Link YoungIl topo di carta

Link Young

Introduzione
Cadeva di domenica, il 18 di novembre del 1928 e quella sera al Colony Theater di New York, all’incrocio tra Broadway e la Cinquantatreesima strada, nacque il topo più famoso del West. Proiettate nel buio, a bordo di un battello a vapore spuntarono infatti le inconfondibili orecchie di Topolino, tonde e nere, cui fece seguito il naso, tondo e nero pure lui, il sorriso, i mutandoni abbottonati e le scarpe. Nacque quel giorno anche Minnie e da allora fino a oggi nessuno li ha più separati. Né noi da loro.

Il racconto

GULP, SGRUNT, SPLASH!

New York. Ah, New York! Quando ci si arriva, è un vero e proprio porto di mare. Questo per una semplice ragione: a New York il mare c’è davvero e di conseguenza c’è pure il porto, altrimenti le navi e i transatlantici, anziché andare e venire, se ne starebbero a ondeggiare al largo di Coney Island.

E quando arrivi, a New York, dove le vie si intrecciano, verticali e orizzontali come le parole crociate o la battaglia navale, ventiquattresima e settima, oppure quinta e cinquantaquattresima, colpita e affondata, con la gente che va per di qua o per di là, sui pattini a rotelle o in tassì, con il cappotto o in maglietta, puoi decidere se fermarti a un incrocio e aspettare che il mondo transiti di fronte a te, o lasciarti trasportare dagli eventi e andare anche tu, per di là o per di qua, in bicicletta o con il metrò, dentro i blue jeans o sotto un cappellino da baseball. In entrambi i casi, quel che è certo è che ogni giorno non sarà mai uguale all’altro.

Attraversare le strade più larghe è il gioco preferito di molti, perché al semaforo tutti attendono il via con impazienza, come alla maratona, e poi di corsa fino all’altra parte dell’incrocio. E di incroci e di semafori, a New York, ce ne sono a ogni angolo. E di angoli ancora di più!

Alcuni passeggiano carichi di pacchi, pacchetti e borse per la spesa, altri corrono di gran fretta, altri ancora non vanno da nessuna parte, ma in fretta pure loro. I pompieri a volte sfrecciano scampanellando, mentre i poliziotti camminano vigili, roteando il manganello come se fosse una borsetta. I portieri degli alberghi dicono good morning e qualcuno, qua e là, se ne sta tranquillo su una panchina a leggere il New York Times.

In quella città ognuno è talmente in mezzo alla folla, che di chi gli sta intorno non gli importa un bel niente, che sia un multimegamiliardario o il garzone del panettiere, miss America o la cassiera del cinema. Nessuno fa una piega nemmeno se lungo il marciapiede trotterella un topuncolo, forse alla ricerca di un po’ di cheese, che vuol dire formaggio, ma in America si mangia in inglese e quindi lo si chiama pure con quel nome allegro, che vien voglia di farti fare una fotografia o un poster sei metri per tre: cheeeeeese!

Io, invece, feci molto più di una piega! D’un tratto, infatti, un topo in piena regola, con orecchie e coda di ordinanza, mi tagliò la strada e se ne corse via. Colto di sorpresa in mezzo a tutto quel viavai di newyorkesi, balzai quasi in braccio al primo che passava, cercando conforto e riparo.

“È solo un topo – mi tranquillizzò lui – per di più di carta!”

Partimmo quindi in due, all’inseguimento dello strano roditore che, a ben guardare, era di carta davvero. Ma una carta speciale, evidentemente, visto che le pozzanghere non lo inzuppavano e le forbici non lo turbavano: si trattava nientemeno che di carta animata!

Non credevo ai miei occhi, spalancati per non perdere un fotogramma, quanto era spalancata la bocca, ma dallo stupore. Il topastro aveva persino un paio di pantaloncini e due scarpe che, se non fossimo stati nel bel mezzo di una città dove la stranezza è la normalità, sarebbero state strane davvero.

“Aspetta!” strillai, con la paura ormai passata.

“GULP!” esclamò il topo, accortosi suo malgrado di essere stato visto, inseguito e quasi raggiunto.

“Dove vai così di fretta?” gli chiesi, senza pensare che chiunque altro in quel momento stava andando di fretta e, per coerenza, avrei dovuto porre la stessa domanda a tutti, intorno a me.

“MUMBLE MUMBLE” bofonchiò il topo, come se stesse pensando qualcosa, e vai a capire cosa stava pensando, che poi è da verificare che i topi pensino davvero, ma quelli di carta probabilmente sì.

“Non ti faccio niente!”, provò a rassicurarlo il mio compagno d’inseguimento.

“SGRUNT” fece lui, saltando ancora più in là.

“Suvvia!”

“GASP!”

“Ohibò!”

“SPLASH!” E qui lo strano dialogo si interruppe, perché il topo era ormai in mezzo al fiume e stava salendo su un battello che, sbuffando allegramente nuvole di vapore, lo avrebbe portato in salvo.

Peccato, avrei davvero gradito un topo di carta animata come amico americano: molto meglio di tutti i topi veri, di campagna e di città, e probabilmente anche meglio di tanti amici umani, chissà…

Alla fine mi accontentai di annotare sul mio diario, a pagina diciotto, l’incontro con quel personaggio, come evento memorabile del giorno, e con un pezzo di matita provai persino a ritrarlo in un disegno, scegliendo il rosso per i mutandoni e il giallo per le scarpe, e devo dire che ne venne fuori uno scarabocchio niente male.

La fotografia

Papà di Topolino e di tutti i personaggi animati che seguirono è il signor Walter Elias Disney, Walt per gli amici, anche se sin dall’inizio capì che tutto da solo non sarebbe riuscito a farlo e si attorniò di collaboratori bravi più che mai, sia per i disegni, che per le animazioni e le sceneggiature. Però la Walt Disney Company porta il suo nome, anche perché oltre a crearli, ai suoi personaggi ha donato un mondo, anzi tanti mondi, sia di carta che reali o quasi, come la famosissima Disneyland, che da quasi sessant’anni rallegra grandi e piccini dalle parti di Los Angeles. Per non parlare dei lungometraggi animati, da Biancaneve e i sette nani a Fantasia, da Dumbo agli Aristogatti a tutto il resto. Una meraviglia!

Il video

 https://www.youtube.com/embed/BBgghnQF6E4/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

Il cortometraggio animato con il primo Topolino si intitola Steamboat Willie — Il battello a vapore in italiano — e fu effettivamente il primo proiettato in pubblico e distribuito nei cinematografi, ma non il primo ad essere prodotto. Qualche mese prima, infatti, fu realizzato L’aereo impazzito, che però non uscì nelle sale. Si può quindi dire che Topolino fu concepito su un aereo e nacque su un battello… Sarà per questo che poi ha fatto tanta strada?!

La pagina web

Oltre che un personaggio, Topolino è da molti anni un giornalino che da più di tremila numeri rallegra le nostra giornate. Sono in tanti ad avere una collezione grande o piccola di questi libretti con il dorso giallo… E come tutti i giornali e le riviste, per tenersi al passo con i tempi, c’è adesso anche il sito topolino.it, su cui si può navigare da Topolinia a Paperopoli, da un BANG a un GASP, da Basettoni a Gambadilegno. Notizie, fumetti e giochi a portata – è il caso di dirlo – di mouse.

Ti consiglio un libro

Tito Faraci – TOPOLINO NOIR – Einaudi

Per quanto di Topolino si ricordi la sua bella faccia rotonda e i disegni di tutto il resto, ci sono tante persone che le storie le ideano e le scrivono, prima che i disegnatori le rendano visibili. E spesso sono autori di grande livello, come Tito Faraci che, sguazzando tra i fumetti, ha posto la sua firma accanto a quella dei personaggi di carta più famosi del mondo. Topolino compreso, se non soprattutto! Le sue storie più poliziesche, con indagini intricate e colpi di scena inattesi, ghigni, sberleffi e sorrisi, sono state raccolte in un libro ormai difficile da trovare, ma indagando un po’ forse una copia nascosta la si scova…

I nostri eroi

Se Disney era la mente — e non c’è dubbio alcuno — la mano che rese Topolino quello che è, dal 1928, fu quella di un giovanotto del Missouri, che con Walt formò per qualche anno una incredibile coppia artistica. L’animatore e fumettista Ub Iwerks lavorò senza sosta, per lunghi giorni e notti intere, per realizzare i primi cortometraggi, compreso l’indimenticabile Battello a vapore. La camminata, le espressioni, i movimenti nascono tutti dalla sua matita e dalle sue centinaia di disegni, uno dopo l’altro e Topolino di cognome fa un po’ Disney e un po’ Iwerks.

Il successo, però, portò con sé anche qualche guaio e la coppia si sciolse pochi anni dopo e ognuno per la sua strada. Ma se Disney diventò un colosso, anche Ub fece una sua bella carriera, vincendo anche due Premi Oscar per le sue trovate tecnologiche nella tecnica dell’animazione e lavorando anche agli effetti speciali nel cinema.

È il cinque di maggio del 1930, quando viene pubblicata la storia a fumetti Topolino nella valle della morte. Ma se Topolino è già a spasso nel suo mondo di carta e celluloide da un paio di anni, la novità è chi sta dietro. È quella, infatti, la prima storia disegnata da Floyd Gottfredson, che da allora continuerà a scrivere e disegnare con Disney per quarantacinque anni. È un mondo che nasce, quello dei topi e Topolinia è poco più di un villaggio del West diventata via via, disegno dopo disegno, avventura dopo avventura, la metropoli delle storie di oggi.

Floyd è considerato il terzo padre di Topolino, dopo Disney e Iwerks, e diventò presto responsabile dell’intero reparto fumetti, con un bel numero di disegnatori alle sue dipendenze. Tutta sua è l’idea del cattivo Macchia Nera, che Gottfredson ideò ispirandosi un po’, per le fattezze, al suo amico Walt.

Quando Walt Disney era ancora un ragazzino, dalle parti di Buenos Aires, in Argentina, il ventunenne Quirino Cristiani, emigrato dalla provincia di Pavia sedici anni prima, già aveva in mente i disegni animati. Siamo nel 1917, Topolino nascerà solo undici anni dopo, ma lui si mise d’impegno e realizzò il primo lungometraggio animato della storia: si intitolava El apóstol ed era una satira contro l’allora presidente argentino. Ne realizzò poi altre, di animazioni, ma un incendio distrusse il suo studio nel 1962, e purtroppo anche tutti i suoi lavori, a parte uno, El mono relojero, che resta l’unica sua opera a ricordarlo.

Tra i disegnatori di Topolino, che ci hanno tenuto compagnia negli anni, non pochi sono italiani. Romano Scarpa e Giovan Battista Carpi sono i nomi storici, ma anche oggidì possiamo divertirci con i disegni di Silvia Ziche o quelli di Giorgio Cavazzano, che è davvero uno dei più grandi, tra i viventi. Fu sua, per esempio, l’idea di far abitare la Banda Bassotti in una roulotte, dalle parti di Paperopoli: accadde infatti che il suo vicino di casa parcheggiò un po’ troppo spesso la propria, di roulotte, davanti alla casa del disegnatore, in posizione a dir poco fastidiosa. Lui, non potendo vendicarsi troppo nella realtà, lo fece a fumetti, infilandoci quei cattivoni. Se un giorno lo andrai a trovare, quindi, fai attenzione a dove parcheggi!

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