Era il giorno di Pasqua del 1722, che quell’anno cadeva il cinque di aprile, quando un navigatore olandese, a spasso per l’Oceano Pacifico, si imbatté nella sperduta isola di Rapa Nui che, fedele al calendario, ribattezzò subito Isola di Pasqua. E chissà se mai qualche altro esploratore segnerà sulla mappa un’Isola Ferragosto o l’arcipelago di Carnevale, l’isola di Capodanno o il monte Primo Maggio? Bello, sarebbe, studiare la geografia sul calendario…
A PASQUA DOVE VUOI
Il giorno di Natale il giovane Jakob sarebbe voluto andare al mare, per correre spensierato sulla spiaggia e tuffarsi tra le onde, spruzzando qua e là. C’erano o non c’erano le vacanze?! Invece no. O meglio: sì, le vacanze c’erano già allora, ma la corsa sulla spiaggia no.
Oddio, il mare volendo non era così distante, ma un po’ troppo freddo anche per i suoi desideri di nuotatore, lassù in Olanda dove l’estate arriva più tardi del solito, se arriva, e se ne va prima di essersi divertiti troppo.
Comunque era Natale e il mare non era previsto in nessun caso. Si è mai visto Babbo Natale con le sue renne a fare sci acquatico? Si era mai visto un albero di Natale con le conchiglie appese ai rami, al posto delle palle? No, niente mare a Natale, neppure per chi è al mare, che se ne sta fuori dalla finestra, con le sue tempeste e le mareggiate sugli scogli.
«A Natale con i tuoi!» Esclamava la nonna, ogni volta che alla porta qualche parente vicino e lontano suonava il campanello. E la casa cominciava a riempirsi e ad animarsi, tanto che Jakob si affrettava sempre a mettere al sicuro le sue cose sotto al letto, per evitare che quei quasi sconosciuti gli chiedessero questo e quello, toccando ogni cosa con i loro estranei polpastrelli.
Arrivava la zia di Rotterdam, con lo zio e i loro tre figli, due alti e uno basso, due biondi e uno moro, due così e uno cosà. Benvenuti e buon Natale!
Arrivava la prozia da Utrecht, con la sua dama di compagnia quasi più anziana di lei, che per non sbagliarsi Jakob chiedeva sempre prima quale delle due fosse la nonnina cara. Benvenute e buon Natale!
Arrivavano i cugini da Eindhoven, che non si è mai capito quanti fossero, tanto erano chiassosi e disordinati: sette, otto, o forse duemila. Comunque benvenuti e buon Natale anche a voi.
Arrivava lo zio da Leida, professore di nonsoché, con gli occhiali sulla punta del naso e il cappello in bilico sulla testa. A tutti dispensava un sorriso e mezzo inchino, quindi si accomodava accanto al camino. Benvenuto e buon Natale.
Erano tutto un andirivieni, i giorni che precedevano il Natale a casa di Jakob. Anzi, un andi e basta, senza rivieni, che con quel ben di dio che c’era da mangiare a colazione, pranzo e cena, nessuno si sognava di buttar lì l’idea di tornarsene a casa, lasciando un po’ di spazio vitale ai poveri padroni di casa.
«A Natale con i tuoi!» Ripeteva la nonna, dando per scontato che quell’intera folla fosse sua, quindi dei suoi figli e dei suoi nipoti, tra i quali il povero Jakob, che non poteva che mettersi lì ad aspettare l’apertura dei regali, finalmente.
Durava quasi fino a Capodanno, il Natale a casa di Jakob, sempre con il mare là fuori e con tutti i parenti lì dentro, che se fosse stato il contrario sai che bello?!
Finché finalmente non si cominciava con i saluti, si ringraziava di tutto, ci si abbracciava, ci si prometteva questo e quello e la zia se ne tornava a Rotterdam, la prozia a Utrecht, i cugini ad Eindhoven e lo zio a Leida. E Jakob poteva tirar fuori ogni cosa da sotto il letto, che ogni pericolo era passato.
«Troviamoci anche a Pasqua!» Propose non so quale parente, pochi secondi prima di salire sul treno, causando un gelido brivido di terrore, che percorse la schiena di Jakob.
«Sì, sì…» Fece lui, accertandosi che il treno partisse davvero. Poi tornò a casa, raccattò quattro cose, acchiappò la nonna, sen e andò al porto e saltò sulla prima nave in partenza per chissà dove, incurante delle onde alte venti metri, delle balene, dei pirati e di tutto il resto.
Durò qualche mese, il viaggio di Jakob, attraverso l’Oceano Atlantico fino alle coste del Brasile, quindi giù per il continente americano fino alla Terra del Fuoco, dentro lo Stretto di Magellano e di nuovo nel mare aperto e infinito, nell’Oceano Pacifico. E più i calcoli allungavano la distanza tra la nave e i parenti rimasti in Olanda, più Jakob si congratulava per la scelta e la nonna si rasserenava.
Il mattino della domenica di Pasqua, all’orizzonte si notò inconfondibile la sagoma di un’isola e tutto intorno nulla, a parte il mare e il cielo.
«Nonna, nonnina! – Strillò Jakob, accompagnando la vecchina sul ponte – Siamo arrivati! Preparati, che si scende!»
Non pareva così convinta, la nonna, ormai abituata all’ondulare della nave. Su un’isola così piccola e dispersa probabilmente non avrebbero trovato nessuno. Chi avrebbe cucinato per loro? Chi avrebbe lavato i piatti? Con chi avrebbero chiacchierato o giocato a tresette? Chi questo e chi quello?
«Nessuno! – Esclamò Jakob, al culmine della soddisfazione – A Natale con i tuoi, cara nonna, ma a Pasqua con chi vuoi.»
«E anche dove vuoi, immagino.» Aggiunse la poveretta, e si preparò a metter piede sull’Isola di Pasqua, dove sarebbe rimasta, chissà, forse fino a Natale.
C’è chi dice che le gigantesche statue simbolo stesso dell’Isola di Pasqua, i Moai, abbiano in qualche modo a che fare con l’astronomia. Poi c’è chi dice che l’astronomia non c’entri proprio nulla. Infine c’è chi ascolta entrambe le voci, quindi saluta e si fa gli affari suoi, un po’ come gli stessi Moai, che da sempre se ne stanno lì, con la loro immutabile espressione enigmatica. Ma la posizione dell’isola, dispersa nell’Oceano Pacifico senza nulla intorno, è senz’altro uno splendido luogo dove trascorrere la notte con il naso all’insù a sbirciare le stelle, i pianeti e le galassie lontane. Se poi si ha un po’ di fortuna si rischia di osservare fenomeni a dir poco rari, come quell’undici di luglio del 2011, quando il cielo si oscurò in pieno giorno in una splendida eclissi totale di Sole.
Secondo la leggenda, in tempi antichissimi discesero sull’Isola di Pasqua degli uomini volanti, che accesero dei fuochi… Sarà vero? E questo dovrebbe essere sufficiente per farmi venir voglia di saltare su un aereo o su una nave e andare fin laggiù? Prima forse è opportuno informarsi un po’, magari guardando un breve documentario, che proprio da quella leggenda prende spunto per raccontare qualcosa su quel luogo, quel popolo e tutto ciò che ci aspetta, quando il nostro aereo atterrerà.
C’è chi per lavoro fa l’idraulico, chi l’ingegnere; chi fa la maestra, chi la dottoressa; chi fa il calciatore, chi il cameriere, poi c’è chi se ne va a spasso per il mondo e sulla carta d’identità ha probabilmente scritto viaggiatore. Ecco il lavoro che fa per me! Ci avessi pensato prima sarei partito anch’io, come Stefano, che torna a casa ogni tanto solo per cambiare la valigia e se ne riparte. E in tanto girare, anche lui è capitato un giorno sull’Isola di Pasqua e ne ha subito scritto sul suo blog, che è più di un sito internet che parla di geografia, perché è il luogo dove ci svela cosa c’è dentro il suo prezioso zaino e, soprattutto ciò che trova tutto intorno.
Judith Schalansky – Atlante delle isole remote – Bompiani
Sono tante le isole che hanno affascinato gli esploratori di ogni epoca, tanto che ormai di inesplorato resta ben poco e un po’ è un peccato, perché a volte scoprire qualcosa significa togliere un velo di magia. Allora forse basta non andarci, in questi posti e su queste isole alla fine del mondo, come fa Judith Schalansky, che di isole dove non andare mai ne ha scelte cinquanta, belle, intriganti, stracolme di fascino. Tra queste non poteva mancare l’Isola di Pasqua e sai che ti dico? Quasi quasi non ci vado nemmeno io.
Abituati come siamo a navigatori dal nome famoso, come Colombo, Magellano e Vasco de Gama, cui sono intitolate piazze e viali in tutte le città, il nome del tale Jakob Roggeveen non ci dice nulla e non ne troviamo un vicolo, nemmeno in periferia. Eppure questo signore, vissuto a cavallo tra il Seicento e il Settecento, ha avuto anche lui il suo bel ruolo, quanto a mondi inesplorati e scoperte da aggiungere alla cartina geografica e al mappamondo. Dalla sua amata Olanda ogni tanto partiva, dopo aver salutato tutti , raccomandandosi di comportarsi bene durante la sua assenza. Come quella volta che arrivò addirittura dall’altra parte del globo terracqueo, nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico, dove prese buona nota delle terre incontrate che, se sulla sua mappa non erano segnate, evidentemente le stava scoprendo in quel momento: erano Bora Bora, Maupiti e Samoa, che oggi riempiono i cataloghi delle agenzie viaggi. Tra quelle isole ci fu ovviamente anche l’Isola di Pasqua, che Jakob provò a battezzare Isola Roggeveen, ma capi subito che la Pasqua era più facile da pronunciare.
Tra i personaggi che hanno l’avventura nel destino, sull’Isola di Pasqua non poteva non arrivare anche Corto Maltese, mitico e affascinante marinaio, amato dai fumettari di ogni età. Il suo autore, Hugo Pratt, in un’intervista definiva quel luogo come l’isola dell’altrove e non è forse già questo il titolo per un romanzo o un racconto? Quel luogo diventò così il punto d’incontro ideale per l’avventura e la mano di Pratt cominciò a disegnare Corto tra gli enigmatici Moai, dando inizio anche a un dialogo immaginario e immaginifico, di quelli che ti vien voglia di tuffarti nella storia e non uscirne più.
Poteva forse mancare un bel film, ambientato sull’Isola di Pasqua? C’è, certo che c’è, e la storia si sviluppa nel periodo che precede l’arrivo degli europei, con il loro carico di occidente. Anche il titolo, quindi, parla la lingua di allora ed è Rapa Nui, nome originale dell’isola. Siamo nel 1680 e il giovane Noro, del popolo dei Lobi Lunghi, è innamorato perso della bella Ramana, che invece è parte dei Lobi Corti. Inutile dire che tra i due popoli non corre buon sangue: i primi, quelli lunghi, sono nobili e vincenti; gli altri sono schiavi. A Ramana e Noro questa differenza non importava per nulla, ma agli altri sì, come a Giulietta e Romeo dalle nostre parti e come a tante coppie nella storia del mondo e della letteratura. Ovviamente di Ramana è innamorato anche il lobo corto Make, che causerebbe meno problemi tra le tribù, ma…
Ma se ti racconto tutta la trama che gusto c’è? Procurati il film, mettiti comodo e scopri come andrà a finire, così sbircerai anche, tra una scena e l’altra, i magnifici paesaggi dell’Isola di Pasqua.
Non è molto grande, l’Isola di Pasqua, tanto che chi ci passa si ferma al massimo un paio di giorni, scatta fotografie con i Moai e se ne ritorna o prosegue il viaggio. Ma c’è dell’altro, dentro e sotto l’isola, che da fuori non si vede. C’è il cratere del vulcano maggiore e tanti altri crateri piccini e chissà se da uno di essi si arriva fino al centro della terra…? Ci sono moltissime grotte, più piccole che grandi, che l’antico popolo sfruttava come abitazione, come rifugio o come tomba. E poi c’è il mare tutto intorno e sotto il mare c’è un intero mondo da esplorare.
Ecco che Rapa Nui diventa allora un piccolo paradiso anche per gli archeologi e gli speleologi, che si fermano ben più a lungo di due giorni, lasciano che i turisti passeggino all’aperto, ignari di tutto il resto, e se ne vanno alla scoperta, alla ricerca e all’avventura. C’è chi ha trovato uno scarafaggio bianco, chi delle rocce insolite, chi resti umani, chi punte di lancia o di freccia. E secondo me c’è pure chi ha trovato qualcosa di più intrigante ancora e non lo dice a nessuno…