Siamo ancora la repubblica dei fax. Sono passati tre anni dalla creazione dell’Agenzia per l’Italia digitale e una dozzina dal Cnipa, che era il suo predecessore, ma i progressi sul fronte dell’e-government non si vedono. A darne una conferma, dati alla mano, è stato l’ufficio studi di Confartigianato, partendo da dati Eurostat riferiti al 2014: siamo al terz’ultimo posto nell’Europa a 28 Stati per percentuale di popolazione che usa Internet per interagire con la pubblica amministrazione. Ci fermiamo al 36% e peggio di noi fanno solo la Bulgaria e la Romania. La media europea sfiora il 60% e i Paesi scandinavi il 90 per cento.
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Se poi si va a vedere quanti siano riusciti a fare il passo successivo, mandare un modulo compilato alla Pa, si scende al 18% di chi usa Internet. Anche in queto caso siamo al quart’ultimo posto, ben dietro i Paesi dell’Europa centrale e settentrionale, ma dietro anche molti Paesi dell’Est.
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Per completare il quadro, basti dire che nel nostro Paese c’è ancora un terzo delle persone che non ha mai usato Internet, contro una media Ue del 18% (e gli scandinavi attorno al 5%). Il divario reale è insomma ancora maggiore.
Sono gli italiani a non sapere usare il Web, dunque? Fino a un certo punto, perché oltre il 46% di chi ha più di 25 anni in Italia e usa Internet, utilizza un servizio di home banking. Poco meno del 60%, nella stessa fascia di età, cerca sul web informazioni sui prodotti e i servizi da comprare.
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Liberarsi dal fax è però una pratica impossibile per quanti stanno provando a ottenere dall’Inps il Pin per poter compilare il 730 precompilato online
Il problema è insomma la qualità dei servizi della pubblica amministrazione online. A dirlo è stato lo stesso Stefano Quintarelli, deputato di Scelta Civica e dal 10 luglio 2014 nominato Presidente del Comitato di Indirizzo dell’Agenzia per l’Italia digitale dal Consiglio dei Ministri. Svolgere le proprie attività «via internet con la Pa o le aziende, non è semplice – ha dichiarato lo scorso 11 maggio all’Adnkronos -, eppure le regole che danno diritto ai cittadini di procedere con la Pec esistono e sono tante». Le regole, ha aggiunto, «ci sono ma non sono pubblicate, manca cioè un repertorio dei diritti on line che chiarisca ai cittadini come possono agire nel loro pieno diritto» e «molti cittadini italiani non utilizzano il web e riportano questo gap culturale anche negli uffici in cui lavorano. Insomma è un gatto che si morde la coda».
Quintarelli ha raccontato anche esperienze personali. «Avevo ricevuto una cartella non corretta – ha detto all’agenzia di informazione – ed ho risolto rapidamente con l’Inps la pratica per via telematica, volevo invece disdire un abbonamento via internet, usando la Pec, ma l’impiegato insisteva che dovevo mandare un fax. Alla fine l’ho vinta io, ma non tutti i cittadini hanno le dovute informazioni».
Il 31% dei cittadini che hanno usato Internet nell’ultimo anno per interagire con la Pa è insoddisfatto
Liberarsi dal fax è però una pratica impossibile per quanti in questi giorni stanno provando a ottenere dall’Inps il Pin per poter compilare il 730 precompilato online. Così come la pratica quotidiana di chi ha a che fare con i servizi online delle Asl è tutt’altro che semplice. A ricordarlo è stato Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori. «Sebbene teoricamente possibile, è complicato ottenere la tessera sanitaria via web perché sul sito dell’Agenzia delle Entrate il sistema troppe volte si blocca e, alla fine, bisogna comunque rivolgersi alla Asl», ha dichiarato.
Non sono i soli a pensarla così: secondo Confartigianato il 31% dei cittadini che hanno usato Internet nell’ultimo anno per interagire con la Pa è insoddisfatto, in relazione a quattro aspetti: la facilità di trovare informazioni; l’utilità delle informazioni disponibili; la disponibilità di informazioni sullo stato di avanzamento della pratica; e la facilità di utilizzo dei servizi disponibili sul sito.
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Come i cittadini, anche le imprese sono indietro nell’interazione online con la Pa, con un divario di 16 punti rispetto alla media Ue se si parla dell’invio di moduli compilati e di 33 punti nel caso della dichiarazione dell’Iva e dei contributi sociali solo in via elettronica.
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Anche in questo caso, la Presidenza del Consiglio dei ministri sembra avere chiari i problemi. «I servizi di e-gov sono poco usabili e insoddisfacenti», si legge in un report di Palazzo Chigi. Secondo lo studio le imprese evidenziano, tra le criticità dei servizi della Pa, nel 26% dei casi la necessità di andare negli uffici, nel 18% difficoltà tecniche e nel 10% timori per la sicurezza del processo. Sono tutti extra-costi e non sono pochi. Secondo Confartigianato «il costo per oneri amministrativi per le Pmi, misurato su 93 procedure ad alto impatto in nove aree di regolazione, ammonta a 30.980 milioni di euro».