Caos Grecia, i neonazisti di Alba Dorata pronti ad approfittarne

Caos Grecia, i neonazisti di Alba Dorata pronti ad approfittarne

“Il governo Tsipras è costituita da molti ex comunisti che […] si sono già messi d’accordo con il regime capitalista mondiale. Governano da diversi mesi e non hanno fatto assolutamente niente. In realtà continuano la stessa politica del governo precedente, mostrando che tutte le nazioni d’Europa sono schiave degli usurai. Tutto questo proverà che i marxisti sono dei fossili della storia e non possono fare nulla contro la tempesta della globalizzazione”. Queste parole, pronunciate dal leader di Alba Dorata Nikolaos Michaloliakos il 29 maggio 2015 a Il Primato nazionale, giornale di CasaPound, sembrano dimostrare l’insanabile divergenza fra Syriza, impegnata in una strenua letta contro la Trojka, e il partito neonazista ellenico, al terzo posto. Paradossalmente, però, ora Alba Dorata vota un mese dopo a favore della richiesta di referendum del governo Tsipras sull’ultima proposta avanzata dall’Ue, contro tutto il resto del parlamento: il centro-destra di Nuova democrazia, i socialisti del Pasok, To Potami, il centro sinistra europeista, e i comunisti del Kke.

Significa che i nazisti di Alba Dorata – impresentabili al punto da non esser desiderati nel nuovo gruppo euroscettico di destra “Europa delle nazioni e delle libertà” presieduto da Marine Le Pen, formato dall’Ukip, dal Knp polacco, dalla Lega Nord, dal Pvv olandese, dal Vlaams Belang belga e dal Fpö austriaco (un tempo nell’eurogruppo neofascista Identità, tradizione, sovranità, con Alessandra Mussolini e Fiamma tricolore) – sono diventati tutto d’un tratto filo-Tsipras? Vedremo delle “convergenze ‘rosso-brune’”? Non esageriamo. È vero che l’europopulismo di destra guarda con favore all’azione del premier greco («Non solo in Grecia, io ritirerei i soldi anche dalle banche italiane, per dare un segnale all’Europa», Matteo Salvini a La Zanzara su Radio24, lunedì scorso) visto che «Se la Grecia esce dall’euro le conseguenze saranno importanti per tutto il castello di carte costruito dai padroni di Bruxelles». E identiche sono le reazioni del M5s, di Podemos, dei partiti comunisti d’Europa, tranne i settaristi del Kke e i “cuginetti” stalinisti di Marco Rizzo. Ma questo non deve farci pensare che le due anime dell’euroscetticismo siano di per se identiche e che possano convergere.

Grexit? Per il leader di Alba Dorata «la nostra economia non è né competitiva né produttiva, non esistono le condizioni per abbandonare la moneta unica»

L’alleanza fra Syriza e l’Anel (un solo dicastero) è una “Grosse Coalition” creata dal settarismo del Kke, non dal superamento di dicotomie ideologiche, e l’appoggio di Alba Dorata non cambia nulla: gli obiettivi di Michaloliakos sono diversissimi da quelli del premier ellenico. Per Ilias Panagiotaros infatti, deputato di Alba Dorata intervistato per Il Tempo, «La gestione della crisi da parte di Tsipras [è] Tragica», nonostante abbia sostenuto in parlamento la richiesta di referendum del premier. «Non abbiamo sostenuto Syriza. Alba Dorata credeva e crede ancora nei referendum: fa parte del nostro programma. Syriza nel 2011 aveva dichiarato che i referendum erano un disastro… adesso hanno cambiato idea. Dove vedete la collaborazione? Abbiamo sempre avuto posizioni patriottiche, invece Syriza no». La scelta referendaria? Semplicemente una mossa del governo per “lavarsi le mani” dinanzi ad una trattativa che non sapeva più come condurre, spiega il deputato di Alba Dorata Artemis Matthaiopoulos a il Giornale.it, anche se, checché ne dica il grosso della stampa, «Un’uscita del Paese dall’euro non è nemmeno contemplata. Anche perché questo è un processo che potrebbe influenzare negativamente altri Paesi europei. Se la Grecia lasciasse l’Eurozona, infatti, sarebbe un colpo durissimo per la Bce, perché noi greci, l’Euro, l’abbiamo pagato molto caro». Il leader del partito neofascista dice che vorrebbe tornare alla dracma, ma «la nostra economia non è né competitiva né produttiva, non esistono le condizioni per abbandonare la moneta unica. Per questo dobbiamo restare nell’Eurozona».

Nessuna alleanza in vista

Quindi, al propagandistico terrore dell’establishment per l’improbabile convergenza Syriza/Alba Dorata – lo stesso establishment che non disdegna però “fusioni a freddo” fra destra e sinistra se a farlo sono il Pse, il Ppe o i vari patti del Nazareno –, bisogna capire veramente se sia credibile una convergenza così estrema. Il terzo partito della Grecia non è semplicemente “euroscettico” o “di destra”, ma è ispirato al nazionalsocialismo hitleriano, un partito che sostiene di ispirarsi al metaxismo, l’ideologia politica autoritaria e nazionalista propugnata da Ioannis Metaxas, il primo ministro che prese a modello il regime fascista italiano. Il leader di Alba Dorata – che ha avuto rapporti con Georgios Papadopoulos, il capo del regime dei colonnelli – ha scritto nel suo statuto che solo «chi è Ariano di sangue e Greco di discendenza» può tesserarsi nel partito, norma che non troviamo né in Forza nuova né in CasaPound.

Il partito neonazista s’è imposto con campagne ben mirate: un vero e proprio sfondamento a sinistra, cioè la distribuzione di generi alimentari, di vestiti e di scarpe per i poveri 

Il partito è passato dall’insignificante 0,23 % del 2009 al 6,9 del 2012 con un calo nel gennaio di quest’anno, il 6,28 per cento. Sotto le insegne del meandro greco – simbolo svasticheggiante – Alba Dorata è riuscita a cavalcare il malcontento, aggravato dalla crisi economica galoppante, contro le misure d’austerity imposte dai precedenti governi pre-Syriza. Al di là degli aspetti estetici minacciosi come i simboli nazisti e il richiamo a slogan razzisti e xenofobi, il partito neonazista s’è imposto con campagne ben mirate: un vero e proprio sfondamento a sinistra, cioè la distribuzione di generi alimentari, di vestiti e di scarpe per i poveri – ovviamente solo greci, animando così una divisione fra poveri sul principio della “preferenza nazionale” – senza dimenticare la guerra alla criminalità, dalla proposta dell’introduzione della pena di morte per gli spacciatori, fino al controllo capillare dei quartieri da parte dei militanti, con spedizioni punitive contro spacciatori e immigrati, sostituendosi così ad una polizia che ha premiato col voto il partito, ecco la ricetta di Alba Dorata. Oltre a temi sociali che possiamo trovare a sinistra – e qui utilizzati per sfondare nei ceti popolari – sono le tematiche securitarie e razziste che ci fanno capire che la convergenza fra Tsipras e Alba Dorata è assurda: mentre Syriza propone di dare la cittadinanza alle seconde generazioni, cioè ai figli degli immigrati, Alba Dorata è di tutt’altro parere, dato che è per l’espulsione e l’arresto dei clandestini.

MESSAGGIO PROMOZIONALE

Alba Dorata spera nel No

Il problema è un altro: l’eventuale affermazione del “No” porterà i greci forse a “dire addio all’euro”, ha detto il primo ministro greco, dato che «I cittadini greci potranno sopravvivere anche senza il programma di aiuti», maggiore sarà la percentuale del “No”, «maggiori saranno le armi del governo greco per rilanciare i negoziati». Al contrario, l’affermazione del “Sì”, porterebbe alle dimissioni dell’esecutivo e porterebbe le opposizioni a fare un governo pro-trojka. Il piano sarebbe di cacciare via il governo di sostegno nazionale, non, spiega Tsipras «la volontà di cacciare via la Grecia dall’euro, perché un Paese in default ha dei costi altissimi». 

Il 90% dei greci è d’accordo con l’affermazione che “gli ebrei hanno troppo potere nel mondo degli affari”

E se la sfiducia verso tali partiti ha fatto convogliare il voto greco o verso Syriza o Alba Dorata, l’eventuale sconfitta referendaria del “No” non potrebbe aumentare i consensi del partito neonazista, che si presenterebbe come non disposto ad alcun accordo coi vertici dell’Ue? Citiamo un dato allarmante, che, anche se non si riferisce ad Alba Dorata, si rifà a una sua sottocultura: l’antisemitismo. Un recentissimo sondaggio dell’Anti-Defamation League ha portato all’attenzione che il 69% degli intervistati greci è convinto del controllo ebraico sulla finanza e l’economia globale, nonostante un recente calo di atteggiamenti antiebraici in Europa. Si aggiunga che della percentuale citata, il 90% è d’accordo con l’affermazione che «gli ebrei hanno troppo potere nel mondo degli affari», l’85% è d’accordo con l’affermazione che «gli ebrei hanno troppo potere sui mercati finanziari internazionali»; il 70% dice che «gli ebrei parlano ancora troppo di ciò che è accaduto loro durante l’Olocausto». Alba Dorata potrebbe far leva su questi sentimenti – che affiorano spesso in caso di recessione economica – per espandersi.

La miopia di Berlino

Un detto dice che Historia magistra vitae, ma l’atteggiamento della Merkel verso la Grecia dimostra che la citazione è una frase fatta: l’ex ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer – riporta Il Sole 24 Ore – scrive nel suo ultimo libro che è “sorprendente” come la Germania abbia dimenticato la Conferenza di Londra del 1953, quando l’Europa le condonò buona parte dei debiti contratti per la devastante guerra da lei provocata. La Germania era andata in default per ben due volte, la prima nel 1923 e poi nel secondo dopoguerra, e l’ammontare del debito tedesco dopo il 1945 aveva raggiunto i 23 miliardi di dollari dell’epoca pari al 100% del Pil tedesco. Ma nel 1953, alla Conferenza di Londra, 21 stati – compresa la Grecia – le dimezzarono il debito, dilazionandolo in 30 anni. «Senza quel regalo – prosegue l’ex ministro – non avremmo riconquistato la credibilità e l’accesso ai mercati. La Germania non si sarebbe ripresa e non avremmo avuto il miracolo economico». Un possibile terzo default fu scongiurato dopo l’unificazione, nel 1990, quando si dovevano rimborsare l’altro 50%; lì sarà Helmut Kohl a opporsi e anche questa volta la Grecia e l’Italia decisero di lasciar perdere. Nell’ottobre 2010 la Germania ha pagato l’ultima rata del debito contratto nel 1953 (69,9 milioni di euro), ma senza l’accordo londinese essa sarebbe stata debitrice per altri 50 anni.

Il problema, però, non è tanto nell’insensibilità della Merkel che così distrugge l’Ue – magari facendo della Grecia una nuova Weimar, dato che il primo default favorì l’ascesa di Adolf Hitler –, ma è alla radice della sua stessa struttura, uno Stato che non c’è, sprovvisto di un sistema difensivo, nato dai presupposti del funzionalismo, cioè tramite il graduale trasferimento di compiti e di funzioni economiche a istituzioni indipendenti dagli stati attraverso presupposti liberoscambisti. Abbiamo così una tecnocrazia, e non una democrazia. La scelta dell’euro, poi, ha senz’altro avvantaggiato la Germania a scapito delle le monete piu’ deboli del marco, grazie anche a quel miserabile rapporto paritario euro-marco. Ecco come si sviluppano i populismi oltre che per la crisi –, ed ecco cosa bisogna evitare alla Grecia perché non capiti il peggio, e non parliamo di fine dell’Ue.