La differenza di reddito pro-capite esistente fra paesi Ocse e quello che è considerato da tutti come il leader tecnologico, gli Stati Uniti, può essere decomposta in due fattori. Il primo è il gap di utilizzazione della forza lavoro, ovvero la differenza esistente nel numero di ore lavorate per persona (anch’esso decomponibile nel numero di ore lavorate per lavoraore e nel tasso di occupazione). Il secondo è il gap nella produttività del lavoro, ovvero il il “prodotto medio” che scaturisce da un’ora di lavoro. Come si può notare l’Italia nel 2012 aveva un gap del Pil pro-capite pari a 36 punti percentuali rispetto agli Usa. Di questi, 9 punti derivano dal minore utilizzo del fattore lavoro, in gran parte dovuto a un tasso di occupazione bassissimo, mentre le ore lavorate per lavoratore sono al di sopra della media Ocse, mentre i restanti 27 punti sono dovuti al gap di produttività oraria. Si prenda per esempio la Francia come benchmark di paragone: il gap dei cugini transalpini è invece totalmente dovuto alle ore lavorate per persona, che sono ad un livello bassissimo, mentre la produttività oraria è di pochi punti al di sotto degli Stati Uniti. Il nostro problema è duneuq per la maggior parte dovuto alla distanza dalla frontiera teconologica efficiente. Se i salari degli italiani sono bassi in rapporto alle ore lavorate per lavoratore, come continuamente si sente dire, la responsabilità sta tutta nella scarsa produttività del lavoro.
5 Febbraio 2014