Verso la fine di Gravity il personaggio di Sandra Bullock riesce a salire a bordo di una capsula di salvataggio russa e cerca, tramite radio, di mandare un mayday. Dall’altra parte c’è una risposta ma non quella che l’astronauta si aspetterebbe: le risponde un’uomo che si chiama Aningaaq, che non parla una parola della sua lingua e che fraintende mayday per il suo nome.
Durante il film vediamo soltanto un lato di questa conversazione, quello nello spazio. Ma un cortometraggio (intitolato proprio Aningaaq) appena messo online ci mostra l’altra faccia, quella dell’inuit che parla all’astronauta Ryan. È seduto su una slitta, nel mezzo di un fiordo in Groenlandia. Stavolta capiamo che cosa dice. I cani che abbaiano in sottofondo per Ryan sono un legame con la Terra, dall’altra parte sono solo tristezza. L’inuit racconta all’astronauta di doverne abbattere uno che sta soffrendo, ma di non riuscire a farlo perché gli vuole troppo bene.
Il film è stato girato dal figlio del regista di Gravity, Jonas Cuaron. L’idea di girare questo cortometraggio è nato leggendo la sceneggiatura del padre, dice Jonas Cuaron a The Hollywood Reporter: «è il momento in cui gli spettatori pensano che per Ryan andrà finalmente tutto bene. Ma poi si capisce che è tutto lost in translation».
Il corto dura 7 minuti e Warner Bros sta cercando di candidarlo all’Oscar nella categoria Miglior cortometraggio.