Papa Francesco, Raul Castro, Obama: così sta nascendo la nuova Cuba

Il disgelo

La nuova “Cuba Libre” nasce anche grazie a papa Francesco, il pontefice argentino che non amava troppo gli yanquis, ma che aveva favorito la mediazione fra l’Avana e Washington, cioè fra il più comunista dei fratelli Castro, Raul, e il presidente Obama per arrivare alla firma dello storico accordo sulla fine dell’embargo e la ripresa delle relazioni diplomatiche. Del resto qualcosa si muove nella diplomazia e negli equilibri internazionali anche se forse in Europa ce ne accorgiamo di meno perché Bruxelles sembra un po’ ai margini dei cambiamenti in atto. Così può accadere che il leader cubano vada dal papa, vi resti a colloquio per un’ora, per poi annunciare che il vescovo di Roma lo convince a tal punto da poterlo indurre a tornare alla preghiera e alla fede. D’altro canto, ha sottolineato subito, lui e suo fratello hanno studiato, neanche a farlo apposta, dai gesuiti. La fine dell’embargo val bene una messa? Inevitabile domandarselo, eppure il vecchio Raul che dal 2008 ha preso progressivamente il posto del fratello alla guida del regime, dice: «non scherzo» davanti ai giornalisti, tanto che, spiega, andrà a tutte le messe celebrate da Francesco quando quest’ultimo si recherà nell’isola il prossimo settembre.

E allora cominciamo proprio da qui, dal viaggio annunciato, il terzo di un papa nella Cuba rivoluzionaria dopo quelli di Giovanni Paolo II nel 1998 e di Benedetto XVI nel 2012. Ora è la volta di Bergoglio, il papa che critica la globalizzazione, che sta dalla parte del sud del mondo, dunque in un certo modo il papa perfetto per la Cuba di oggi sospesa fra riforma e rivoluzione. D’altro canto la preoccupazione della Santa Sede si concentra proprio su questo punto: cioè che la progressiva apertura dell’isola al mondo e all’economia di mercato, non finisca col trasformare di nuovo Cuba in un territorio senza legge preda di casinò, corruzione, gangster e traffici illeciti aggiornato al terzo millennio. Insomma, libertà sì, ma tenendo presente i rischi del capitalismo selvaggio.

E in fondo è su questo crinale non facile che la Santa Sede e la sua diplomazia hanno trovato le modalità di un dialogo possibile con il regime. In tale direzione si è mosso fra gli altri negli ultimi anni il cardinale Jaime Ortega, arcivescovo dell’Avana, che ha favorito la liberazione di detenuti politici e condotto lunghe trattative con il governo per aprire alla Chiesa spazi d’intervento nel campo sociale. Lo stesso Raul Castro ha ammesso, dopo l’incontro con il premier italiano Matteo Renzi, che non è più necessario essere iscritti al partito comunista cubano per fare qualcosa di buono sull’isola, basta accettarne il programma. Insomma convivere è possibile basta non dare man forte all’opposizione più intransigente.

il Vaticano ha ripreso l’iniziativa politica sul piano internazionale e ha fatto della vicenda cubana uno dei punti chiave del proprio ritorno sulla scena

Se il ruolo di mediazione ricoperto dalla Santa Sede in questa vicenda è stato riconosciuto in discorsi pubblici sia da Obama che da Raul Castro, sul piano diplomatico la presenza del Segretario di Stato, il cardinale Parolin, al recente vertice delle Americhe svoltosi a Panama durante il quale c’è stata la storica stretta di mano fra il leader cubano e il capo della Casa Bianca, costituisce un fatto non meno importante. È la prova che il Vaticano ha ripreso davvero l’iniziativa politica sul piano internazionale e – spinto dalla presenza di un papa sudamericano la cui autorevolezza è cresciuta rapidamente in questi due anni – ha fatto della vicenda cubana uno dei punti chiave del proprio ritorno sulla scena. Un successo chiaro quello ottenuto dalla Santa Sede nel negoziato fra Casa Bianca e regime castrista, condiviso con lo stesso Raul e con Obama, segno che i tempi cambiano. E quando poi il papa andrà negli Stati Uniti a settembre, farà prima tappa nell’isola caraibica in un capovolgimento delle priorità – l’isola rebelde prima del gigante di Washington – tipico del modo di agire di Bergoglio. In America, poi, Francesco è atteso per il primo discorso di un papa davanti al Congresso quindi andrà a New York dove parlerà alle Nazioni Unite. Il movimento del vescovo di Roma è dunque a tutto campo: il pastore che parla in modo semplice con i fedeli ogni mercoledì all’udienza generale e la domenica per la preghiera dell’angelus, diventa al momento giusto politico globale, leader riconosciuto con cui governi e istituzioni vogliono fare i conti.

Raul Castro ha favorito l’avvio di una nuova fase economica nell’isola, sia pure sotto controllo governativo, ma non sembra volersi far travolgere dall’apertura e rinsalda tutti i legami internazionali storici di Cuba

Anche perché la ricerca di nuovi equilibri prosegue. Per questo, guardando all’altro protagonista del colloquio svoltosi domenica mattina in Vaticano, bisogna osservare da vicino l’attivismo di Raul Castro. Di recente il leader cubano ha raggiunto un accordo storico con gli Stati Uniti dopo un negoziato durato alcuni anni, nei giorni scorsi è volato poi a Mosca dove ha rinsaldato i rapporti con lo storico alleato russo e con Putin, prima ancora aveva fatto tappa presso un altro interlocutore storico di Cuba, l’Algeria; ma già da lunedì Castro incontrerà il presidente francese Hollande di nuovo all’Avana. Insomma se Raul Castro ha favorito l’avvio di una nuova fase economica nell’isola, sia pure sotto controllo governativo, non sembra volersi far travolgere dall’apertura e rinsalda tutti i legami internazionali storici di Cuba aprendo allo stesso tempo nuove strade. Il tempo dirà se alla fine la lungimiranza politica del minore dei fratelli Castro è stata superiore a quella del “mito” Fidel.

Infine c’è un terzo protagonista in questa storia, non certo ultimo per importanza però, ovvero il presidente degli Stati Uniti. Obama ha puntato all’accordo con Cuba fin dal primo mandato, con una serie di misure ha progressivamente indebolito l’embargo fino a cancellarlo del tutto. Oltre all’evidente risultato storico raggiunto, inevitabilmente la distensione con l’isola potrebbe avere importanti ricadute sul piano interno, negli States infatti vive una rilevante e influente comunità cubana da sempre in conflitto con il regime. Ora l’avvio di relazioni diplomatiche e l’inizio di una stagione di scambi e di dialogo potrebbe avere ricadute significative sulle prossime elezioni presidenziali per la Casa Bianca.

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