Per capire quanto profondamente stia mutando il rapporto fra il Papa e l’episcopato italiano, la cosa migliore è cominciare dalla fine, ovvero dalla telefonata di Francesco alla madre di Elisa Claps, la ragazza scomparsa a Potenza nel 1993 all’età di 16 anni e ritrovata nel 2010 nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità, nel centro della città. Elisa, come venne ricostruito a posteriore, morì subito, il giorno stesso della sua scomparsa, uccisa da Danilo Restivo. Per molti anni il suo fu un caso che percorse le cronache nere del nostro Paese, un feuilleton amaro che aveva per protagonista una giovane dalla vita regolare, studiosa, benvoluta, che cantava nel coro della parrocchia. Francesco ha telefonato alla signora Filomena Iemma per manifestargli una vicinanza particolare in occasione della morte del padre di Elisa, Antonio Claps. Ma naturalmente dietro il gesto c’è molto di più.
Il vescovo di Roma ha voluto, anche in questo caso, rompere con una lunga stagione di silenzio vagamente omertoso e comunque segno di un’indifferenza fredda verso la vittima, la sua famiglia, l’intera comunità di Potenza. Di fatto per molti anni il cadavere della ragazza rimase nella Chiesa e forti sono stati i sospetti che le autorità ecclesiastiche sapessero – almeno un po’ prima del ritrovamento ufficiale del corpo – che la ragazza fosse stata abbandonata proprio nella Chiesa. Molti cittadini insorsero contro l‘arcivescovo Agostino Superbo, a suo tempo vicepresidente della Cei. La vicenda divenne uno scandalo, fu chiesta la sconsacrazione dell’edificio, le proteste si levarono contro la gestione da parte della diocesi dell’intera vicenda. Francesco con la sua telefonata ha sconfessato il modo d’agire di parroci e vescovi, ha fatto capire con un gesto tutto sommato semplice che la strada da seguire era un’altra.
Il Papa, insomma, si mette dalla parte delle vittime e non della “sua” istituzione, è una sconfessione implicita ma fortissima del modus operandi di una Chiesa – quella italiana – che si concepisce spesso come un corpo separato, dotato di regole proprie, rispetto al resto della società. D’altro canto che le cose non andassero troppo bene fra Francesco e i vescovi italiani lo si era capito quasi subito. Poche settimane dopo la sua elezione il Pontefice ha chiesto alla Cei una serie di cambiamenti: diminuire il numero spropositato di diocesi, dare più voce ai vescovi locali, ridurre l’apparato burocratico e studiare una riforma per l’elezione del presidente della Cei che non doveva più essere nominato dal Papa ma scelto dall’assemblea dei vescovi.
Non solo: successivamente ha messo la sordina ai principi non negoziabili e ha richiamato la Chiesa italiana a impegnarsi di più su immigrazione, povertà, esclusione, crisi sociale, accoglienza del prossimo, ad essere insomma meno ideologica e normativa e più pastorale. Il viaggio a Lampedusa è stato anche questo. Quindi è arrivata la nomina di un nuovo segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, in linea con la visione di Francesco, proveniente da una piccola diocesi del Sud, Cassano all’Jonio in provincia di Cosenza, mentre il suo predecessore monsignor Mariano Crociata, veniva mandato a fare il vescovo di Latina. Infine Bergoglio, a sorpresa, ha dato la porpora cardinalizia al vescovo di Perugia Gualtiero Bassetti, in tal modo ha scelto una diocesi che per tradizione non dava diritto a un simile riconoscimento.
La colomba fatta volare dalla finestra di Piazza San Pietro attaccata da un gabbiano e da un corvo
Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei arcivescovo di Genova, indubbiamente è rimasto spiazzato dal ciclone Francesco, per quanto abbia provato a stargli dietro. Tagli alle spese e alla burocrazia ne sono stati fatti, ma certo la Chiesa italiana ha vissuto con affanno e disorientamento i cambiamenti in corso. Dopo anni di melina, per altro, i vescovi italiano finalmente hanno messo mano anche alle norme anti-pedofilia. Un primo testo era stato presentato un paio di anni fa e puntava soprattutto alla tutela degli accusati, cioè al garantismo verso i sacerdoti, più che alla tutela delle vittime. Il testo ricevette diverse critiche e adesso, in occasione del prossimo Consiglio episcopale permanente, viene diffuso un testo emendato secondo le indicazioni del Vaticano. In questo quadro no va ancora dimenticato che in conclave l’arcivescovo di Milano Angelo Scola, di provenienza ciellina, fu l’antagonista del papa argentino.
E il caso Welby? E il caso Englaro? Che fine ha fatto la Cei delle battaglie bioetiche, della linea di dialogo preferenziale con il centrodestra di Maurizio Gasparri, Alfredo Mantovano e Eugenia Roccella? È ancora lì ma non sembra per ora aver trovato una bussola per orientarsi nel nuovo corso. Monsignor Rino Fisichella, a lungo uno dei prelati più “televisivi”, chiamato poi da Ratzinger a dirigere il Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, è un po’ uscito di scena: sue le famose contestualizzazioni delle bestemmie berlusconiane o una certa aperture di credito al cattolicesimo leghista, identitario e tradizionalista. L’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, per diversi anni segretario generale della Cei del cardinal Ruini, non è fino ad ora emerso come una personalità nuova della Chiesa italiana mentre gli arcivescovi di Torino e Venezia, Cesare Nosiglia e Francesco Moraglia, non hanno ricevuto l’attesa berretta cardinalizia. Un po’ in disarmo appare anche monsignor Vincenzo Paglia, legato alla Comunità di Sant’Egidio, da qualche tempo al dicastero vaticano della famiglia, ma nel recente passato vescovo di Terni dove ha lasciato in eredità una situazione debitoria allarmante.
Il vicario di Roma, il cardinale Agostino Vallini, nei giorni successivi all’elezione del Papa veniva dato in grande ascesa ma ora pare che il suo ruolo non sia mutato di molto rispetto al passato. A Palermo il cardinale Paolo Romeo potrebbe prima o poi essere sostituito. Le nuove figure di spicco della Chiesa italiana potrebbero arrivare dal meridione o dai centri minori. Fra queste c’è certamente Francesco Montenegro, vescovo di Agrigento ed ex presidente della Caritas, inoltre il Papa nel corso dell’anno andrà a Taranto, città attraversata da una profonda crisi sociale e ambientale, dove lo accoglierà un vescovo di cui è amico: monsignor Filippo Santoro. Nei prossimi mesi, in ogni caso, si arriverà all’elezione di un nuovo presidente della conferenza episcopale, a quel punto la Chiesa italiana prenderà una nuova direzione.