Le stampanti 3D trasformano le industrie in artigiani

Tecnologia e tradizione

Prototipazione rapida, fabbricazione additiva, reverse engineering. Sembrano parole di un’altra dimensione e, in effetti, lo sono, tutte legate alla tecnologa innovativa della stampante 3D. Da strumento da laboratorio oggi la stampante tridimensionale sta entrando a grandi passi nell’industria. Le prime volte non si contano più: non passa giorno senza che si registri il primo esemplare di qualcosa nato con questo sistema, dalla prima auto da corsa alla prima pistola fino addirittura al primo arto. Ma la vera rivoluzione sta arrivando dal suo uso sempre più diffuso nelle aziende, che, grazie alla stampante 3D, riescono a progettare, testare e migliorare le proprie creazioni o a offrire un servizio personalizzato su richiesta del cliente, dando il via a produzioni ridotteForse meno affascinanti di una casa stampata, vi sono elementi meccanici o elettronici che con questa tecnica vengono prodotti con caratteristiche specifiche e uniche.

A Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, la Mac3 è un’azienda che produce interruttori e galleggianti. Opera a livello internazionale, sviluppando per l’idraulica prodotti elettronici ed elettromeccanici altamente specializzati utilizzati per la regolazione dei livelli, per la misura e il controllo dei parametri elettrici. Per poter testare nuovi meccanismi, apportare modifiche e produrre elementi unici (su richiesta di un cliente o appositamente creati per uno specifico impianto) gli ingegneri fiorentini hanno deciso di affidarsi al laboratorio Casper (Centro avanzato servizi di prototipazione rapida e reverse engineering) guidato dai ricercatori dell’Università di Firenze. Qui sono stati testati con successo i primi elementi nati dalla stampante 3D, dando vita in poche ore a dispositivi con caratteristiche specifiche, partendo dalla “definizione matematica” dell’oggetto e creandolo, come sempre avviene con questa tecnologia, stato dopo strato con un sovrapporsi di sezioni di spessore infinitesimale.

Ma avviene anche il contrario: in molti settori è necessario partire dall’oggetto per arrivare al progetto per riprodurre la geometria di parti già esistenti, soprattutto quando per dimensioni o caratteristiche devono essere particolarmente precisi. È questo il processo chiamato reverse engineering che permette di convertire un oggetto in un modello, scansionandolo, per poi riprogettarlo o modificarlo.

Si va oltre alla sperimentazione, utilizzando la stampante a tre dimensioni per produzioni in piccoli numeri o pezzi unici. Basta pensare a un prodotto particolare come i freni o le sospensioni per motocross o le mountain-bike usate nei campionati mondiali su sterrato, oltre che per le bici da strada. Formula è la prima azienda italiana ad aver prodotto i freni a disco per le mountain bike. Nel corso degli anni le esigenze sono andate aumentando, in particolare sotto il profilo della precisione: anche una differenza minima può cambiare le prestazioni in una gara di cross, mettendo a rischio la stabilità del mezzo (che si tratti di moto o biciclette poco cambia) e la resa. E poiché gli elementi di Formula vengono utilizzati dai campioni per le gare internazionali, un errore costa caro.

Da qui la decisione di provare con la stampante 3D, capace di eseguire perfettamente un prodotto seguendo indicazioni millimetriche. Il processo produttivo è lunghissimo, tutto fatto interamente “in casa”: una volta creato un freno questo viene testato a campione o per usi particolari (racing teams moto e mtv): si passa da prove per misurare la potenza degli impianti a macchine per simulare frenate per migliaia di cicli fino al laboratorio dove si fanno test dimensionali grazie a uno scanner 3d.

Il tutto per verificare eventuali problemi, testare i prototipi e simulare tutte le condizioni di uso intenso a cui verranno sottoposti i prodotti.

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