Portineria MilanoLa cricca “Mose” contava su Silvio. Ma poi arrivò Monti

Inchiesta

«Lì ci vuole un atto di imperio di Berlusconi!». Parlava così al telefono il 5 ottobre del 2011 Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Nuova Venezia, il «capo supremo» delle mazzette intorno a cui ruota l’inchiesta sul Mose che ha portato alla richiesta di arresto di più di 35 persone, con reati che vanno dal finanziamento illecito fino al riciclaggio, tra politici di destra e sinistra, sindaci in quota Partito Democratico come Giorgio Orsoni, manager come Roberto Meneguzzo di Palladio Finanziaria, imprenditori come l’ex numero uno della Mantovani Piergiorgio Baita o ex governatori del Pdl del calibro di Giancarlo Galan: indagati e arrestati respingono le accuse e chiedono di spiegare le loro posizioni ai pm. Mazzacurati parlava così al telefono in quell’autunno di tre anni fa, perché, come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, il governo Berlusconi (nello specifico il ministero Infrastrutture e Trasporti, ndr), insediato nel maggio del 2008, stava nominando un nuovo Magistrato dell’acque in laguna (il presidente Mav, ndr). Si trattava di una nomina «fondamentale» per il consorzio, linfa vitale per il complesso schema di tangenti, appalti e fondi neri all’estero, tra San Marino e Svizzera, messo in piedi dagli indagati secondo gli inquirenti. E questa nomina fino ad allora, per più di dieci anni, era sempre stata fatta sotto la supervisione dello stesso Mazzacurati. Questa volta rischiava di sfuggirgli di mano mettendo a repentaglio progetti e commesse lungo i canali veneziani, in particolare sul Mose.

All’inizio del 2011 infatti qualcosa va storto. Non solo perché a novembre arriverà Mario Monti a insediarsi a palazzo Chigi rendendo quindi impossibile l’aiuto dell’ex Cavaliere. A livello di governo, come si legge nelle intercettazioni, sta prendendo piede la cordata dell’allora ministro ai Trasporti Altero Matteoli spinto dall’imprenditore Erasmo Cinque della Socostramo srl (altra società di costruzione, ndr), già militante di Alleanza nazionale. Cinque, stando agli atti dell’indagine, spinge per avere come nuovo numero uno del Mav Ciriaco D’Alessio, un nome già chiacchierato a livello giudiziario: fu arrestato nel 1993 per una mazzetta di 400 milioni di vecchie lire su un appalto stradale. Per questo motivo Mazzacurati inizia a muoversi per evitare che il Magistrato delle Acque cada in mani «nemiche». Ne nasce una battaglia tutta interna al centrodestra, tra Tremonti e Gianni Letta. Baita, arrestato lo scorso anno, la spiega ai magistrati nel dettaglio 

Come funzionava il sistema Mazzacurati

Dice Baita durante l’interrogatorio del 28 maggio del 2013:

Domanda del pm: «Pagare tutti i partiti, questo atteggiamento ecumenico a destra e sinistra, lei ha bisogno di ottenere il….»
Risposta: «Di avere i soldi a monte e un ambiente favorevole a livello locale dove avviene la spesa. Questo cambia dal momento in cui il Mose entra in Legge Obiettivo, la Legge Speciale non serve più, quindi il Consorzio deve cambiare strategia e diventa fondamentale il Cipe. Il Cipe va benissimo fino a che non arriva Tremonti. Si interrompe il flusso dei finanziamenti. Qua è il guaio maggiore per il consorzio perché se il Consorzio sta fermo con quella struttura che ha i soldi che ha dato se li fa restituire tutti perché consuma».

E poi continua:

«(Il Consorzio, ndr) È una macchina che consuma un sacco di soldi all’anno, per alimentare il consorzio, spese proprie, ci vogliono 72 milioni di euro all’anno: quindi se sta fermo un giro il Cipe per i consorzianti è un guaio non da poco. Il Cipe si ferma, questa volta non riesce neanche il pellegrinaggio da Gianni Letta di Mazzacurati. Anzi, il dottor Letta dice: «Io non riesco a fare niente, anzi ci siamo scontrati in consiglio dei ministri con il ministro Tremonti che è stato anche particolarmente sgradevole, accusandomi di avere qualche interesse personale sul «Consorzio Venezia Nuova». E dice a Mazzacurati: «Dovete trovare una strada per contattare Tremonti. Mazzacurati trova la strada attraverso una società di Vicenza che si chiama «Palladio Finanziaria», il suo direttore Roberto Meneguzzo, che fissa un appuntamento tra Tremonti e Mazzacurati». 

L’intervento di Milanese e il giro delle Fiamme Gialle

Il Gip nelle carte annota che i contatti degli arrestati con palazzo Chigi, tra ministri e sottosegretari, sono del tutto privi di livello penale. Ma sono «prodromici», annotano gli inquirenti, agli incontri con Marco Milanese, ex braccio destro di Tremonti, e di Emilio Spaziante, numero due della Guardia di Finanza, generale di Corpo d’Armata, arrestato anche lui nell’inchiesta: avrebbero intascato mazzette per più di 500mila euro per venire incontro alle richieste di Mazzacurati e del Consorzio. Del resto, l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta era per il Consorzio Nuova Venezia «un riferimento molto importante». Ma sono Milanese e Spaziante, secondo gli inquirenti, anche perché entrambi ex Fiamme Gialle a dare una mano alla cricca. Il primo è quello che si adopera per sbloccare i fondi, il secondo per dare una mano nelle indagini che sono già in corso.

Per di più c’è anche una storia che ha del grottesco se non si trattasse di un’inchiesta della magistratura. A raccontarla è stata l’ex segretaria di Giancarlo Galan, Claudia Minutillo, una delle figure chiave dell’inchiesta, già arrestata nel primo filone dell’indagine, quello sulla «Mantovani», e indagata anche in quello sul Mose. «Quella volta che la Guardia di Finanza arrivò in Consorzio Venezia Nuova a fare l’ispezione – riferisce Minutillo al pm – e Neri (Luciano, uomo di fiducia di Mazzacurati, anch’egli indagato, ndr) aveva nel cassetto 500mila euro da consegnare, dissero, perché io non c’ero… Mi raccontarono “pensa che c’era Neri che aveva nel cassetto 500 mila euro da consegnare a Marco Milanese per Tremonti, e li buttò dietro l’armadio”. La Guardia di Finanza – spiega Minutillo nell’interrogatorio – sigillò l’armadio e la sera andarono a recuperarli».

I soldi a pioggia per i Magistrati delle Acque

Del resto, il Consorzio Nuova Venezia vive grazie ai finanziamenti del governo da un lato e all’aiuto a livello locale di politici, ma soprattutto di funzionari amici nella pubblica amministrazione. Secondo i magistrati che lo hanno interrogato, Mazzacurati avrebbe speso dal 1999 al 2011 quasi 4 milioni di euro per la presidenza del Mav. E avrebbe pagato prima Patrizio Cuccioletta, dal 1 ottobre 1999 al 30 giugno 2001, poi Maria Giovanna Piva, dal 26 luglio 2001 al 30 settembre 2008. E infine di nuovo Cuccioletta dal 1 ottobre 2008 al 31 ottobre 2011. Il magistrato lo spiega così a Mazzacurati:

«Ingegnere parliamo di 200 mila euro ogni sei mesi. La Piva è stata magistrato per sette anni. Cuccioletta solo quando se ne va c’è un bonifico che noi registriamo da 500. Più ci metta altri 150 due ogni sei mesi. Facciamo i conti alla fine siamo più sopra i due, verso tre o i 4. Qualunque sia la cifra non è una cifra da regalo natalizio, da panettone nè da mancia. È una cifra importante».

Risposta di Mazzacurati: 

«Noi abbiamo investito questi soldi perché la cosa funzionasse il più rapidamente possibile». Lo stesso Pio Salvioli, altro funzionario del consorzio lo conferma ai magistrati». Del resto, annota di fronte ai magistrati Pio Salvioli responsabile del Consorzio per i rapporti con le cooperative: «Il magistrato alle Acque era in subordine al Consorzio Venezia Nuova…cioè Venezia Nuova li comprava…sudditanza psicologica e anche operativa… Cioè gli comprava anche la carta igienica, è vero, non è una battuta».

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