«A voi piace un mondo così? A me fa cagare un mondo così»
— L’illuminato parere di Mario Adinolfi, alla Zanzara
Nel 2004 la Federal Communication Commission, vale a dire l’organo di controllo per le emittenti radiotelevisive statunitensi, ha comminato una multa di quasi cinquecentomila dollari a Clear Channel Radio, la compagnia che aveva garantito la diffusione dell’Howard Stern Show dal 1985 sulle radio di tutto il Paese, dichiarandone sostanzialmente la chiusura. Howard Stern, dopo vent’anni di esagerazioni, prese in giro, minacce, passeggiate in bilico sul limite del buongusto, veniva messo a tacere. Il suo programma aveva toccato tutti i temi, scandalizzato tutti i palati per il solo gusto di sollevare la polemica: nel 1999, all’indomani del massacro alla Columbine High School, Stern si era speso per elogiare «le ragazze maledettamente carine che scappano tenendosi le mani sulla testa». Si era chiesto se i killer avessero provato a violentarle, già che si trovavano lì. «Visto che il tuo piano è quello di uccidere tutta quella gente e poi di spararti un colpo in testa, già che ci sei scopa. Se dovessi uccidere qualcuno, comincerei stordendolo col sesso». Prima c’erano stati i travestiti, le prostitute, le telefonate di insulti alle radio cristiane, i riferimenti razziali ai testimonial di un noto preparato per pancake, il linguaggio volgare. Tutto ciò che per il buoncostume non si potrebbe fare in radio, coronato dalla massima onoreficenza possibile: la cessazione del programma.
Nel 2014 Giuseppe Cruciani ha portato negli studi di Radio 24 Efe Bal, nota prostituta transessuale attivamente impegnata per la regolamentazione della professione, sapendo che avrebbe provato a dare scandalo, si sarebbe spogliata, lo avrebbe provocato con avances esplicite e linguaggio spinto, magari lo avrebbe toccato in diretta Webcam. Non è la Columbine, è vero, ma l’Italia non è l’America e gli italiani sanno prendersela per molto meno. Così il Paese, per l’ennesima volta si è indignato. Si sono offesi i tassisti, i camionisti, i veneti alcolisti e quelli astemi, i politici di destra, naturalmente, quelli di sinistra hanno mantenuto il loro contenuto silenzio valutativo, sospeso tra la democrazia e lo scandalo. I cattolici, gli anti-clericali, almeno un ebreo. I colleghi hanno diffuso e amplificato, criticato e segretamente invidiato l’anti rivoluzionario che di nuovo spostava l’asticella del pudore un po’ più in là, riportandoli tutti in gioco. In un articolo del 2012 Francesco Caldarola scriveva su Studio che «alla Zanzara è show tutto, è show sempre», ed è questa la natura del programma, la natura di Cruciani: il fiuto innato e indiscriminato per lo spettacolo.
Chi è abituato a scrivere sul Web, sa che una delle cose più terrorizzanti e al contempo eccitanti sono i commenti dei lettori. I lettori: quella massa informe composta da correnti di pensiero diverso, vario e quasi sempre grossolano, che si manifestano in opinioni esageratamente articolate o ipersintetiche ma che in nessun caso centrano il punto al primo tentativo. Cruciani conosce bene i lettori — nel suo caso chiamati “ascoltatori” — e li trasforma in spettacolo, ne fa un “esercito”. In uno dei primi profili della Zanzara, sulle pagine del Foglio di qualche anno fa, Marianna Rizzini si domandava se si trattasse di un talk-show politico o di un programma di intrattenimento. Lei arrivava a una conclusione diversa, ma per me non ci sono dubbi: La Zanzara è il miglior programma di intrattenimento che abbia offerto la radio italiana da dieci anni a questa parte.
Cruciani non è Rush Limbaugh , il commentatore politico statunitense simbolo dell’ala conservatrice, ma Howard Stern. La scheggia impazzita in grado di impartirsi un metodo abbastanza serrato da arrivare a gestire il peggio dell’opinione pubblica che il Paese reale ha da offrire. Modella e controlla, imposta e giudica, tiene al guinzaglio le masse imbufalite e gli opinionisti da strada. Quando si accorge che l’opinione pubblica è sul punto di esplodere, quando la sente tremare abbastanza attorno a un argomento o a un avvenimento le dà uno sfogo, la incanala e la fa passare dal suo microfono. La comanda, la riveste e la impartisce ad altri ascoltatori che potenzialmente diventeranno materiale per rincarare la dose.
Susy il travestito è la Misty che Stern aveva mandato a provocare un predicatore cristiano, Efe Bal è Elegant Elliot Offen , arrestato per aver indossato nient’altro che un tanga nella lobby di un hotel di Miami. David Parenzo fa da solo per tutto il Wack Pack , l’enseble di imitatori, esperti più o meno credibili e soubrette prosperose che facevano da contorno a Stern nei suoi anni ruggenti. E poi c’è la politica: la più grande fonte di intrattenimento che abbiamo in Italia. Cruciani conosce il baraccone e sa scegliere gli elementi peggiori per parlare la lingua degli ascoltatori, gli stessi che poi telefonano scandalizzati. Il gioco è quello di strappare una sola frase per montare uno scandalo, lo sanno bene i titolisti che ogni giorno pregano gli dèi della radio che San Giuseppe gliela mandi buona. Cruciani studia, osserva e rielabora. Sa chi chiamare, quando e perché, e sa prevedere chi interverrà spontaneamente. In dieci anni di programma ha imparato una sorta di moderato antagonismo, che quando esce dalla sua bocca ha l’aria di un assalto all’arma bianca. Ma è tutto calcolato, tutto spettacolo equilibrato e dedicato con tutto il cuore alle masse.
La Zanzara è un bene prezioso, non soltanto perché fa da valvola di sfogo per le fazioni estremiste, che finiscono sempre per sentirsi lusingate più che prese per i fondelli, ma perché garantisce, con il suo non darsi barriere, un approfondimento reale. Dà voce a un popolo di moralisti che muore dalla voglia di disfarsi della morale e li tiene lontani dalle piazze, fornendogli l’etere per pochi minuti, di solito interrotti bruscamente. Nel bel mezzo del delirio veneto indipendentista, quando sulle pagine dei giornali si sprecavano le analisi illuminate e unidirezionali, Cruciani si scagliava contro gli uomini in piazza, lasciandoli parlare qual tanto che bastava per delinearne senza ombra di dubbio il vuoto ideologico. All’elezione del presidente Sergio Mattarella è stato tra i primi a elencarne con perizia le mancanze, mentre tutti ne elogiavano i meriti. Scontato, forse. Atteso perfino, ma dovuto, se non altro per permettere a chi aspettava un segnale di partire con la sassaiola e poi rimettere tutto in ordine. È come se desse il “La” all’intera orchestra per poi trovare il gusto di dirigere un singolo strumento alla volta.
Una delle critiche più ridondanti che il programma ha subito è di essere superficiale — ignoro consapevolmente l’accusa di volgarità, che ovviamente non ha alcun senso. È l’esatto contrario: scava nel profondo delle questioni “alte” fino a raggiungere il livello del popolo. Non c’è tribuna politica che sia in grado di portarsi così vicino al sentimento pubblico e non c’è uomo politico che parli così apertamente come chi interviene alla Zanzara. Cruciani compie un’opera pasquinesca mettendo assieme tutti gli eccessi di cui è capace e impilando le argomentazioni di tutte le parti con una diligenza e un ordine rari per chi si trova nella sua posizione. Sembra un ribelle, perché fa quello che non si dovrebbe stando al buongusto, ma è l’esatto contrario: un riordinatore. Dal grande caos delle voci in subbuglio che è il panorama politico e sociale italiano, sa ricavare lo spettacolo, dal quale alla fine emerge la sincerità di un Paese che non è in grado di dire come stanno le cose se non al livello più basso della piramide dell’informazione. Quello dei bar e dei commenti ai giornali locali, e «La Zanzara è il più grande bar d’Italia», come recita uno dei tormentoni del programma.
Uno dei grandi pregi dei primi cinepanettoni — in un’epoca in cui non si chiamavano ancora così — era quello di prendere di mira un’umanità con la tendenza a sopravvalutarsi. Il pubblico rideva di sé e della propria cafonaggine, vedendosi riflesso nello schermo. Cruciani con La Zanzara fa la stessa cosa: mette sotto il naso del popolo bue l’evidenza dei propri limiti e loro non fanno che chiederne di più. Più volgarità, più provocazione, più spettacolo, più verità. Quando eccederà veramente non sarà per aver sfidato il comune pudore, ma per non trovare più niente da dire. E allora, come succede in questi casi, sarà meglio passare oltre.