Non è un retroscena, genere labirintico del giornalismo, solitamente cosparso di specchi deformanti e trabocchetti nei quali si rischia di cadere a ogni passo. Il video di Roberta Rei, trasmesso in esclusiva dal sito di Repubblica, è molto di più. È la sublimazione, l’evoluzione magica e tecnologica del retroscena e del giornalismo politico. È la modernità dell’informazione. Non c’è inchiostro e non c’è filtro, solo carne e immagini, visi e parole, le confessioni e i pensieri di una donna e d’un uomo della corte di Arcore, Mariastella Gelmini e Giovanni Toti, che descrivono la maestà in rovina del loro Sovrano, Silvio Berlusconi. E lo fanno con sguardi acquosi, invitanti alla compassione. Certi di non essere ascoltati, rivelano una realtà in cui tutto è più crudo di quanto non fosse lecito immaginare. Ed ecco la scena. Mariastella Gelmini, la mano poggiata sulla guancia, si rivolge a Giovanni Toti, il consigliere di Berlusconi, che le sta accanto sul banco di un convegno. Il tono è di fraternità pettegola, e i due, in poco più d’un sussurro, rivelano persino una crudeltà inconsapevole. «Come sta il Cavaliere, sta bene?», chiede Gelmini. E Toti fa cenno di sì, con un sorriso sottile. Allora Gelmini si abbandona a una sintesi così semplice e insieme quasi vertiginosa: «Meglio. È parcheggiato», dice, con una sorta di tenero compatimento.
Il fuorionda con Mariastella Gelmini e Giovanni Toti de La Repubblica
E sono immagini e parole che ci rendono, in una scintilla, l’interezza d’un tempo scaduto, inesorabilmente consumato. Così lui, Toti, che ha visto Berlusconi, ricoverato in ospedale per un’infiammazione al ginocchio, a quel punto offre a Gelmini qualche dettaglio. Le sue parole sono chiuse e asciutte, dal ritmo algebrico, i suoi occhi svelano una desolazione tranquilla: «Gli fa male dietro il ginocchio, non cammina», mormora. «Non ha tanta forza. Ed è angosciato dal 10 aprile». E insomma, racconta Toti, Berlusconi «è angosciato» dal giorno in cui il tribunale di Milano, il 10 aprile appunto, deciderà se l’ex presidente del Consiglio dovrà scontare la pena agli arresti domiciliari o se invece sarà affidato ai servizi sociali. Dunque Toti e Gelmini descrivono un uomo che ha trasformato il malumore nella sua bussola spirituale, nulla lo interessa se non la lotta con il suo dèmone. Per loro Berlusconi è l’uomo al crepuscolo, colui che personifica la potenza disfatta, e il sentimento che li domina è quello della solitudine e del dissolvimento. «Berlusconi non sa cosa fare con Renzi», dice Toti. «Perché ha capito che ’sto abbraccio mortale ci sta distruggendo. Ma non sa come sganciarsi». E ciò appare straziante, o consolante, a seconda dei punti vista: per Berlusconi, Renzi dispiega i suoi poteri torvi, il suo crescere a spese del declino dell’impero d’Arcore. Eppure non sa liberarsi.
E davvero questo video vale come dieci articoli di giornale sui dolori del Cavaliere e sui tormenti della corte di Arcore, pieni di favole torbide sulla vita di Berlusconi, sul cosiddetto cerchio magico, sull’influenza della fidanzata Francesca Pascale e dell’assistente Maria Rosaria Rossi. Tutti sanno che a Palazzo Grazioli, e nei corridoi di Forza Italia, si vive l’angoscia dell’incertezza. E tutti sanno che i discorsi dei cortigiani sono pieni di rimpianti per la grazia mai richiesta a Napolitano, per la baruffa con Gianfranco Fini e per quella con Angelino Alfano. Ma adesso li abbiamo visti e ascoltati. E davvero, soltanto adesso, dalla voce viva di Mariastella Gelmini e di Giovanni Toti, abbiamo appreso che Forza Italia è una gabbia di conformismo e ringhioso coraggio: gli uomini e le donne del berlusconismo se ne stanno così, come Gelmini e Toti, ligi al loro impiego di fedeltà, chiusi in un’armatura che li difenda dalla solitudine e dalla sconfitta. È la potenza di internet, ed è l’orizzonte del giornalismo, anche quello politico.
C’era una volta il retroscena di Augusto Minzolini, adesso c’è la forza e l’immediatezza di un video di pochi minuti caricato su un sito. È un genere poco praticato, per pigrizia e resistenza corporativa dei giornalisti, ma è un genere sfolgorante per capacità comunicativa. È rimasto celebre il retroscena online di Francesco Cocco, mandato sul web nell’estate del 2011 da Repubblica, un bisbiglìo da una conferenza stampa in cui Renato Brunetta parlava e sfornava cifre e Giulio Tremonti ridacchiava sotto i baffi, come a scuola, dandosi di gomito con Maurizio Sacconi («È scemo, eh?») e con alti funzionari statali dall’aplomb britannico (Vincenzo Fortunato e Mario Canzio). E c’era Tremonti che si metteva le mani tra i capelli e c’era Sacconi che, svicolando, diceva «non sto seguendo» e soprattutto c’era Brunetta che a un certo punto lo citava, Tremonti – al che Tremonti, in un climax fatale, definiva il discorso del collega «tipico intervento suicida» e poi se ne usciva con un «è proprio un cretino». E anche quello fu modernissimo giornalismo politico. Perché nelle parole, e nell’arroganza di Tremonti, in quel video, si svelavano d’un tratto la lotta interna al governo e le pretese che in quei giorni crescevano, s’ingigantivano, scavalcavano il senso delle proporzioni. E quel Tremonti rubato e registrato da Repubblica, che in Brunetta odiava l’esecutore pedissequo delle volontà di Berlusconi, non a caso sarebbe stato una pedina mobilissima nella crisi politica che qualche mese dopo avrebbe portato alla caduta del governo Berlusconi e al sorgere della meteora Monti. Anche oggi, con questo video-retroscena che imprigiona Berlusconi e la sua corte al loro vero stato d’animo, in pochi minuti è stato spiegato di più che in cento articoli di giornale su Berlusconi e Renzi, sul declino di un’epoca e la fine del ventennio.