Come si fa una bad bank

Il confronto

Le sofferenze bancarie continuano ad aumentare e hanno superato la soglia di 160 miliardi in febbraio. Una parte importante delle sofferenze è rappresentata da prestiti fatti al settore immobiliare. In Italia si continua a discutere sull’opportunità di creare una bad bank che raccolga e liberi dagli attivi delle banche questo blocco di crediti non più esigibili e non si è ancora fatto nulla. C’è chi come Unicredit per stare tranquilla ha aumentato gli accantonamenti (vedi “E ora che Unicredit ha alzato l’asta?“), chi come Intesa SanPaolo nega di avere bisogno di una bad bank («Nessuno ha intenzione di fare una “bad bank” che diventi una scatola in cui mettere le sofferenze che vanno a morire», fonte Ansa) e poi c’è un malinconico presidente dell’Abi che pochi giorni fa ha dichiarato: «Altri Paesi hanno avuto le istituzioni che hanno fornito quattrini relativi alla bad bank per cercare di aiutare le banche. Ma noi in Italia questi regali non li abbiamo avuti» sottolineando che finora in Italia tutte le iniziative in tema di bad bank sono state promosse dai singoli istituti (fonte Reuters).

Sempre e comunque si propone il problema di ricorrere all’aiuto dello Stato, uno Stato che a malapena sta in piedi da solo, che continua a non pagare i suoi arretrati e che dovrebbe garantire di tutto e di più. Per capire meglio quale sia il rimpianto dell’Abi occorre fare riferimento al caso della Spagna che prima con la costituzione del Frob (Fondo de Restructuración Ordenado Bancaria), un’istituzione interamente pubblica, dipendente dal Ministero dell’Economia, con l’obiettivo di forzare i tempi del consolidamento del sistema bancario nazionale e poi con la creazione della vera bad bank, la Sareb, ha messo mano seriamente al problema delle sofferenze. Come? Ci viene in aiuto un valido documento pubblicato dal servizio studi della Bnl sulle esperienze europee di bad bank. Per quanto riguarda la Spagna:

– Nel luglio 2012 il governo spagnolo e la Commissione Europea sottoscrissero un MoU (Memorandum of Understanding) che aprì la strada ad un intervento dell’Esm (European Stability Mechanism) per finanziarie la completa rimozione dall’attivo delle banche spagnole  delle poste non più esigibili. A fronte di questo sostegno la Spagna si è impegnata a realizzare profonde riforme nel sistema economico e finanziario.

– L’Esm, fu autorizzato ad intervenire fino ad un massimo di €100 mld. In realtà, alla fine del 2013, quando il programma di assistenza finanziaria è stato chiuso, l’esborso effettivo è risultato rilevante ma decisamente inferiore (€41,3 mld, quasi interamente utilizzati nei mesi immediatamente successivi alla firma del MoU). L’intervento si è realizzato attraverso l’erogazione al Frob di finanziamenti a lungo termine (15 anni circa), da restituire senza interessi con rate uguali negli anni finali del prestito.

– Nei mesi centrali del 2012 venne condotto dalle autorità un approfondito esame della condizione delle principali banche ed un esercizio di stress per valutare la loro capacità di resistere ad un grave deterioramento dello scenario economico-finanziario. Sulla base delle indicazioni raccolte gli istituti vennero divisi in quattro gruppi: banche senza deficit patrimoniale (gruppo zero, comprende tutte le principali banche), istituti già nazionalizzati (gruppo 1), banche con gravi problemi patrimoniali e incapaci di farvi fronte (gruppo 2), istituti con carenze patrimoniali ma in grado di risolvere autonomamente il problema (gruppo 3, tra essi Banco Popular). Le banche inserite nei gruppi 1 e 2 rappresentano in termini di attivo poco più del 20% dell’intero sistema.

– Ad utilizzare effettivamente i fondi europei è stata la Sareb (Sociedad de Gestión de Activos procedentes de la Reestructuración Bancaria), un’istituzione con una dotazione patrimoniale di 4,8 miliardi di euro (1,2 miliardi di euro di capitale + 3,6 miliardi di euro di prestiti subordinati) versata per il 45% dal Frob e per il 55% da 27 soggetti privati. Nell’ambito di questi ultimi, due dei maggiori gruppi bancari spagnoli (Santander e Caixa) detengono quasi il 30% del capitale totale. Viceversa, il Bbva risulta assente.

Sareb è stata costituita con l’obiettivo di gestire le attività trasferitele dalle banche del gruppo 1 e 2. É una vera e propria bad bank con il mandato di ricollocare (possibilmente con profitto) le attività ricevute entro un massimo di 15 anni (novembre 2027).  Nel 2013 risultava avere in carico attività per circa €51 mld (20% immobili e 80% circa prestiti)acquisite con uno sconto del 53% rispetto al valore di carico nel bilancio della banca cedente. Il 70% dei prestiti di problematico recupero ha una garanzia; oltre i due terzi degli immobili e dei prestiti sono concentrati in 4 regioni (Madrid, Andalusia, Valenziana, Catalogna).

Per la cessione degli immobili risultano individuati tre possibili percorsi: “al dettaglio” (privati e famiglie); a investitori specializzati; a investitori istituzionali. Nel primo caso il contratto non è perfezionato da Sareb ma da un istituto che ha concordato la messa a disposizione di fondi per l’accensione di mutui (sono la maggior parte delle banche del gruppo zero). Negli altri due percorsi di vendita le cessioni hanno per oggetto interi portafogli.

Sareb ha ricevuto un sostegno europeo in due modi: con un apporto diretto di capitali (attraverso il Frob) e con lo status riconosciuto alle sue obbligazioni che le rende utilizzabili come collaterale nelle operazioni di rifinanziamento presso la Bce. I titoli emessi beneficiano della garanzia statale. Per ridurre l’esposizione al rischio finanziario Sareb ha completato una delle più importanti operazioni di interest rate swap dalla costituzione dell’euro, predeterminando così l’ammontare del periodico flusso delle cedole nei prossimi nove anni. 

Sareb sta procedendo nella sua attività di cessione: a novembre 2013 ha trasferito a Deutsche Bank due portafogli del valore di 323 milioni di euro mentre altre due cessioni per complessivi 280 milioni di euro erano state completate tra maggio e agosto. Due circostanze rendono faticosi i progressi di questo processo: a) nel mercato immobiliare permane una situazione di forte eccesso di offerta (ancora invenduti 700mila-1 milione di immobili malgrado una flessione dei prezzi rispetto al 2007 del 37% in termini nominali e del 43% in termini reali); b) concorrenza esercitata dalla contemporanea attività di alleggerimento/ricomposizione dell’attivo attuata da parte di numerose banche (anche di grande dimensione).

 https://www.youtube.com/embed/MSsxiLqhZ8o/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

Sareb è pienamente operativo, come dice il rapporto di Bnl, apre portali per la vendita online degli asset immobiliari e sta smaltendo gradualmente il problema della bolla spagnola. Cosa abbia impedito all’Italia di fare la medesima cosa negando per anni il problema delle sofferenze (vedi grafico) e della bolla immobiliare non è chiaro, ma ha tutta l’aria di essere la solita combinazione perversa di immobilismo e miopia politica, falso senso di superiorità (“noi non siamo come la Spagna”) potenziato dall’iniziale rifiuto delle principali banche di riconoscere e contabilizzare le perdite occultate nella classificazione generosa degli impieghi a rischio, nell’ansia -poi frustrata nei fatti- di potere distribuire ancora dividendi agli azionisti. E adesso possiamo pure piangere sul latte versato come fa il presidente Patuelli, ma dobbiamo riconoscere che i nostri amici spagnoli sono stati assai più furbi e previdenti di noi.

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club