Se non sai come passare la serata, prova a imbucarti alla Notte degli Oscar, il due di marzo, e chissà che non te ne uscirai con una statuetta nel taschino. Dovrai fingere di esser chissachì, però, e reggere la scena come si addice alle attrici e agli attori di grido, inventarti uno stratagemma degno dei migliori sceneggiatori e scegliere il momento adatto, come solo i registi veri sanno fare. Se davvero farai tutto ciò, alla fine, la statuetta degli Academy Award la riceverai alla carriera!
LO ZIO D’AMERICA
Quando zio Oscar arrivò a Hollywoodland aveva pochi dollari in saccoccia e una voglia grande così di conquistare il mondo. Farlo sbirciando dagli schermi del cinema gli pareva un’idea gagliarda e, senza perdere troppo tempo a guardarsi intorno, si recò a passo svelto agli Studios di Burbank, dove arrivò senza nemmeno dover chiedere indicazioni. Bravo zio!
Davanti all’enorme cancello il cuore cominciò a pulsare con più ritmo, un po’ per la corsa, un po’ di più per l’emozione. Prese fiato, un po’ per la fatica, un po’ di più per alimentare la sua decisione, quindi si infilò con fare circospetto, prima un piede, poi la punta del naso, poi la testa, seguita dal resto del corpo.
«Chi sei, cosa fai, cosa vuoi?!» Lo fermò subito una guardia, una domanda dopo l’altra, senza quasi dargli il tempo di pensare a una risposta alla volta.
«Sono un attore famoso!» Esagerò lo zio, ma visto lo sguardo perplesso del tipo, pensò bene di andarci più cauto:
«Beh, sarei un attore famoso… – Si corresse – O meglio, lo sarò.»
«Quindi lei vorrebbe…» Borbottò la guardia e lo zio fece un cenno d’assenso con lo sguardo, che se lo avesse fatto un attore di quelli già famosi sarebbe finito su tutte le riviste e sui manifesti del film.
«Vorrei…» Confermò.
«Allora si metta in coda.» Concluse lui, severo, indicandogli una lunghissima fila di aspiranti attori, chi con lo sguardo da cowboy, chi da gangster, chi da latin lover, chi da qualsiasi ruolo fosse disponibile. Fu così che zio Oscar si mise disciplinatamente in fila, non prima di aver investito i suoi ultimi dollari in un gustoso hot dog con senape e ketchup.
Dopo ore d’attesa, stanco e assonnato, lo zio si accomodò su una bella sedia, di quelle pieghevoli, fatte un po’ in legno e un po’ in stoffa, con il nome scritto in stampatello dietro lo schienale.
«Cosa fai, chi sei, cosa vuoi?! – Lo svegliò subito un’altra guardia – Alzati immediatamente dalla sedia del regista!»
«Ma io sono un regista famoso! – Balzò in piedi zio Oscar – O per lo meno lo sarei. E comunque lo sarò.»
«Ah, ecco, lo saresti… – Borbottò la guardia – Allora mettiti in coda.» E gli indicò un’altra lunga fila di sconosciuti, ognuno con un grosso copione sotto il braccio, in attesa di essere ricevuto da qualche ricchissimo produttore.
Non si perse d’animo, zio Oscar, e si mise in fila. Per ingannare il tempo cominciò ad annotare questo e quello sul suo taccuino, cosa che faceva ogni volta che non sapeva cosa fare.
«Lei chi è?! – Lo interruppe una signorina con gli occhiali – Cosa vuole, cosa fa?»
«Dice a me?» Balbettò lo zio, alzando lo sguardo dai suoi scarabocchi. Ma certo che diceva a lui! E anche se così non fosse stato, ormai era con lui cha parlava e a lui che diceva, qualsiasi cosa stesse dicendo. Infatti…
«Non sarà mica un altro sceneggiatore?!» Insistette lei ma, visto il tono, lo zio fece decisamente no con la testa.
«Allora è uno stuntman, un acrobata!» E di nuovo no, ancor più deciso, perché lanciarsi dal terzo piano, cavalcare un bufalo imbizzarrito o attraversare un incendio non faceva per lui.
«Un genio degli effetti speciali! – Esclamò la tipa, che ci stava prendendo gusto e voleva indovinare a tutti i costi – Lei è un fotografo! Me lo farebbe un ritrattino?! È un truccatore! Me la dà un’aggiustatina?! Un costumista! Me lo cuce un abito da vamp?! Un musicista!…»
«No, no, no! – La interruppe in qualche modo zio Oscar, le cui orecchie stavano gridando vendetta – Non sono nulla di tutto ciò. Non lo sono, anche se lo sarei e, chissà, forse un giorno lo sarò.»
Un po’ delusa, la signorina lo sbirciò con uno sguardo sospetto attraverso gli occhiali, non sapendo se credere o no alle sue parole.
«Allora che fai, – lo sfidò – la bella statuina?!»
Non si sa come andò a finire, se i due si innamorarono e fuggirono su un’isola deserta, se vissero felici e contenti, se questo e se quello, ma una cosa l’ho scoperta: proprio da quell’anno lì, giorno più, giorno meno, in quel di Hollywood vengono premiati attrici e attori, registi e sceneggiatori, tecnici e musicisti, fotografi e scenografi, e a ognuno viene assegnata una bella statuina dorata che, a guardarla bene, un po’ allo zio Oscar ci assomiglia davvero, altroché!
Si intitola Sunrise, Aurora, il primo film a essere premiato come migliore dell’anno. Era il 1928 e il film era muto, ma di sicuro il regista tedesco Friedrich Murnau avrà strillato dalla gioia, facendosi sentire da Los Angeles a Berlino. La trama parla di un giovane contadino, di sua moglie, di un’altra donna – c’è sempre un’altra donna… – del diabolico piano per un omicidio, di un ripensamento all’ultimo minuto, di un giro in città, del ritrovato amore, di un colpo di scena, di un salvataggio insperato, di una fine inaspettata, soprattutto per l’altra donna, che non potrà che farsi da parte, lasciando che l’aurora illumini la giornata. The End.
È stato restaurato una decina di anni fa, questo film, e non dovrebbe essere difficile trovarne una copia, per farsi un giro nelle atmosfere di quel tempo e di quel cinema, tanto drammatico quanto romantico. E guai a chi sgranocchia i pop-corn.
Una delle premiazioni più divertenti della storia degli Oscar fu quella del 1999 quando, dal palco, Sophia Loren aprì la busta e decretò il nome del vincitore: Roberto Benigni, anzi, Roberto e basta, per il film La vita è bella. Lui si alzò dalla sua poltroncina, saltando qua e là, felice come un bambino. Il suo discorso di ringraziamento è un piccolo spettacolo e sentirlo parlare in inglese – beh, più o meno in inglese… – oltre a mettere buon umore fa pensare che tutto sommato aveva ragione la nonna, quando continuava a insistere di imparare le lingue. Però il Benigni-english non necessita nemmeno di traduzione!
Sull’Hollywood boulevard, al numero 6952, c’è un edificio che con il cinema ha molto a che fare: è il Chinese Theatre, unico teatro dove lo spettacolo è bellissimo dentro, ma ancor di più fuori, lungo la strada. È lì, nel piazzale antistante l’ingresso, che si trovano le famose impronte di mani e piedi degli attori più famosi, con l’autografo inciso nel cemento. Ci sono tutti i più grandi e chi non c’è sta facendo di tutto per esserci. Molti di questi blocchi autografati sono dedicati a Sid, Sidney Grauman, che fu l’inventore di questa attrazione da superstar. Per farci un giro senza prendere l’aereo clicca qui.
Brian Selznick – La straordinaria invenzione di Hugo Cabret – Mondadori
Ci sono tanti film che sono tratti da dei bei libri e c’è sempre chi preferisce l’uno, chi l’altro. Qui abbiamo un libro che, una volta tanto, è lui a contenere un film. È Un libro fantastico, dove le immagini sono quasi più delle parole, proprio come al cinema, e la storia parla di uno dei pionieri di quest’arte, Georges Méliès, senza il quale, forse, anche la nostra immaginazione non sarebbe la stessa. È un libro nel quale immergersi, bello, bellissimo, tanto che alla fine, per chiudere il cerchio, ne hanno fatto un film.
Il record dei record di statuette vinte spetta all’eroe del cinema di animazione: Walt Disney, papà di Mickey Mouse e dei paperi tutti, zio di Biancaneve, fratello degli Aristogatti, cugino di Mary Poppins, padrone di casa in tutte le Disneyland del mondo. In tutto sono ventisei premi Oscar, uno dopo l’altro, e non credo ci sarà mai qualcuno in grado di superarlo, ma non si sa mai. Va da sé che molti premi sono per la categoria del cortometraggio di animazione, con Topolino e Minnie, Pluto, Paperino, i Tre porcellini, Winnie Pooh e altri mille personaggi. Per Biancaneve ricevette addirittura una statuetta grande e sette piccine, che come idea mi pare bellissima! Altre onorificenze sono per la produzione di documentari sulla natura, dal Grand Canyon al Polo Nord. E poi ci sono quattro premi onorari, tante nomination per questo e quello e pure un Oscar alla memoria. E chi ancora pensasse che i cartoni animati nulla abbiano a che spartire con il cinema, forse è bene che ci pensi un po’ su e riveda le sue convinzioni.
È la splendida Katharine Hepburn, con le sue dodici nomination come attrice protagonista e le quattro vittorie, la donna degli Oscar. Si comincia nel lontano Trentaquattro, con La gloria del mattino, dove interpreta – guarda caso – il ruolo di un’attrice alla caccia del successo. Dovettero passare ben altri trentaquattro anni, per la consegna della seconda statuetta, per l’interpretazione nel magnifico Indovina chi viene a cena, che è un film da vedere appena si può e per chi l’ha visto è un film da rivedere quanto prima. L’anno dopo, nel Sessantanove, eccoti l’Oscar per Il leone d’inverno, con Katharine nei panni della regina Eleonora d’Aquitania. Nel 1982 eccola accanto a Henry Fonda nel film Sul lago dorato: lui Oscar come miglior attore, lei, per la quarta volta, Oscar come migliore attrice. Bravi entrambi!
Non c’è un’età migliore di un’altra, per vincere il premio Oscar, o per essere tra le nomination. Il più giovane non vincitore ma, appunto, nominato, aveva la bellezza di nove anni, anche se poi calcò le scene per tutta la vita, nei decenni a seguire. Da bimbetto, Jackie Cooper era uno delle Simpatiche canaglie, che hanno divertito per anni, con le loro trovate, tanto che fu scelto per interpretare il ruolo del ragazzino protagonista nel film Skippy, e fu proprio questo a farlo arrivare a pochi centimetri dall’Oscar. Siamo all’inizio degli anni Trenta, le immagini erano in bianco e nero, gli effetti speciali erano molto più nella storia che nella tecnica e i cinema erano sempre pieni.
Jackie fu poi protagonista di altre celebri pellicole, come Il campione, L’isola del tesoro e soprattutto nel ruolo di Perry White nei primi quattro Superman. Perché gli attori possono essere super anche senza una statuetta in bacheca, per quanto con l’Oscar anche una semplice bacheca diventi quasi un mobile interessante.
Il singolo Film che ottenne più statuette tutte in una volta fu Ben Hur, kolossal del Cinquantanove, con Charlton Heston protagonista e Billy Wyler alla regia. Tre ore e mezza di spettacolo, cinquecento tonnellate di trucco: Oscar per il miglior film dell’anno, per la miglior regia e al miglior attore protagonista; Oscar anche all’attore non protagonista, alla fotografia e alla scenografia; Oscar al montaggio, ai costumi e al sonoro; Oscar agli effetti speciali e Oscar alla colonna sonora. Pare poco? Undici statuette e agli altri le briciole.
Solo altri due film, negli anni a seguire, ottennero pari successo: Titanic, nel 1997 e Il signore degli anelli: Il ritorno del re, nel 2003, ma il primo resta Ben Hur, e quando uno è primo, tutti gli altri vengono dopo.