La dieta mediterranea, la nostra dieta, è tanto importante da far parte della lista dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità per l’UNESCO. La sua grande forza è l’equilibrio perfetto fra gli ingredienti. Ma cosa succede quando bisogna “tirare la cinghia” e alcuni di questi prodotti diventano troppo costosi? Ci adattiamo, ci facciamo furbi e — ed è una buona notizia — sprechiamo un po’ meno.
Cominciamo con i dati generali: una ricerca ISMEA, l’Istituto di servizi per il mercato agroalimentare, basata su dati Gfk-Eurisko ci dice che nell’ultimo anno abbiamo messo un po’ meno cibo sulle nostre tavole. Nei primi otto mesi del 2013 la spesa agroalimentare delle famiglie italiane è diminuita del 3,7%, con i volumi di acquisto in calo dell’1,8%.
Nonostante la riduzione, però, teniamo alta la fama di Paese che ama la buona cucina. Secondo dati Nielsen, nel primo semestre 2013 le nostre spese alimentari si sono ridotte, sì, ma meno del resto degli stati Europei. Solo il 36% degli italiani dice di comprare di meno contro il 40% di media europea. E ben due terzi (il 64%, contro 58% di media EU) non rinunciano ai “capricci gastronomici”. Ma, nello specifico, cosa portiamo in tavola di più e cosa di meno? Ecco i dati piatto per piatto, dal primo al caffè.
Il primo (pane e pasta)
L’analisi ISMEA ci racconta una tavola fatta così: i consumi di pasta si riducono di pochissimo, circa l’1%. Ma si riduce molto di più la spesa, in ribasso del 9%. Vuol dire che mangiamo tanta pasta quanto prima ma che puntiamo su promozioni, 3×2 e scegliamo di sfruttare la convenienza dei discount a discapito dei supermercati.
È notevole anche la riduzione degli olii extra vergini di oliva: il consumo si è ridotto di quasi il 10% negli ultimi mesi.
Un dossier Coldiretti, invece, ci parla di quanto pane c’è sulle nostre tavole: poco, pochissimo. Si è ridotto — ed è la prima volta — a meno di una fetta di pane per pasto.
In parte, l’effetto è dovuto alla continua crescita del prezzo, salito del 6% dal 2007. A questo aumento, però, non corrisponde un uguale aumento del prezzo del grano, che invece è diminuito di prezzo: se un chilo di grano tenero è venduto a circa 21 centesimi, un chilo di pane acquistato costa in media 2,70 euro. La variazione di città in città è quasi incredibile, si passa dai 4,65 € al chilo a Milano ai 2,01 € al chilo a Napoli.
Il secondo (carne, pesce e uova)
In generale, il secondo piatto non se la cava molto bene. L’elaborazione ISMEA parla di cali nei consumi di carne: sulle nostre tavole ne arriva il 2,4% in meno. I consumi di carne bovina sono quelli più in calo, scese del 4%. Per compensare, gli italiani si sono spostati su altre tipologie di carni, dal suino al pollame. E hanno aumentato il consumo di uova, cresciute del 1,7%.
Anche il mercato del pesce è in ribasso. I consumi si riducono del 3,5% e il settore del pesce fresco è in caduta libera, con un calo del 4,8% e una diminuzione della spesa del 18,4%.
In calo anche la frutta fresca (con una variazione negativa del 3%), ma in aumento il reparto pasticceria e biscotteria. Un po’ per merito dell’aumento dei prodotti da colazione e un po’ per merito della crescita dei prodotti sostitutivi del pane. E il già citato aumento di consumi di uova indica anche un ritorno alla preparazione in casa dei dolci: un modo per non rinunciare a qualche piacere e per riscoprire una tradizione italiana.
Secondo le rilevazioni IRI, poi, il mercato del caffè è in leggero calo (-2,3%) ma anche in completa trasformazione. Nei primi mesi del 2013 il settore del caffè porzionato (le capsule monodose per le macchinette) sono cresciute del 20%. Una variazione che vale 85 milioni di euro.
E quello che rimane sulla tavola? E quello che lasciamo ammuffire in frigorifero? Un resoconto dell’osservatorio nazionale sullo spreco Waste Watchers, dice che buttiamo tutti meno cibo di due anni fa. Ma purtroppo ne sprechiamo comunque parecchio: il 60% degli italiani butta cibo almeno una volta a settimana. Di questi, la metà lo getta direttamente nella spazzatura, senza pensare a possibili riutilizzi come il compostaggio.
I motivi di tutto questo scarto? Il 40% dice di sbagliare a conservare o gestire il cibo acquistato, il 20% invece perché non riesce riutilizzare il cibo già cucinato.
Queste distrazioni e leggerezze ci costano. La stima del resoconto Waste Watchers dice che il 64% degli italiani getta letteralmente nell’immondizia da 0 a 5 euro a settimana e il 22,52% da 6 a 20 euro.