Il grande mercato dell’Algeria, l’ex buco nero del Nordafrica

Paesi emergenti

Il 20% del gas che serve all’Italia arriva dall’Algeria. Ma il paese nordafricano non è solo una grande scatola di sabbia affacciata sul Mediterraneo che custodisce un mare di idrocarburi. C’è un solido rapporto economico e commerciale che lega le due sponde del Mediterraneo. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel corso dell’incontro bilaterale tenutosi due settimane fa a Roma, ha detto: «Voglio lanciare un messaggio agli investitori italiani: il rapporto con l’Algeria è molto forte e buono». Il premier ha anche ricordato che «l’Algeria è il primo mercato dell’Africa per l’Italia». 

Roma ha consolidato nel tempo una posizione importante tra i principali partner commerciali di Algeri. Consultando i dati del Ministero degli Esteri si vede che nel 2013 siamo stati il secondo cliente dell’Algeria (dopo la Spagna) e il terzo paese fornitore (dopo Cina e Francia). Le imprese italiane hanno concentrato i propri investimenti nel comparto dei beni strumentali. Dalle macchine utensili in generale alla siderurgia, da quelle per l’industria alimentare, all’edilizia, agli impianti per l’energia e al settore agricolo; altre voci importanti sono i semilavorati e i beni di consumo. 

Secondo i dati della Farnesina, nel 2013 si è registrato un aumento delle nostre esportazioni (+8,71%) e un calo delle importazioni dall’Algeria (-20,12%). Nel paese del Maghreb operano 180 imprese italiane (l’ultimo dato disponibile è aggiornato al 2011). Ci sono i colossi dell’energia come Eni (primo produttore di idrocarburi dal Paese), Ansaldo, Saipem e i grandi gruppi che operano nel settore delle costruzioni come Buzzi, Astaldi, Todini, Pizzarotti, CMC Ravenna, Condotte, Rizzani de Eccher, Trevi, Bonatti. 

Secondo un report Sace, l’export italiano crescerà del 4,7% medio annuo tra il 2015 e il 2018 e l’Algeria sarà una delle migliori destinazioni per il Made in Italy

Ma ce ne sono molte altre che hanno visto nell’Algeria un potenziale da sfruttare. Tra queste c’è anche Quality&Technology, società che opera a livello globale in settori diversi come educazione, industria, sanità, risorse umane e sport. È stata impegnata in progetti come la realizzazione del sistema informatico del Ministero dei Lavori pubblici, del Ministero delle Finanze, del Ministero dell’Agricoltura. «QT opera in Algeria da 26 anni», spiega a Linkiesta l’amministratore delegato Michele Russo che ha vissuto in Algeria per undici anni e che conosce benissimo questa realtà. «L’Algeria è strategicamente la finestra dell’Africa verso l’Europa. Ha una popolazione tra le più giovani al mondo proiettandola tra i paesi che maggiormente investono nel sistema educativo e nei laboratori didattici». Secondo un report Sace, l’export italiano crescerà del 4,7% medio annuo tra il 2015 e il 2018 e l’Algeria sarà una delle migliori destinazioni per il Made in Italy. Le opportunità si vedono già oggi. «Avendo avuto un black out di quasi un decennio – prosegue Russo – il Paese ha avuto la necessità di una rapida ripresa investendo in tutti i settori. È evidente che una rapida crescita come quella avvenuta nel primo decennio 2000 ha causato anche frenesia da parte degli esportatori europei che spesso di sono avventurati senza conoscere le peculiarità e le specificità che ogni paese presenta». 

Michele Russo, ad Quality&Technology: «Non poche volte i progetti finanziati dall’Unione europea muoiono senza il reale utilizzo dei beni regalati»

Il 4 giugno l’Algeria ha firmato un accordo con l’Unione europea che le permetterà di partecipare a circa venti programmi comunitari, fra cui Cosme (che prevede l’accesso ai fondi strutturali) per le piccole e medie imprese. Russo, però ci tiene a chiarire un punto importante: «La Ue dovrebbe fare di più in termini di controllo ed investimenti. Non basta deliberare un aiuto o un finanziamento ma bisogna verificarne il corretto utilizzo. Non poche volte i progetti finanziati dall’Unione europea muoiono senza il reale utilizzo degli aiuti stanziati. Questo non per colpa degli algerini ma a causa delle unità di gestione degli stessi progetti».

Come detto, il paese guidato da Abdelaziz Boteflika è un gigante degli idrocarburi ma la dirigenza politica algerina si è resa conto che il Paese non può dipendere solo dalle esportazioni di gas che corrispondono al 95 per cento delle esportazioni totali del Paese . La priorità è quella di diversificare l’economia attraverso lo sviluppo di un tessuto economico-industriale che non sia dipendente esclusivamente dalle esportazioni energetiche. Per fare questo è necessario attirare know how e investimenti dall’estero. In quest’ottica, Algeri nel 2010 ha varato un imponente piano quinquennale di investimenti pubblici da 286 miliardi di dollari. Uno sforzo necessario a ricostruire la credibilità economica del Paese offuscata dalla crisi degli anni ’90 e dagli scandali bancari del periodo 2003-2007. Russo racconta anche che «è stato disposto un sistema di controllo delle importazioni (e quindi dei pagamenti in uscita) garantendo gli operatori esteri sui pagamenti. In Algeria un ente pubblico non può indire una gara se non vi è una copertura finanziaria».

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