Il buco nero dei trasporti pubblici liguri

Amt, Atp e Trenitalia ai raggi X

«Genova austera, vibrante, ampia! Luogo unico dai trecento ripiani a terrazza sul mare, ornata di parchi stupendi! Genova, dove i tramways sono gli ascensori! Le strade ed i quartieri, sovrapposti, si aggrovigliano, si superano, si ricongiungono, si dividono ancora» diceva il poeta francese Valery Larbaud. E il 2013 è stato un anno molto difficile per il trasporto pubblico in questa città dal paesaggio urbano così difficile. A tutti i livelli: comunale, provinciale e regionale.

La problematica, almeno in apparenza, è la stessa ovunque: mancanza di risorse per il taglio del fondo nazionale del trasporto pubblico, cui seguono tagli al servizio. Ma è davvero così? Ovviamente no. Analizziamo le criticità, a partire dal caso più noto, quello di Amt.

Amt Genova

Azienda al 100% del Comune di Genova, dopo che dal 2005 al 2012 è stata detenuta per il 41% prima dai francesi di Veolia Transdev e poi da Ratp Dev, è il vero malato del trasporto pubblico ligure, con otto milioni di deficit annui, poi ridotti a quattro in seguito all’accordo raggiunto con Comune di Genova e Regione Liguria nella notte tra 22 e 23 dicembre. Ma non solo: ci sono anche problemi cronici come l’evasione molto alta (i “portoghesi” sono anche favoriti dalla mancata introduzione del biglietto elettronico e dei tornelli sulle fermate della metropolitana) e la difficoltà di gestione degli impianti speciali. Eccoli qua elencati di seguito.

Ferrovia a cremagliera Principe-Granarolo: costruita nel 1901, l’impianto, lungo 1136 m, ha subito lunghi lavori di ristrutturazione dal 2003, quando il tratto finale venne chiuso, al 13 novembre 2012, quando venne riaperto con l’aggiunta di 4 nuove fermate. La cremagliera richiede una manutenzione costante e spesso si ferma per cause tecniche, data la difficoltà di manutenzione e di guida delle motrici dei treni, che, nonostante i restauri, sono comunque datate 1929.

Ferrovia Principe-Granarolo

Funicolare Sant’Anna e Funicolare Zecca-Righi: i due impianti risalgono addirittura al XIX secolo, al 1891 il primo e al 1895 il secondo, poi rinnovati rispettivamente nel 1980 e nel 1989 e sono anch’essi problematici come la cremagliera, anche se in misura minore. Come la cremagliera, richiedono spesso manutenzione e l’istituzione di autobus sostitutivi.

Funicolare Sant’Anna, Genova

Ascensore Montegalletto-Castello d’Albertis: Il principale tra tutti gli ascensori pubblici di Genova, è stato ricostruito nel 2004, dopo che era stato chiuso nel 1995. L’impianto si sviluppa in orizzontale per 235 metri e in verticale per 72, unendo nello stesso percorso sia la modalità a funicolare che ascensoristica. Di due cabine che percorrono il tracciato, spesso una delle due si trova in manutenzione. Da metà novembre scorso, poi, l’ascensore-funicolare è bloccato per problemi al sistema di trazione e i lavori di riparazione dovrebbero finire a breve. Gli altri ascensori pubblici, dieci in totale, non hanno particolari problematiche.

Ascensore Montegalletto-Castello d’Albertis

Su Linkiesta si è già parlato dello sciopero selvaggio di cinque giorni a novembre e delle problematiche a esso legate. 

Nel corso del 2014 però ci sono già altre problematiche, anche per i passeggeri. A fine febbraio scade l’integrazione tariffaria con Trenitalia, che potrebbe sparire oppure portari a ulteriori rincari nel prezzo del biglietto integrato che già costa 1,60 euro. E non si sa ancora nulla riguardo al reperimento dei quattro milioni di euro di deficit del 2013, come da accordo sindacale. Non si sa ancora nulla nemmeno sul subappalto delle linee collinari a operatori privati. E l’azienda è tutt’altro che risanata. Se un aiuto arriverà dalla regione, con l’acquisto di nuovi mezzi, un ulteriore supporto potrebbe derivare dall’interessamento di un socio di minoranza. Chi? Ovviamente Busitalia, la società per il trasporto su gomma del gruppo Ferrovie dello Stato. Che già aveva messo gli occhi sull’azienda che stiamo per trattare.

Atp, Azienda Trasporti Provinciali

Dopo il fallimento della trattativa con Busitalia (ne avevamo parlato qui) la situazione dell’azienda posseduta per il 66% dalla Provincia di Genova, commissariata da quasi due anni, è appeso a un filo. Un durissimo piano industriale ha portato al taglio del 20% dello stipendio dei dipendenti e alla richiesta di un aumento del 10% del contributo ai 67 comuni serviti. Scontrandosi con una dura opposizione su entrambi i fronti: 230 dipendenti su 496 complessivi si sono rivolti a uno studio legale, ritenendo “illegittimo” questa sforbiciata al salario. Mentre i comuni, molti dei quali sotto i 5.000 abitanti, che già contribuiscono con 800 mila euro annui, si sono opposti a questo ulteriore aumento, dopo che il servizio in diverse aree montane già adesso termina alle 18 o addirittura prima (ad esempio, in Valbrevenna, comune di 800 abitanti, l’ultima corsa arriva alle 15 e 30). A questo, aggiungiamo la situazione finanziaria grave della provincia, creditrice di 32 milioni di euro da parte dello Stato.

Un’immagine dello sciopero Atp Genova del 29 ottobre 2013

Molte linee così sono sovraffollate e i passeggeri sono costretti a stare in piedi per più di un’ora, magari in un percorso ricco di tornanti. Secondo il consigliere regionale Armando Ezio Capurro, eletto in una lista civica di centrosinistra, ci sono anche numerosi sprechi. Su tutti, la stesura stessa del piano industriale della discordia: una consulenza pagata 700mila euro.

Trenitalia

Anche l’azienda ferroviaria è in difficoltà. E non per sue colpe, dato che stiamo parlando di treni regionali, quindi a carico della Regione Liguria. Qui l’ultima riorganizzazione di orario risale al 1998, anno dei cosiddetti “accordi di Tivoli”, quando si stabilì chi doveva pagare ogni singola tratta sovraregionale, quindi non di competenza di una sola regione. La Liguria fu piuttosto fortunata: vennero assegnate al Piemonte le tratte Torino-Savona-Ventimiglia, Cuneo-Ventimiglia, Torino-Genova e Novara-Genova, alla Toscana il servizio da e per Sarzana e una coppia di treni Savona-Pisa e all’Emilia Romagna venne assegnato un treno Genova-Rimini e un altro Ravenna-Genova. In compenso, alla Liguria spettava la frequentatissima tratta Genova-Milano e la Genova-Acqui Terme.

Stazione di Alassio, sulla linea Genova-Ventimiglia

Ciononostante, il servizio interno è sempre stato non eccellente, con ampie aree del mattino scoperte (specie nella fascia 8-10) così come nella fascia serale (dopo le 21). Adesso, con la riorganizzazione del servizio ferroviario del Piemonte, che ha portato alla chiusura di 14 linee ferroviarie periferiche e alla concentrazione del servizio nell’area metropolitana di Torino, ha messo in seria difficoltà la Liguria, che si è vista scoperta nella tratta Savona-Ventimiglia, coperta in gran parte da Intercity, a carico quindi del Ministero dei Trasporti (su 80 treni di questo tipo circolanti in Italia, ben 42 attraversano la Liguria). In questo modo, per coprire la tratta, la regione ha minacciato di tagliare 4 coppie di treni da e per Acqui Terme. L’incontro tra i due governatori Cota e Burlando per dirimere questa situazione di ricatti incrociati, che doveva avvenire il 27 dicembre, è stato rimandato all’8 gennaio. In questo incontro si è poi deciso che cosa? Leggiamo dal comunicato stampa della Regione Piemonte:

«Al fine contenere il più possibile eventuali riduzioni nell’erogazione dei servizi, è emersa la volontà comune di verificare col Ministero dei Trasporti la possibilità di rivedere la programmazione del collegamento Intercity della linea Torino-Genova, per equilibrare il possibile le comunicazioni tra i grandi centri urbani e le realtà territoriali più periferiche. L’ipotesi è fondata sull’aumento di cadenzamento e sulla velocizzazione dei treni regionali piemontesi attuata dal 15 dicembre scorso sulla Torino-Genova».

Di fatto, una richiesta di un intervento pubblico dello Stato centrale, con più fondi, presi dal contratto di servizio nazionale. Quelli che servono a far circolare gli Intercity, per intenderci. Forse però sarebbe chiedere troppo, dato che già adesso, su 80 Intercity giornalieri che attraversano il territorio nazionale, ben 42 passano anche dalla Liguria. In tutto questo, la sparizione, dal 1998 a oggi, di ben 70 treni regionali interni.

Mala situazione è ovunque disperata? No, l’azienda spezzina Atc è sostanzialmente in salute ed ha appena riattivato due linee filoviarie con l’ausilio di fondi europei dedicati al trasporto pubblico. Ma tutto questo non basta. La soluzione del bacino regionale unico di trasporto pubblico, votata di recente dal Consiglio Regionale, oltre a lasciar perplessa l’Antitrust, potrebbe comunque arrivare troppo tardi, nel 2015. Sempre che i liguri non siano nel frattempo tutti passati al mezzo privato.

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