La rigidità della contrattazione collettiva

La rigidità della contrattazione collettiva

Uno dei malfunzionamenti del nostro sistema di contrattazione collettiva sta nell’estrema lentezza con cui i contratti sono rinnovati. Nel totale dell’economia –  nel periodo di acuta crisi che dura ormai dal 2008 –  in media, il 38% dei lavoratori è rimasto in attesa di un rinnovo contrattuale per una durata media della “vacanza” (ovvero del periodo senza un nuovo contratto) pari a 22 mesi.

I dati aggregati nascondono però il totale blocco della contrattazione pubblica, che dura dai primi mesi del 2010. Unicamente nel settore privato, nel periodo considerato, in media il 22% dei lavoratori è rimasto in attesa di un rinnovo per una durata media di 19 mesi. Dal 2013 in avanti addirittura si è raggiunto il picco del 55% di lavoratori senza un contratto, per una durata attorno ai 15 mesi. Ciò significa, tra le altre cose, che il prezzo del fattore lavoro riflette oggi condizioni contrattuali di quasi un anno e mezzo prima!

Com’è possibile pensare che le imprese possano aggiustare i livelli di manodopera, con prezzi relativi totalmente scollegati da shock che continuamente colpiscono le loro attività, resta un mistero. Rendere più flessibile il lavoro significa anche muoversi verso salari più corrispondenti alle attuali condizioni di mercato; l’efficienza allocativa è gravemente compromessa dalla rigidità implicita del nostro sistema di contrattazione collettiva.

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