Come già era avvenuto per le critiche mosse da papa Francesco ai meccanismi speculativi della finanza globale, anche l’attesa enciclica sul clima nella quale troverà spazio l’allarme per il cambiamento climatico in atto, ha aperto un ampio dibattito a livello internazionale. In particolare l’attenzione dei media e degli esperti è stata alta negli States, nel mondo anglosassone in generale, in America Latina; lo stesso non si può dire sia avvenuto nel nostro Paese dove l’opinione pubblica sembra fare sempre più fatica a misurarsi con i temi della governace mondiale dell’economia, dell’ambiente, delle migrazioni, della rivoluzione tecnologica. Al contrario l’accendersi della discussione intorno al “climate change” proprio in ragione delle iniziative prese dalla Santa Sede nei giorni scorsi, ha avuto risalto su testate come “Scientific American”, il “New York Times”, la “Bbc”, “The Guardian”. E se numerosi sono stati i commenti a sostengo della linea ambientalista promossa dal papa, non mancano i critici; fra questi si è fatta sentire la voce di Joe Bast, presidente dell’Heartland Institute, organizzazione lobbistica vicina all’industria petrolifera, sostenitrice in campo economico e sociale di una linea liberista anti-welfare.
Bast ha detto che il Papa si è lasciato influenzare, sbagliando, dagli esperti delle Nazioni Unite fautori della pericolosità crescete del cambiamento climatico e delle responsabilità antropiche nella progressione del fenomeno, mentre non ci sarebbero prove scientifiche sufficienti per affermarlo. È la linea classica di quanti si oppongono all’adozione di politiche di regolamentazione del consumo di energie tradizionali, tuttavia se sono diversi i think tank orientati in questo senso, il grosso della comunità scientifica a livello mondiale è ormai concorde nel riconoscere l’influenza del cambiamento climatico sula vita Pianeta, diverse sono poi le ricette proposte per rallentarlo.
A settembre il papa parlerà alle Nazioni Unite e tre mesi dopo, si terrà la conferenza di Parigi alla quale pure la Santa Sede prenderà parte e dove, presumibilmente, giocherà un ruolo anche sul piano diplomatico
L’attacco di Bast all’Onu oltre che al papa d’altro canto non è casuale: il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon è stato infatti in Vaticano nei giorni scorsi proprio per incontrare il pontefice e discutere dei temi legati all’ambiente e per prendere parte a un meeting internazionale organizzato dalla Pontificie accademie delle scienze e delle scienze sociali proprio dal titolo: “Proteggere la Terra nobilitare l’umanità” il cui focus era dedicato appunto al problema del cambiamento climatico e alle sue conseguenze sulla vita di intere popolazioni. Nell’occasione leader religiosi cristiani e di altri fedi una volta tanto insieme a un ampio arco di scienziati, si sono ritrovati oltre le mura leonine per mettere a punto un’offensiva contro il “climate change”. L’obiettivo d’altro canto non potrebbe essere più concreto: nel mese di dicembre si terrà infatti a Parigi la conferenza mondiale sul clima, appuntamento decisivo per affermare nuovi standard globali nel controllo delle emissioni di gas e tentare di raggiungere un accordo per rallentare il riscaldamento del Pianeta.
È stato lo stesso Ban Ki Moon ad annunciare, dopo un colloquio di circa mezz’ora con papa Francesco lo scorso 28 aprile, che l’enciclica sull’ambiente di Bergoglio sarebbe uscita a giugno, cioè fra poco più di un mese. E la tempistica non è casuale. A settembre il papa parlerà alle Nazioni Unite, quindi, tre mesi dopo, si terrà appunto la conferenza di Parigi alla quale pure la Santa Sede prenderà parte e dove, presumibilmente, giocherà un ruolo anche sul piano diplomatico. Così l’enciclica di Bergoglio interverrà nel cuore di questo percorso contribuendo a un dibattito che si sta facendo via via più serrato. La speranza di una parte consistente della comunità scientifica come del Segretario generale dell’Onu, è che l’autorevolezza guadagnata da papa Francesco a livello internazionale, possa in qualche modo pesare nell’indirizzare la discussione verso un accordo concreto.
La lobby ambientalista ha trovato in Vaticano la sua centrale operativa, sotto la guida del vescovo argentino Marcelo Sanchez Sorondo, Cancelliere delle accademie pontificie
La lobby ambientalista ha dunque trovato in Vaticano la sua centrale operativa, sotto la guida del vescovo argentino Marcelo Sanchez Sorondo, Cancelliere delle accademie pontificie, accademico, studioso di filosofia e di questioni legati alla globalizzazione; della presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, la sociologa Margaret Archer e del cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente di Caritas internationalis nonché coordinatore del C9, il gruppo di cardinali che aiuta il papa nel governo della Chiesa universale. Ma con loro c’è un ampio blocco di scienziati, alti prelati, esperti di economia e sviluppo sostenibile come Jeffrey Sachs, direttore dell’Earth Institute della Columbia University e consigliere di Ban Ki Moon sulla materia. Al meeting svoltosi in Vaticano e dedicato alla salvaguardia del Pianeta, era presente – unico capo di Stato – Rafael Corea, presidente dell’Ecuador, uno di Paesi virtuosi sotto il profilo della tutela ambientale, guidato da un governo che ha fatto proprie almeno in parte le ragioni de movimenti campesinos.
L’incontro si è poi concluso con una serie di raccomandazioni concrete, dalla richiesta di riduzione di emissioni di biossido di carbonio, lo sviluppo delle energie rinnovabili, lo stop alla deforestazione, al tutela della biodiversità, l’allarme per le catastrofi ambientali che producono povertà, crisi economiche in Paesi e poveri, migrazioni. L’enciclica, invece, secondo quanto ha riferito lo stesso Sanchez sorondo avrà carattere “pastorale”, non entrerà insomma nel dettaglio delle soluzioni tecniche o scientifiche ma parlerà di un nuovo rapporto con le risorse della Terra, con il Creato, affronterà poi il problema dell’emarginazione cui sono sottoposte porzioni crescenti di umanità escluse dallo sviluppo e vittime di uno sfruttamento incontrollato dell’ambiente. Ma non è infine escluso che il papa decida nella sua prima enciclica di prendere di petto anche i nodi più controversi e discussi, anche sotto il profilo politico, del cambiamento climatico.