Se non fossimo assolutamente certi che una storia editoriale come quella che ha caratterizzato la “vita” del vampiro Pietro Battaglia sia veramente impossibile da creare a tavolino, sarebbe difficile pensare che la sua storia di morti e rinascite non sia stata scritta dal suo creatore, lo sceneggiatore romano Roberto Recchioni.
Eppure, ci assicurano, è tutto vero. Nato per la prima volta a metà degli anni Novanta come parte di un set di supereroi vampiri, Battaglia ha avuto nel corso degli anni quattro vite fatte e finite, più una quinta, che inizia proprio ora, con il ritorno in edicola di una miniserie di 4 episodi in “formato Diabolik”, pubblicata da Editoriale Cosmo.
Pietro Battaglia è un vampiro che si aggira per la storia italiana — da Caporetto ai giorni nostri — mettendo in campo una cattiveria fuori dal comune
Ma partiamo dal principio. Pietro Battaglia è qualcosa di molto simile a un vampiro, un non morto che si aggira per la storia italiana — da Caporetto ai giorni nostri — mettendo in campo una cattiveria veramente fuori dal comune e resistendo indomito, anche nella “realtà” della vita editoriale, riuscendo a rinascere dalle proprie ceneri ogni volta che cercavano di seppellirlo. Nel suo blog Dalla parte di Asso, Recchioni mette in fila le prime 4 vite di Battaglia partendo proprio da lì, dall’autunno del 1994, da un progetto di serie basata sulle avventure di un gruppo di supereroi vampiri:
Pietro Battaglia è un personaggio nato esattamente venti anni fa in via della Marranella, dove io e un gruppo di amici e aspiranti fumettisti ci ritrovavamo per progettare la nostra prima serie: Dark Side, che sarebbe uscita nelle edicola di tutta Italia a ottobre.
La prima vita di Battaglia dura poco, perché Dark Side resta in edicola per pochi mesi, solo tre, prima del fallimento (o della fuga) dell’editore. Ma pur essendo un “fumetto concepito da un ragazzetto borioso” — a detta dello stesso Recchioni — Dark Side aveva almeno due pregi: il primo, quello più banale, che fu l’atto di nascita di un personaggio come Battaglia, che avrebbe fatto, a suo modo, strada; il secondo che a disegnare le sue strambe avventure c’era una mano che, anch’essa, avrebbe fatto strada, quella di Leomacs, nome di matita di Massimiliano Leonardo, in Bonelli dall’inizio degli anni 2000, tra gli altri, per Nick Raiders, Tex e Magico Vento.
La sua seconda vita, ancora disegnata da Leomacs, Pietro Battaglia, la vive qualche tempo dopo, all’epoca di Factory, progetto indipendente di Recchioni e altri:
La mini serie si intitola Vota Antonio, è pubblicata in quattro albi a colori, ed è uno strano connubio tra Yojimbo, Per Un Pugno Di Dollari e Don Camillo. Leomacs la disegna in maniera magistrale.
Malgrado le discrete vendite di questa nuova mini serie, anche questa vita di Battaglia dura poco, e dopo quei quattro episodi ritorna nell’ombra, dove sta fino al 2007, quando esce, per i tipi di BD edizioni, un albo che lo riporta per la terza volta in vita. Oltre alla ripubblicazione della miniserie di Factory, nell’albo di BD esce una puntata inedita, dedicata al G8 di Genova. Fine della storia? No, perché Battaglia, da buon vampiro e da buon figlio di puttana, non muore mai, o almeno non definitivamente. E così passa ancora qualche anno e poi, nel 2014, Editoriale Cosmo riprende in mano Le guerre di Pietro e le ripubblica in versione riveduta e corretta dallo stesso Recchioni. E quattro.
Ed eccoci arrivati alla quinta vita, quella che è appena iniziata ancora una volta su iniziativa di Editoriale Cosmo, che pochi giorni fa ha lanciato — con molto coraggio, bisogna riconoscere — il primo albo di una nuova mini serie con protagonista il vampiro Battaglia, intitolato La figlia del capo, un’avventura nerissima ambientata durante il ventennio fascista, in cui Battaglia si ritrova ad essere guardia del corpo — e non solo — di Edda Ciano, figlia di benito Mussolini.
Scritto da Michele Monteleone su un soggetto di Roberto Recchioni, disegnato da Fabrizio Des Dorides e confezionato con la copertina, ancora una volta, di Leomacs (mentre i colori sono di Luca Bertelè). La figlia del capo non è un fumetto per tutti, e non è neppure un fumetto perfetto. Ma oserei dire che è proprio questo che ne fa un bel fumetto, perché, un po’ come il suo protagonista, non si piega e non cerca — ma proprio mai — l’approvazione del lettore.
La figlia del capo non è un fumetto perfetto, ma è anche questo che ne fa un bel fumetto, perché, come il suo protagonista, non si piega e non cerca l’approvazione del lettore
Lo si può criticare per alcune scelte molto disinvolte nella trama, caratterizzata da almeno un paio di salti un po’ bruschi e da almeno un episodio che mette un po’ troppo sotto pressione la sospensione dell’incredulità del lettore, o ancora, lo si potrà accusare di muoversi con un’attitudine alla violenza che non cerca mai di nascondersi, anzi, che si fa spudorata e autocompiaciuta in più di un punto.
Ma, appunto, come dicevamo qualche riga fa, Battaglia non è un prodotto per tutti, come non è un prodotto perfetto, ma che proprio quest’imperfezione rende, a suo modo, perfetto. Perché la tradizione a cui si richiama non è affatto la tradizione della carta patinata”, è quella ruvida e in bianco e nero dei tascabili à la Diabolik, Satanik o Kriminal, una tradizione cattiva, divertita e spudorata. Come Battaglia.