Link YoungLe isole nel panino

Link Young

Sarà stato che era più o meno l’ora del pranzo, sarà che nella stiva c’erano ancora alcune fette di prosciutto e un pezzo di formaggio, ma il navigatore inglese James Coook quando, primo europeo, mese piede alle Hawaii, le battezzò con il goloso nome di Isole Sandwich, in realtà in onore del suo armatore, conte di Sandwich. Era il 18 di gennaio del 1778 e quel giorno, sulla spiaggia, chissà se qualcuno lo accolse con un sorridente aloha.

Il racconto

IN PRINCIPIO C’ERANO LE HAWAII

Secondo una vaga leggenda – di Honolulu o Gallipoli, non lo so… – in principio era il nulla. Beh, proprio il nulla, non del tutto, altrimenti anche la leggenda non avrebbe saputo di cosa raccontare: in principio, per la precisione, c’erano le Isole Hawaii. E sulle isole c’era un lui, una lei, un albero di mele e un serpente. Sì, credo che la leggenda narrasse più o meno così.

Non serve altro, quando si è in due, sotto un melo, alle Hawaii, ma anche in un paradiso come quello arriva prima o poi il momento in cui spunta un po’ di insoddisfazione, di stanchezza o anche solo voglia di cambiare un po’. Fu così che presero un bel pezzo di carta e una matita mangiucchiata e cominciarono a scrivere in bel corsivo una lista di desideri, forse in ordine di importanza, forse in ordine alfabetico, più probabilmente in ordine sparso.

Egregio Signore – cominciava la lettera – vorremmo far notare, con rispetto e riverenza, l’assenza di una spiaggia, anche piccina, ma con la sabbia bianca e sottile, che su queste isole ci starebbe di un bene che non Le diciamo. Pensa che sarebbe possibile svegliarsi un mattino e trovarsela lì, a pochi passi dal melo?

E perché la spiaggia sia tale – continuarono – sarebbe necessario qualche ettolitro di acqua salata, un mare, insomma, o anche un intero oceano, veda Lei… Per quanto riguarda la fauna e la flora marina, lasciamo senz’altro al Suo buon cuore, ma è superfluo dire che un’orata o un branzino alla griglia ogni tanto sfrizzolerebbero il nostro appetito. Non so se ci intendiamo…

Poi la Luna – ci presero gusto – sì, una grossa Luna piena piena nel mezzo del cielo lassù. Anzi, a volte piena a volte no, a volte appena segnata, a volete tagliata a metà, con la gobba di qua e con la gobba di là, per ammirarla in romantica compagnia o per abbozzare qualche teoria astronomica, che è sempre divertente e istruttivo.

E il Sole – aggiunsero – che scaldi le giornate e ci abbrustolisca la pelle, abbronzandoci per bene, che qui è quasi sempre estate e mica possiamo andarcene in giro pallidi e smorti, ne conviene? Per quanto riguarda il costume, non è che sia così necessario, visto che oltre a noi pare non esserci nessuno, ma per una seratina elegante e la grigliata di cui sopra, magari una camicia stampata a mille colori, taglia quarantadue, e una ghirlanda di fiori. Si può?!

La lettera continuava finché c’era spazio su entrambi i lati del foglio e la sua stesura occupò l’intera giornata: i due suggerirono la creazione di un televisore, per vedere le partite, il telegiornale e i film, di un ukulele per strimpellare una serenata, di un cuscino di quelli per la cervicale, che prima o poi magari ne avrebbero avuto bisogno, di un paio di boccette di smalto per le unghie, uno rosa e uno rosso, di una tavola da surf, di questo e quello e, già che erano in ballo, anche di quell’altro. E ovviamente di un paio di scarpe da ballo.

In un cantuccio lei tracciò pure un disegnino con il rossetto, tanto per abbellire ogni cosa. Il Signore avrebbe capito senz’altro che si trattava di un cuore, anche se, a guardarlo così, pareva una macchia rossa e basta.

Certo, né lui né lei pensavano di chiedere e basta, senza offrire nulla a loro volta, quindi aggiunsero che, in cambio di tutto ciò, il Signor destinatario avrebbe senz’altro potuto riprendersi il serpente, di cui nessuno aveva ancora capito il ruolo in tutto ciò. Punto, a capo, aloha, fine. Una rapida rilettura, due correzioni, poi lui arrotolò con cura il foglio di carta per farlo entrare in una bottiglia. E dove sia riuscito a trovare una bottiglia in tutto quel nulla, nessuno lo sa. La tappò per bene e la lanciò con tutta la forza che aveva nei muscoli del braccio e della spalla, sperando che prima o poi arrivasse a qualche destinazione. E per festeggiare lei acchiappò un pomo dal ramo e se lo gustò più delle altre volte.

Quando alle Hawaii arrivò mister James, a bordo di un veliero in piena regola, con il cappello sulla testa, il sorriso sotto i baffi e una bottiglia nella mano, sia lei che lui non credettero ai propri occhi. Complimenti per il lancio! Il loro messaggio evidentemente era arrivato fin nello Yorkshire, da dove quel tipo si era messo in viaggio per andare a far loro visita. Sinceramente il Signore se lo erano immaginato un po’ diverso, di sicuro più grande, molto più luminoso e probabilmente senza cappello, ma certo non era quello il momento per mettersi a disquisire.

Aiutarono a scaricare il televisore e l’ukulele, il cuscino e gli smalti, la tavola da surf e le scarpe da ballo; pure un’amaca da appendere a due palme e, con il Sole al tramonto e la Luna a far capolino, fu quella la sera della prima, indimenticabile grigliata su una spiaggia, alle Hawaii.

La fotografia

© NASA

A guardarle dall’alto della Stazione Spaziale le Isole Hawaii appaiono piccole e disperse nel mezzo dell’Oceano Pacifico, messe in fila una dopo l’altra, da Niihau a Kauai, da Oahu a Molokai, da Lanai a Kahoolawe, da Maui all’isola di Hawaii, che è la più grande di tutte. La capitale è Honolulu e si trova sull’isola di Oahu. Si tratta di isole vulcaniche e, sbirciandole da lassù, la cosa è abbastanza evidente. Dall’estate del 1959 le Isole Hawaii sono il cinquantesimo stato degli Stati Uniti d’America e poco importa se, geograficamente, sono ben poco americane e molto polinesiane. Per raggiungerle, da una qualsiasi città sulla costa Ovest, della California o dell’Oregon, bisogna andare verso l’Australia o la Nuova Guinea e remare per quasi quattromila chilometri senza fermarsi mai, anche perché tra qua e là non c’è alcun luogo dove fare una sosta.

Il video

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Sulle spiagge e tra le onde delle Hawaii ci sono passati anche Topolino e Minnie, Paperino, Pippo e Pluto, tutti insieme in compagnia. Era l’estate del lontano 1937 – Topolino esisteva da meno di otto anni… – e come tutti i turisti di quella vacanza ne hanno fatto un bel filmato, ovviamente a cartoni animati, da bravi personaggi Disney quali sono. Beh, proprio rilassante la vacanza non è stata, ma gli imprevisti rendono le giornate più elettrizzanti, non è vero?!

La pagina web

Hai una passione sfrenata per i vulcani, il magma e i lapilli? I tuoi luoghi preferiti sono il Vesuvio, l’Etna e Stromboli? Allora vedrai che anche alle Hawaii ti troverai bene, con tutti quei crateri… Vulcanologi arrivano da tutto il mondo, per studiare e ammirare le eruzioni e, per chi è un po’ troppo lontano o anche solamente vuole portarsi avanti con il lavoro, eccoti un sito [http://hvo.wr.usgs.gov/] dedicato proprio alle osservazioni geologiche e vulcaniche nell’arcipelago della Hawaii, con tutti i dati che ti potranno interessare. Purtroppo è solo in inglese, ma per facilitare le cose ti dirò che lava, anche in quella lingua si dice lava.

Ti consiglio un libro

Robert Louis Stevenson – Il diavolo nella bottiglia – Prìncipi e princípi

Nel 1880 lo scrittore Robert Louis Stevenson – quello dell’Isola del tesoro, per intenderci – partì con il suo veliero da San Francisco e navigò per qualche anno nei mari del Sud. Ovviamente raccontò ogni cosa in storie lunghe e brevi e si fermò per lungo tempo anche alle Isole Hawaii. Ed è hawaiano il protagonista di questo breve, diabolico, romanzo, ricco di suggestioni, di accadimenti, di credenze e trabocchetti che, pagina dopo pagina, ti tengono incollato al racconto e ti lasciano respirare un po’ di quell’aria, che sa tanto di mare.

I nostri eroi

Hanno dei nomi affascinanti e avventurosi i velieri che hanno portato James Cook intorno al mondo nei suoi tre lunghissimi viaggi. Il primo fu il brigantino Endeavour, a bordo del quale l’esploratore compì un bel giro del globo, doppiando Capo Horn, nell’America del Sud, e Capo di Buona Speranza, in Sudafrica, navigando per bene anche intorno alla la Nuova Zelanda. A bordo della Resolution, Cook circumnavigò di nuovo il pianeta, sempre nell’emisfero australe, prendendosi del bel tempo a visitare mille isole polinesiane. Il terzo viaggio fu pianificato più a Nord, alla ricerca del celebre Passaggio a Nord Ovest, dalle parti dell’Alaska: di nuovo al comando della Resolution, Cook si fermò alle Hawaii sia all’andata che al ritorno, dove fu accolto dal re, che lo scambiò per il dio della fertilità. Non durò molto, però, questa sua immeritata fama, perché durante una lite, causata probabilmente da un furto compiuto a bordo della nave, il vecchio James fu accoltellato e morì.

Qualcuno si ricordò di James Cook e del brigantino Endeavour, quando si trattò di battezzare una delle navicelle Space Shuttle, che infatti fu chiamato Endeavour pure lui. Sarà un caso, ma proprio alle Hawaii, nel piccolo atollo di Midway, la pista dell’aeroporto militare, che va da un capo all’altro di un’isoletta, è stata scelta dalla NASA come pista di emergenza, nel caso in cui qualche astronauta sia in difficoltà e si trovi nell’impossibilità di raggiungere le basi classiche in California e in Florida. E a proposito di spazio lassù, ecco che sulla Luna, nel Mare della fertilità, un cratere si chiama Cook, proprio come James. Quaggiù tra i terrestri, invece, ci sono le Isole Cook, in Nuova Zelanda, un monte Cook in Alaska e uno di nuovo in Nuova Zelanda, un ghiacciaio Cook, lo Stretto di Cook, due baie di Cook e la cittadina di Cooktown nel Nord dell’Australia, mentre Sandwich resta sempre un panino.

Uno dei luoghi più famosi alle Hawaii, a poche spiagge da Honolulu, non è diventato così noto per il mare, il sole o per qualche altro bel motivo. Stiamo parlando di Pearl Harbor, il porto delle perle, porto militare e importante base della Marina degli Stati Uniti d’America. Tanto importante che, nelle prime ore del sette di dicembre del 1941 fu pesantemente attaccato dagli aerei giapponesi, che quasi annientarono la flotta. Da questa parte del mondo, in Europa, la seconda guerra mondiale già si combatteva da un paio di anni e l’attacco di Pearl Harbor provocò l’ingresso in guerra anche degli Stati Uniti, ovviamente contro il Giappone, ma anche contro la Germania nazista e l’Italia fascista.

Quel sette di dicembre l’ammiraglio Yamamoto, che comandava l’attacco, si trovava in patria, sull’isola di Hiroshima, proprio quella che qualche anno dopo sarebbe diventata un luogo indimenticabile, a causa del lancio della prima bomba atomica nella storia dell’umanità.

Quando James Cook arrivò alle Hawaii, alla fine del Settecento, da quelle parti già ci si divertiva a cavalcare le onde più alte a bordo di un pezzo di legno largo, lungo e sottile, non tanto diverso dalle tavole di surf dei giorni nostri. Fu proprio Cook, infatti, il primo esploratore del vecchio mondo ad annotare sui suoi diari di questa attività a dir poco spettacolare.

Oltre un secolo più tardi fu non a caso un hawaiano il primo divo del surf: si chiamava Duke Kahanamoku, era di Honolulu e, oltre a divertirsi sui cavalloni fu anche nuotatore, campione alle Olimpiadi di Stoccolma e di Anversa. Successivamente, bello e muscoloso com’era, fu attore e, infine, sceriffo. Molte ragazze una multa da lui l’avrebbero accettata volentieri!

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