Non è un mistero che da qualche anno a questa parte il dibattito sulle “smart cities” (città intelligenti) sia uno dei più stimolanti all’interno della comunità tecnologica mondiale. Che l’innovazione stia cambiando il modo di vivere di miliardi di persone è ormai palese, ma immaginare un futuro con agglomerati urbani intelligenti in cui innovazione e sistemi sociali sostenibili si intersecano per rendere migliore la vita dei cittadini, è un esercizio che porta con sé una buona dose di fascino e scetticismo. Il vero interrogativo su cui ruota tutta la questione è sempre lo stesso: il futuro sarà appannaggio delle città intelligenti? In realtà basta guardarsi attorno per accorgersi di come il cambiamento sia già in atto, e più che di processo futuro si può parlare di trasformazione in divenire.
In Italia, secondo i dati del rapporto iCity Rate 2014 presentati durante Smart City Exhibition 2014, Milano è considerata la città più smart, seguita da Bologna e Firenze. Il risultato scaturisce da un’analisi di 106 Comuni capoluogo in relazione a 72 indicatori statistici per poter descrivere la situazione in sei dimensioni: economy, living environment, people, mobility e governance. Il capoluogo lombardo ha conquistato lo scettro di “smart city” italiana, classificandosi prima in economy e living (in cui sono stati presi in considerazione fattori relativi alla mobilità e alla vitalità urbana), seconda nella dimensione people (con valori riferiti alla qualità del capitale umano e sociale) e terza in mobility (giudizio effettuato su accessibilità e mobilità). D’altra parte negli ultimi mesi la metropoli meneghina è stata teatro del boom di fenomeni di innovazione legati alle “smart cities” come il car sharing o le isole digitali.
Per Milano poi il futuro prossimo poi si chiama “Expo 2015”, una manifestazione in grado di trasformare la città nel contenitore in cui potrebbe prendere vita la rivoluzione delle Smart City. Proprio delle opportunità di successo legate all’eredità che lascerà Expo si è parlato qualche giorno fa in occasione del dibattito “Smart cities, tecnologia e sostenibilità. La sfida dell’Expo”. A prenderne parte, tra gli altri anche Maurizio Martina ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali; Giulio Tremonti ex ministro dell’Economia; Luigi De Vecchi presidente City Group, Luigi Gubitosi direttore generale Rai e Fabio Benasso ad di Accenture. Per tutti Expo 2015 rappresenta l’acceleratore digitale, il volano tecnologico di una trasformazione, anche culturale, che vede Milano come punto di partenza.
«La Lombardia ha l’opportunità di creare una struttura policentrica — afferma il ministro Martina — che può rappresentare il fulcro di un progetto più ampio. Stiamo parlando di un’area (quella dove si svolgerà Expo, ndr) che sarà sperimentale per tutto il Paese. Motivo per cui i progetti che verranno realizzati dopo dovranno essere frutto di pensieri ambiziosi, e per adesso si sente parlare solo di uno stadio per il post Expo». C’è poi chi come Luigi De Vecchi si concentra sulle potenzialità e sulle capacità di attrarre occupazione da parte delle smart cities: «per creare occupazione una smart city deve attrarre sia le multinazionali che i giovani. Ecco perché a mio parere, per poter fare tutto ciò, una città intelligente deve essere il contenitore di università di alto livello, dove si creano eccellenze, si insegni in inglese e si possa discutere di globalizzazione. Prima di tutto però ci devono essere delle istituzioni che investono in innovazione».
In uno scenario in cui la maggior parte degli utenti possono essere considerati prosumers (produttori e consumatori allo stesso tempo), «la vera sfida è quella di integrare tecnologia e infrastrutture adatte. Se puntiamo alle cosiddette reti intelligenti — sostiene Matteo Codazzi amministratore delegato di Cesi— potremmo anche pensare un giorno a ricaricare la nostra auto con un caricabatterie alimentato da un pannello fotovoltaico».
Nell’era della crescita smisurata dei social media, in grado di produrre una mole enorme di dati (i famosi big data) sembra che Expo, con i suoi servizi integrati e le sue infrastrutture possa rappresentare un vero e proprio laboratorio di innovazione unico nel suo genere. Per questo è necessario già da ora, a quasi un anno dalla fine di Expo, pensare in maniera strutturata ad una strategia di crescita da mettere in moto al termine di un evento di portata mondiale.