C’è una campagna elettorale sotterranea di non poco conto in questi giorni caldi per la Corte Costituzionale, dopo la sentenza sulla legge Fornero. Riguarda appunto la Consulta, che giudica sulle controversie in materia costituzionale, dove da luglio mancheranno ben tre giudici di nomina parlamentare. Ebbene sì, al momento la Corte è composta da 13 giudici, dopo l’ultima faticosa nomina di Silvana Sciarra nel novembre del 2014. Questo non influisce sul quorum, perché per il funzionamento ne bastano 11. Ma la Costituzione stabilisce che i componenti siano 15 e oltre a mancarne sempre uno su cui la politica non ha ancora trovato la quadra dallo scorso anno, ci sono ancora da trovare i sostituti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di Paolo Maria Napolitano, nominato il 10 luglio del 2006 e dopo nove anni ormai in scadenza. Della questione se ne parla poco, il parlamento continua a rinviare le votazioni, ma in realtà l’elezione alla Corte è molto ambita sia in ambito politico sia accademico. Non a caso, dopo l’elezione di Mattarella al Colle, sono circolati i nomi della senatrice del Partito Democratico Anna Finocchiaro o del sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Non solo, dopo la polemica sulle pensioni, Renzi avrebbe pensato di nominare un «suo giudice», un fedelissimo, che «almeno mi avviserà per tempo quando penseranno di scrivere un’altra sentenza da venti miliardi», per citare un virgolettato comparso sul Corriere della Sera del 13 maggio e mai smentito da palazzo Chigi.
Proprio sui fedelissimi del segretario del Pd si sta scatenando parte della campagna elettorale per diventare giudice. I nomi forti sarebbero due Augusto Barbera e Stefano Ceccanti: il primo professore emerito all’Università di Bologna, il secondo, oltre a essere un ex senatore dem non ricandidato nel 2013 tra le polemiche, è professore di pubblico comparato alla Sapienza di Roma. I fari sono accesi su entrambi perché legati da una battaglia che hanno condotto in questi mesi a favore dell’Italicum, legge che il governo Renzi ha portato avanti a colpi di fiducia scatenando non poche proteste nel centrosinistra e nel centrodestra. Gianfranco Pasquino, politico e accademico di fama, durante la presentazione del libro di Sofia Ventura «Renzi & Co. Il racconto dell’era nuova (Rubbettino, 2015)» l’11 maggio scorso, ha fatto intendere che proprio questa battaglia dei due colleghi per la nuova legge elettorale renziana potrebbe alla fine premiarli con un posto alla Consulta. Anzi che l’abbiano portata avanti anche per questo motivo. Pasquino è da sempre critico contro l’Italicum e non ha mai risparmiato bordate contro Barbera e Ceccanti, condannando soprattutto il modo in cui i due attaccarono l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta durante i giorni caldi di approvazione della legge.
Ma la nomina dei giudici non sarà una partita facile. Anche perché il Pd dotrebbe rivendicare un posto, ma allo stesso tempo dovrebbe farlo pure il centrodestra, con una Forza Italia più che mai spaccata, tra chi è rimasto ancora vicino a Silvio Berlusconi e chi se n’è andato. In particolare si studiano le mosse di Denis Verdini, a favore dell’Italicum, da sempre ago della bilancia nei rapporti tra l’ex Cavaliere e il rottamatore fiorentino. Alle spalle si muove sempre il Movimento Cinque Stelle che però ha già nominato Sciarra. «Questa Corte va bene al governo, per questo non ci sono le nomine», taglia corto Felice Besostri, avvocato noto per gli anni di battaglie passate a far cancellare dalla Consulta il famigerato “Porcellum” e che ora si sta attivando contro l’Italicum. Secondo Besostri, che è candidato alla Consulta come indipendente proprio dal Movimento Cinque Stella, «anche questa nuova legge è incostituzionale, ma le ultime sentenze, a parte quella sulla legge Fornero, sono sempre state a favore del governo». Problemi di non poco conto, perché la Corte potrebbe presto doversi esprimere sull’Italicum. A quel punto i pro e i contro la legge elettorale saranno decisivi.