I bassifondi del web e l’anonimato

I bassifondi del web e l'anonimato

Le dichiarazioni di Edward Snowden sulla sorveglianza di massa NSA hanno innescato un lungo dibattuto pubblico sul significato dell’anonimato sulla rete. Se nel web 1.0 degli anni ’90 la vignetta famosissima di Peter Steiner pubblicata sul New Yorker, quella del cane di fronte al computer, e la scritta: «Su internet nessuno sa che sei un cane», sintetizzava la del web come secondo luogo privato, separato dalla realtà,  dell’avatar indiano in cui ricrearsi un’identità da zero, separata e fasulla, oggi, solo oggi, sapiamo che non è così. Lawrence Lessig suggeriva che i protocolli di internet non forzano l’identificazione, e permettono l’anonimato. Ma non è proprio così.

Il data mining di big e micro data ha raggiunto livelli di profilazione sofisticata degli utenti. Ogni società usa i nostri dati per sapere che tipo di clienti siamo. Questo nel mondo libero significa che cercheranno di venderci ciò che suppongono noi compreremmo, nel mondo non libero significa che la polizia ti sorveglia e usa le informazioni che ha contro di te, in modo non democratico e illiberale, e in generale tutto ciò che il net-deluso Evgeny Morozov ha sintetizzato in L’ingenuità della rete. Poi c’è la nostra percezione della privacy. E ci sarebbe da fare un discorso tra dati pubblici e dati privati: cosa deve esserlo, cosa no? (Se il mio indirizzo di posta è nome+cognome@, non posso pensare sia tanto anonimo). E quali dati sono veramente nostri? Le nostre interazioni su Facebook ci appartengono? Un commento online? Persino i dati parziali possono essere combinati con quelli che abbiamo disseminato tra recensioni di ristoranti e forum musicali, e ricostruire la nostra vera identità, geolocalizzare il nostro messaggio, esporci. 

Non sorprende che sia nato un mercato nero. Un deep web, o undernet. Una parte della rete non indicizzata, sotto la superficie dei messaggi, tweet, gattini, notizie c’è quella di droghe, armi e pedofilia, ma anche di informazioni sensibili (tutti i leaks nelle varie declinazioni, da Assange in giù), flirt segretissimi, operazioni militari. Il deep web sfrutta l’anonimato di servizi browser come TorBrowser per accedere alla parte nascosta e dragare il fondo fatto per lo più di hacker e cyberpunk o anarchici in fissa con teorie libertarie. Siete alla ricerca di una nuova identità? HackBB, un altro posto dove trovare compravendita di documenti falsi, conti bancari non tracciabili, carte di credito rubate. Un tizio che si fa chiamare Boneless, ha pubblicato una guida dettagliata sull’arte dello scomparire. «Ho esperienza nel campo». E di fatti l’aveva sul serio, Dailydot racconta di come ques’utente sia riuscito a derubare il database di tutte le informazioni, di bitcoin, e poi scomparire.

Ross Ulbricht, cioè colui che l’FBI sostiene sia il fondatore di Silk Road, ovvero l’eBay di droghe di ogni tipo, tra le altre cose, recensite e pubblicizzate dagli utenti, e comprate con bitcoin. Oggi Ulbricht è in una prigione di Brooklyn da quando è stato arrestato nel posto dove non ci si aspettava di trovare un trafficante: in una biblioteca. Il New York Times gli ha recentemente dedicato un lungo ritratto in cui non è chiaro se Dread Pirate Roberts, come si faceva chiamare, è più assiciabile a uno scout, un idealista o un trafficante di droga (probabilmente tutte e tre le cose). Anche de Silk Road è chiuso è molto difficile debellare la formula del mecato nero, perché si basa sull’anonimato online attraverso software. Ogni volta che l’FBI chiude un mercato nero c’è qualcuno che ne riapre un altro

Scomparire non serve però solo ai cybercriminali. Attivisti, giornalisti, businessman, militari e “gole profonde” utilizzano sistemi di crittografia per scomparire. È la mantellina di Harry Potter per le informazioni sensibili: legali e illegali. Ma la maggiorparte del tempo rimaniamo scoperti, rimaniamo sulla superficie e divulghiamo continuamente informazioni su di noi: le migliaia di telecamere di cui siamo dotati non sono usate (solo) per giornalismo investigativo o smascherare situazioni di illegalità, o per invadere la libertà altrui. No. Sono soprattutto dirette verso di noi, mentre ci fotografiamo e mentre raccontiamo dove siamo, cosa stiamo facendo e cosa pensiamo. Le cose sono cambiate dagli anni ’90 e potremmo dire che oggi internet sa anche se hai un cane

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