Quando arrivano i Mondiali la mente di noi calciofili inevitabilmente si volge all’indietro a ricordare le partite delle edizioni passate, specie quelle più lontane nel tempo, quelle che erano l’occasione di vedere giocare calciatori per noi esotici che conoscevamo solo per le foto e le descrizioni sul Guerin Sportivo. Però, voltando la testa all’indietro non è che la Svizzera sia così facile da scorgere. In realtà il primo ricordo legato al Mondiale, non è una partita della Coppa del Mondo. Dopo la sbornia di Espana ’82, a dieci anni, ero impaziente di rivedere all’opera i miei eroi del Sarriá e del Bernabeu. Il 27 ottobre, a Roma, la Nazionale festeggia il titolo di campione del mondo con un’amichevole con la Svizzera. Vincono i rosso-crociati per 1-0 con gol di Elsener al 53’. Gli svizzeri avevano posto fine alla magia dell’estate ’82 e nelle qualificazioni agli Europei del 1984 vincemmo solo in casa contro Cipro.
Il calcio dei primi anni ’80 fissò in me l’archetipo della Svizzera: una squadra con giocatori dai cognomi tedeschi e francesi, con qualche italiano, di livello superiore a Lussemburgo e Malta, ma al di sotto delle più forti squadre europee, che non si qualificava mai ai Mondiali o agli Europei e con cui l’Italia giocava tantissime amichevoli. Oggi la Nazionale svizzera è all’ottavo posto del Ranking mondiale Fifa appena dietro l’Argentina e davanti l’Italia. Il settimo posto occupato a ottobre 2013 gli ha assegnato la posizione di testa di serie ai Mondiali. L’attuale decimo posto della Grecia (davanti a Inghilterra, Belgio, Cile, Olanda, Francia) lascia in ogni caso dei dubbi sul sistema di compilazione del ranking.
Le origini
La Svizzera appare all’improvviso sotto i riflettori ai Mondiali nel 1994, con la Nazionale guidata da Roy Hodgson, il 4-4-2 e Ciriaco Sforza, Alain Sutter e Chapuisat. Dal 2006 la Svizzera è costantemente presente ai Mondiali, nel 2010 ha battuto nella prima partita i futuri campioni del mondo della Spagna e oggi si presenta come testa di serie. Proprio dopo l’esperienza mondiale del 1994 la Federazione decise di impegnare sforzi e risorse per la cura dei settori giovanili imponendo ai club l’adozione di precise linee guida e formando i propri tecnici all’estero. Negli anni 2000 nacquero i centri di Formazione Federali, uno per ogni anima della Svizzera: a Tenero (Ticino), Payerne (Romandia) e Emmen (Svizzera tedesca) sul modello di quelli della Federazione francese, dove i migliori giovani tra i 14 e i 16 si allenano dal lunedì al giovedì per tornare il venerdì nei loro club di appartenenza. Nel 2009 la Svizzera ha vinto il campionato del mondo under 17 arrivando davanti la Spagna di Koke, Isco, Morata e Muniain, la Germania di ter Stegen e Mario Götze, il Brasile di Neymar, Coutinho e Casemiro.
Granit Xhaka, Ricardo Rodríguez e Haris Seferovic, tutti nati nel 1992 e tra i 23 convocati (e più che probabili titolari) della Svizzera, facevano parte di quella squadra campione del mondo. Granit Xhaka è nato a Gnjilane in Kosovo e suo fratello Taulant gioca nella Nazionale albanese; Rodríguez ha padre spagnolo e madre cilena; Seferovic, oltre a quello svizzero ha un passaporto bosniaco perché i genitori provengono da Sanski Most in Bosnia. Ben 6 dei 23 convocati sono nati al di fuori dei confini della Confederazione Elvetica e più della metà ha origini straniere: Behrami e Shaqiri kossovare, Dzemaili albanesi di Macedonia, Drmic croate e Inler turche. Dietro l’evoluzione da squadra sparring partner dell’Italia a numero otto del ranking FIFA c’è quindi il lavoro della Federazione elvetica sulla formazione dei giovani e la linfa vitale degli immigrati di seconda generazione. Programmazione e melting-pot calcistico in un Paese in cui il 23% dei residenti è straniero.