paese, la saga del comico potrebbe tornare su YouTube. 

Già durante la presidenza islamista, Youssef era stato accusato di diffamazione nei confronti del presidente Morsi. In quell’occasione, il procuratore generale Talaat Abdallah aveva ordinato di indagare nei suoi confronti per «blasfemia», «insulti al presidente» e «al prestigio dello stato». In uno degli show che aveva fatto andare su tutte le furie i seguaci della Fratellanza, il popolare comico aveva criticato la commistione tra religione e politica e mostrato dei segmenti di un’intervista televisiva del presidente egiziano. Il suo commento ironico è stato che Morsi avrebbe meritato l’Oscar come «miglior attore, editore e regista».

La fine dello stato di emergenza fa tirare un respiro di sollievo agli egiziani, esasperati dalle restrizioni, durate mesi, del coprifuoco notturno. Dall’approvazione della nuova Costituzione fino alle prossime elezioni è in gioco non solo il percorso democratico di un Paese ancora spaccato, ma ad essere messe a dura prova dal nuovo corso sono principalmente le libertà di espressione e di protesta.