Non ci sarà il rientro di grandi capitali e non sapremo tutta la verità sullo scandalo del Banco Ambrosiano. L’intesa fiscale sottoscritta fra Italia e Santa Sede il primo aprile scorso, non è la madre di tutti gli accordi e non rappresenta l’apertura degli archivi dello Ior. Costituisce tuttavia un punto d’arrivo importante, e per certi versi di svolta, nelle relazioni fra le due sponde del Tevere: cade infatti definitivamente il segreto bancario in materia fiscale. Da notare che la Convenzione è stata firmata nel momento in cui nessuna delle istituzioni finanziarie vecchie e nuove del Vaticano è sotto la guida di un italiano. Il che non significa che la Segreteria di Stato del cardinale Pietro Parolin non abbia svolto un ruolo importante nel negoziato, è però il segno che qualcosa di profondo è cambiato in questi ultimi due anni.
Sarà interessante vedere se alcune delle inchieste di questi ultimi anni che toccano fondi e conti dello Ior saranno oggetto di richiesta da parte italiana
Andiamo con ordine: l’accordo, firmato dal ministro dell’economia Pier Carlo Padoan e dal Segretario per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Gallagher, è importante per due ragioni: la prima è che facilita e rende immediato lo scambio di informazioni fiscali a partire dal 2009, principio che viene esteso anche a possibile indagini giudiziarie sempre nell’ambito tributario. Sarà interessante vedere se alcune delle inchieste di questi ultimi anni che toccano fondi e conti dello Ior appartenenti per esempio alla cosiddetta “cricca” dei grandi eventi (quella di Angelo Balducci, don Evaldo Biasini, il famoso “don bancomat” e dell’imprenditore Diego Anemone), saranno oggetto di richiesta da parte italiana. Si tratta ovviamente di posizioni chiuse da tempo. Tuttavia, negli archivi della banca vaticana dovrebbe essere rimasta traccia di questi passaggi.
Sotto questo profilo bisogna considerare che a partire dal 2010 la Santa Sede ha intrapreso – sotto la pressione di istituzioni internazionali – un percorso di adeguamento agli standard internazionali in materia di trasparenza, contrasto al riciclaggio di denaro sporco e finanziamento al terrorismo, che da una parte ha reso possibile l’accordo raggiunto con l’Italia, dall’altra ha innescato un processo di fuga dallo Ior di tutti i soggetti a rischio. Questo processo è stato poi portato a termine dalla nuova governance dell’Istituto a partire dal 2013 sotto il pontificato di Bergoglio che ha cancellato dallo Ior la clientela giudicata non compatibile con il nuovo corso dell’istituto.
La nuova stagione di collaborazione fra autorità italiane e vaticane inaugurata dalla convenzione è stata commentata così dal “ministro degli esteri vaticano” Gallagher, sull’Osservatore romano: «La parte forse più rilevante della convenzione consiste poi nell’accordo relativo allo scambio di informazioni su richiesta ai fini fiscali. Con tale accordo si stabilisce che la Santa Sede comunicherà allo Stato italiano le “informazioni verosimilmente rilevanti… per l’amministrazione o l’applicazione del diritto interno relativo alle imposte di qualsiasi natura o denominazione…”, senza possibilità di opporre in senso contrario alcun vincolo di segreto in materia finanziaria». Insomma un passo avanti come ha detto il ministro Padoan, e forse la fine – per il futuro – della stagione dei segreti.
L’altro aspetto rilevante dell’intesa riguarda la tassazione delle rendite finanziarie. Fra gli obiettivi dell’accordo, il Ministero dell’Economia indica quello di «semplificare in futuro gli adempimenti fiscali per alcune categorie di contribuenti italiani che detengono attività finanziarie presso enti e istituzioni finanziarie della Santa Sede». «La Convenzione – conferma da parte sua il Vaticano – a partire dalla data di entrata in vigore, consentirà il pieno adempimento, con modalità semplificate, degli obblighi fiscali relativi alle attività finanziarie detenute presso enti che svolgono attività finanziaria nella Santa Sede da alcune persone fisiche e giuridiche fiscalmente residenti in Italia. Gli stessi soggetti potranno accedere ad una procedura di regolarizzazione delle stesse attività». Ma di chi si tratta? Nel testo sono indicate tre categorie: i dipendenti del Vaticano, i sacerdoti e le società di vita apostolica e gli enti ecclesiastici con personalità giuridica. E qui la cosa si fa interessante.
L’Italia ospita una miriade di strutture e di beni immobili appartenenti a enti religiosi, congregazioni, ordini. Molti di questi hanno depositi allo Ior pur producendo reddito in Italia.
L’Italia infatti ospita una miriade di strutture e di beni immobili appartenenti a enti religiosi, congregazioni, ordini. Molti di questi hanno depositi allo Ior pur producendo reddito in Italia. È questo, del resto, uno dei nodi classici del contenzioso fiscale fra il Vaticano e il nostro Paese. In questo senso dovrebbe finire la lunga stagione dei privilegi ecclesiastici in materia fiscale; d’altro canto lo stesso Ior già da qualche tempo chiede ai propri correntisti a pagare le tasse nel proprio Paese di residenza.
L’intesa appena firmata inoltre non è un episodio isolato, bensì è frutto di un percorso con importanti precedenti. Il 26 luglio del 2013, infatti, l’Uif, (l’Unità d’informazione della Banca d’Italia), e l’Aif (L’Autorità d’informazione finanziaria del Vaticano), avevano già firmato un protocollo d’intesa per il contrasto al riciclaggio e il finanziamento al terrorismo, anche in quel caso l’accordo prevedeva lo scambio d’informazioni su eventuali operazioni sospette. L’accordo appena sottoscritto fra Italia e Santa Sede, poi, comporta dei vantaggi indiretti anche per il Vaticano. Si consideri che dal 2010 la Banca d’Italia aveva intimato all’intero sistema bancario italiano di trattare lo Ior come l’istituto finanziario di uno Stato non in linea con gli standard internazionali sul riciclaggio di denaro sporco. Il che ha di fatto bloccato, da allora, l’operatività dello Ior con gli istituiti di credito italiano; un danno non da poco. Ora la progressiva normalizzazione finanziaria fra le due sponde del Tevere, agevolata dall’opera di riforma portata avanti con decisione dal papa e dai suoi collaboratori, consentirà al Vaticano di riprendere a trattare con le banche italiane.
Da ultimo vale la pena ricordare che l’intesa firmata da Padoan e Gallagher arriva quando la finanza vaticana non è più in mani italiane, la deitalianizzazione della Curia vaticana è infatti un elemento chiave della riforma bergogliana. La nuova Segreteria per l’Economia è guidato dal cardinale australiano George Pell, il Consiglio per l’Economia che determina politiche di indirizzo e di bilancio, dal cardinale tedesco Reinhard Marx; alla guida dell’Aif, c’è René Bruelhart, avvocato svizzero esperto di antiriciclaggio, la presidenza dello Ior è stata affidata al francese Jean-Baptiste de Franssu, la commissione cardinalizia di vigilanza è invece presieduta dal porporato spagnolo Santos Abril y Castellò. Insomma, sono sempre più lontani i tempi in cui la gli affari della Chiesa erano affari italiani.