Perché una bad bank italiana è cosa buona e giusta

Forex, l’apertura del governatore Visco

Finalmente è arrivato l’imprimatur della Banca d’Italia alla creazione di una bad bank in cui conferire i crediti difficilmente esigibili degli istituti di credito del Paese. Nel consueto discorso alla 20ma assise dell’Assiom Forex, quest’anno di scena a Roma, il governatore Ignazio Visco ha espresso apprezzamento per gli interventi «quali quelli in corso presso alcune banche, volti a razionalizzare la gestione dei crediti deteriorati con la creazione di strutture dedicate in grado di aumentare l’efficienza delle procedure e la trasparenza di questi attivi». Il riferimento è alla bad bank che Intesa Sanpaolo e Unicredit, secondo indiscrezioni di stampa, sembra stiano costruendo insieme al fondo Kkr, e all’iniziativa di Mediobanca per convogliare i crediti problematici degli istituti di media dimensione. Unicredit, peraltro, ha già venduto 1,6 miliardi di crediti dubbi negli ultimi due mesi. «Interventi più ambiziosi, da valutare anche nella loro compatibilità con l’ordinamento europeo, non sono da escludere, possono consentire di liberare, a costi contenuti, risorse da utilizzare per il finanziamento dell’economia» ha poi aggiunto il numero uno di via Nazionale.

D’altronde, nel testo del discorso recitato dal successore di Mario Draghi si legge con chiarezza che, sebbene allo scorso settembre i crediti non più recuperabili (sofferenze) abbiano smesso di crescere nei conti delle banche, «il rapporto tra i crediti in sofferenza e il totale dei prestiti ha raggiunto il 9,1 per cento lo scorso dicembre, quasi 7 punti percentuali in più rispetto alla fine del 2008. Per i prestiti alle imprese, il rapporto è passato dal 3 al 13 per cento». Il loro impatto sulla profittabilità delle banche, ha spiegato ancora Visco, è tutt’altro che secondario, dal momento che le rettifiche «nei primi nove mesi del 2013 hanno assorbito tre quarti della redditività operativa». Sono proprio i tecnici di via Nazionale a stimare in circa 300 miliardi l’ammontare complessivo dei crediti deteriorati del sistema finanziario italiano. Un numero che si avvicina ai titoli di Stato in pancia agli istituti di credito, 400 miliardi. Liberare risorse da impiegare nell’economia è una necessità improrogabile, alla luce del nuovo paradigma sancito dall’Abi, la lobby delle banche italiane: si presta quanto si raccoglie da famiglie e imprese. Inutile farsi illusioni: con l’asset quality review della Bce alle porte, le banche comunitarie continuano a prestarsi i soldi con estrema fatica. (Antonio Vanuzzo)

Pubblichiamo qui di seguito una recente analisi apparsa su Linkerblog che inquadra al meglio perchè sia necessario varare velocemente una bad bank anche in Italia. All’interno dell’articolo il lettore troverà altre analisi sulle bad bank interne a cui stanno lavorando Unicredit e Intesa Sanpaolo e sul credit crunch prolungato che sta attanagliando l’economia reale e le nostre Pmi.

Vedo che con notevole ritardo sulla stampa si è animato il dibattito sull’opportunità di creare una “bad bank” italiana, che ramazzi una grossa fetta dei 150 miliardi di sofferenze accumulate negli ultimi 5 anni nei bilanci del sistema bancario nazionale. La miccia è stata un articolo del FT che svelava le intenzioni di Intesa SanPaolo (non confermate ufficialmente), a cui sono seguite le vendite di grossi portafogli NPL da parte di Unicredit e ora è diventato argomento caldo. Per quanto mi riguarda saranno almeno due anni che penso e l’ho scritto esattamente un anno fa (“Perché è arrivato il momento della bad bank italiana“). Ritenevo che si dovesse fare qualcosa simile a ciò che la Spagna ha fatto con le sue banche gravate di sofferenze alla totale indigestione e la Spagna la sua bad bank di gruppo se l’è fatta finanziare in parte dalla Unione Europea. A noi che abbiamo tentennato per anni raccontando come sono solide le nostre banche nessuno darà un euro e dovremo cavarcela con qualche soluzione nostrana (alla Cdp fischiano già le orecchie). In questi anni si sapeva che ABI stava lavorando a un progetto segreto, così segreto che non è mai uscito e Banca d’Italia storceva la bocca pubblicamente quando se ne parlava, probabilmente perché sapeva molte cose che noi non possiamo sapere.

Ma prima di arrivare a capire se e come si possa fare una discarica di sofferenze italiane – che poi sarà rivestita elegantemente da veicolo finanziario e magari si presenterà ad emettere altro debito per finanziarsele- credo che servano diversi passaggi. Uno di quelli che vi suggerisco è di cominciare a vedere se la bad bank vada bene per caso anche ai bad boys, che sarebbero le banche notoriamente in difficoltà o perché sono state decapitate al vertice e affidate dalla Banca d’Italia e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze a dei commissari, o quelle che non sono state commissariate ma sono state avvisate (sempre secondo quanto pubblicato dalla stampa) con un cartellino giallo. A partire da MPS, per seguire con Carige e ora anche le due popolari venete Veneto Banca e Popolare Marostica e Banca Etruria ad Arezzo. Come sempre si guardano fatti e numeri per capire. Prima di tutto il volume dei crediti che hanno concesso indicati nella 1a tabella.

Faccio notare che solo questi 9 cattivi ragazzi pesano per 225 miliardi su un totale di circa 1.900 miliardi di crediti all’economia (famiglie+imprese), circa il 12%. Fino al 31.12.2012 avevano già ridotto i crediti di 18 miliardi a un ritmo superiore alla media del sistema bancario. Vedremo i bilanci a fine 2013 ma aspettarsi che queste banche abbiano largheggiato nell’anno in cui sono stati anche messe sotto stretta sorveglianza è difficile. Tuttavia si vede come a Genova e a Spoleto fino al dicembre 2012 si sia marciato forte.

Uno dei motivi che considero alla base della previsione che il credit crunch prosegua anche nel 2014 è proprio che diverse banche medie e grandi devono frenare e frenare in fretta. Credo che valga anche per MPS che invece avrebbe bisogno di spingere per fare maggiore redditività, ma il rispetto dei ratios patrimoniali alla vigilia dello stress test in BCE consiglierà molta prudenza. Ora si passa a vedere cosa queste 9 banche hanno combinato sul fronte delle sofferenze e degli accantonamenti con altre due tabelle.

I bad boys avevano a fine 2012 quasi 25 miliardi di sofferenze a cui dovremmo aggiungere la fetta di TERCAS che, essendo stata commissariata, ha cessato di pubblicare il bilancio. I noti sospetti hanno imbarcato molta acqua: MPS passando dall’8% al 12,2% dei crediti alla clientela, Banca Etruria dal 6,5% al 14,6% e CARIFE ha battuto il record arrivando quasi al 30%, tre volte il 10% del 2010. Complimenti. Veneto Banca e CARIGE sembravano in acque tranquille ma già con le semestrali 2013 le loro sofferenze erano salite di molto e l’ultimo trimestre sarà stato di pulizie forzate. In media tutti insieme sono all’11% lordo. Nella pattuglia Veneto Banca è stata inserita un po’ a sorpresa e forse non merita del tutto questi compagni, ma certo se -come sembra- la Banca d’Italia ha scoperchiato sepolcri al punto di suggerire che ci sia un rafforzamento a mezzo di fusione con altri, qualcosa deve avere trovato durante l’ultima ispezione, come era successo a tutte le altre 8.

Ultimo passaggio, ma molto importante in ottica bad bank. A quale valore queste banche si portano in bilancio le sofferenze ? Sofferenze che -sono crediti cosiddetti di difficile esigibilità- lette all’incontrario sono perdite che spesso raggiungono il 70-80% anche in presenza di garanzie. Come si vede dalla tabella c’è un po’ di tutto:

– chi aveva valori elevati e li ha più o meno mantenuti (i toscani di MPS e Etruria e Marostica)

– chi ha pensato di aumentarli partendo da valori sotto media (Veneto Banca, Carige e Banca Marche) e ha dovuto continuare sotto pressione della vigilanza

A partire dal 3 dicembre 2012 il Gruppo è stato oggetto di visita ispettiva di Banca d’Italia, così come i principali Gruppi bancari italiani, ai quali è stato richiesto un rafforzamento dei presidi a fronte del deterioramento della qualità degli attivi ed un adeguamento delle rettifiche di valore, determinati dal prolungarsi dell’incertezza sull’economia e sulle prospettive di ripresa della domanda interna. (bilancio consolidato CARIGE 2012)

– infine chi si è perso per strada non riuscendo a stare dietro alla crescita delle sofferenze come Carife e Popolare Spoleto.

Ora se la soluzione Bad Bank è fatta senza troppi trucchi, per liberarsi delle sofferenze la banca deve venderle a titolo definitivo, senza elastici, a qualcuno che compra per guadagnarci recuperando più del prezzo di acquisto (molti fondi esteri stanno scaldando i motori) o per parcheggiandole in attesa di guadagni futuri. Ma se la banca vende e incassa meno della differenza tra sofferenze lorde (2a tabella) e rettifiche (3a tabella) ogni euro finisce nel conto profitti e perdite, che già sta piangendo. Quindi fate un po’ di conti ma quanti sono i compratori di sofferenze pronti a pagare 40 centesimi (o al 40%)?

Le banche per dare un valore superiore alle sofferenze fanno affidamento sulle tante garanzie ipotecarie sottostanti. Per motivi diversi ho la sensazione che prendere possesso delle prime case sulle quali gran parte dei 700.000 debitori privati in sofferenza hanno fatto il mutuo non sarà semplice. Mentre per i debitori in sofferenza dal lato imprese, tra fallimenti e concordati c’è poco da sorridere quando si va a escutere in asta fallimentare un capannone in Brianza o nel Veneto. Quindi… vedremo come andrà a finire. O torneremo in argomento.

Sempre tratto dal bilancio Carige 2012:

Sui crediti deteriorati sono contabilizzate rettifiche di valore per 1.108,4 milioni (+56,8% nei dodici mesi) che rappresentano un coverage ratio del 34,2% a fronte del 27,8% dell’anno precedente. L’incremento è in gran parte connesso al comparto immobiliare – che per il Gruppo Carige costituisce una quota significativa del credito erogato alla clientela – in quanto le garanzie immobiliari sono state valutate in misura prudenziale, applicando scarti (haircut) significativi sui valori di mercato degli immobili, già molto penalizzati nell’attuale momento congiunturale.