Gelato “al” limone o gelato “di” limone? Risponde la Crusca

Gelato “al” limone o gelato “di” limone? Risponde la Crusca

Benché la popolare specialità a base di crema gelata sia quasi “coetanea” del primo Vocabolario degli Accademici della Crusca, la forma gelato per indicarla viene accolta soltanto alla sua V edizione:

“Pezzo gelato, dicesi un sorbetto molto più duro dell’ordinario e al quale si dà una figura qualsiasi mediante forma” (alla voce gelato, participio passato e agg., paragrafo X)

gelato sostantivo Latte, crema, sugo di qualche frutto e simili, congelato ad arte, e che si prende per uso di rinfresco; Sorbetto”.

Il VII volume [G-Hinc] della “quinta impressione” è del 1893; precedentemente la voce era stata registrata nel Vocabolario italiano della lingua parlata di Giuseppe Rigutini e Pietro Fanfani (1875), con la descrizione “Sugo di frutte, o simile, congelato, che si prende ad uso di rinfresco”, e nel Nuovo vocabolario italiano domestico di Giacinto Carena (1869) in cui si legge: “‘Gelato’, che anche chiamano ‘pezzo duro’, è specie di sorbetto interamente indurito dal gelo, e a cui, con ‘forme’ appropriate si dà una determinata figura, come di pesca, d’arancia, di pera, di fico o altro” (p. 248). Ancora prima lo troviamo nel Vocabolario dell’uso toscano di Pietro Fanfani (1863), con la glossa “Termine de’ caffettieri”. Se dalla lessicografia ci spostiamo alle attestazioni letterarie sembra che il primo ingresso in letteratura del gelato si debba a Vittorio Alfieri nella commedia Il divorzio (atto V, scena I) pubblicata postuma nel 1809.
È comunque certo che la voce si mostrò presto produttiva: gelataio è datato 1893, gelateria 1901 e gelatièra 1909.

Per quel che riguarda l’argomento specifico della domanda, la lessicografia registra fin da subito l’impiego della preposizione di: nel citato Vocabolario italiano della lingua parlata si riportano gli esempi d’uso “Un gelato di limone, di arancio, di pesca, di fravola”, coerentemente con la descrizione del prodotto, espressa, come abbiamo visto, nei termini di “sugo di frutte”. Del resto così era già nei ricettari e nei manuali di cucina, come nella IX edizione della Cucina teorico-pratica […] in dialetto napoletano di Ippolito Cavalcanti (Napoli, G. Capasso, 1852) dove compaiono le ricette del “gelato di mela rosa”, del “gelato di butirato [‘crema a base di latte, uova, zucchero e burro’]” e di quelli “di latte e caffè”, “di castagne” e “di pistacchio”.

La lessicografia registra fin da subito l’impiego della preposizione di, ma già dall’inizio del secolo scorso si trovano in scritti di natura diversa le prime attestazioni della costruzione con a

Scorrendo l’indice della Scienza in cucina di Pellegrino Artusi (18911-191115) troviamo ben diciassette ricette di gelato in cui l’ingrediente distintivo è sempre introdotto dalla preposizione di: c’è il “gelato di latte di mandorle” e il “gelato di tutti frutti”, quello “di pistacchi” e quello “di torrone” e così via. Ciò non stupisce visto che la stessa cosa si ripete anche per la quasi totalità delle ricette in cui si indica l’ingrediente caratterizzante: così è perdolce, budinotortino, pasticcio, minestra, frittata, sformato, soufflécrostini. Anche torta è sempre seguito dalla preposizione di con l’unica eccezione della torta alla meringa; zuppa alterna con a di, mentre spaghetti, riso e risotto hanno semprecon. Nell’indice dell’Artusi, a parte la già citata torta alla meringa, troviamo la preposizione a solo in pesche all’acquavite, arrostini di vitello alla salvia e pollo al marsala.

Anche le non frequenti apparizioni del gelato nella letteratura di fine Ottocento sono coerenti con lessicografia e ricettari; così troviamo un gelato di crema alla vaniglia davanti al quale “il disperato orrendo pensier si dileguò” nelle rime di Edmondo De Amicis (Fra cugini, in Poesie, 1881) e ancora un gelato di crema nel disordinato menù descritto da Matilde Serao in Storia di una monaca del 1898 (“prima del salmone alla maionese, poi un gelato di crema, poi una fetta di pasticcio di caccia, poi della gelatina dolce”).

Sebbene per tutto il Novecento e ancora ai giorni nostri, si continui anche a parlare di gelato di albicocche, crema o ricotta che sia, così nei ricettari come nella letteratura, già dall’inizio del secolo scorso si trovano in scritti di natura diversa le prime attestazioni della costruzione con a: così un gelato al caffè affiora nelle pagine del Romanzo della “sgnera Cattareina” di Alfredo Testoni (1922) e un gelato al limone (accanto però a gelati di limone) compare in una esperienza scientifica descritta nel vol. LIII (1932) della “Gazzetta degli ospedali e delle cliniche”, ma soprattutto comincia ad apparire la pubblicità di “una nuova specialità che soddisfa ogni vostra esigenza” la “COPPA DEI CAMPIONI Motta – gelato al cioccolato e spumone di panna fresca aromatizzato al liquore con granella di mandorle e nocciole” (così in Le vie d’Italia, rivista del Touring Club Italiano, 1928).

Da allora, pur affiancato alla costruzione gelato di, ha continuato a espandersi gelato a/al/alla/ai/alle : i numeri delle occorrenze nei siti delle marche più diffuse appartengono rispettivamente all’ordine delle unità per la prima costruzione e a quello delle decine, se non delle centinaia per la seconda. L’alternanza tra le due costruzioni si osserva anche nei siti di produttori artigianali e delle loro associazioni seppure in termini di sostanziale parità.

La costruzione con a è entrata nell’uso comune e fin nei testi delle canzoni: il gelato al cioccolato di Pupo, quello al limon di Paolo Conte o forse quello al veleno di Gianna Nannini

La costruzione con a è ormai entrata nell’uso comune e fin nei testi delle canzoni: coloro che non sono proprio giovanissimi avranno negli orecchi, a seconda dei gusti musicali, il gelato al cioccolato di Pupo, quello al limon di Paolo Conte o forse quello al veleno di Gianna Nannini. Anche la lessicografia contemporanea registra il cambiamento, pur con diversi gradi di adesione: in ZINGARELLI 2013 alla voce gelato troviamo, accanto a gelato di crema e di fragola, anche quelli al limone e al cioccolato, mentre in Sabatini-Coletti 2008 gli esempi sono tutti con a (al/alla).

Riguardo alle motivazioni del processo che ha portato dall’una all’altra costruzione possiamo probabilmente parlare di concorrenza di fattori sovrapposti.

Da un punto di vista puramente interno alla lingua si è avuta, sul piano morfosintattico, un’estensione dell’impiego della preposizione a nella serie di espressioni indicanti preparazioni gastronomiche. In questo settore troviamo le costruzioni

  • alla + aggettivo femminile indicante
    • la provenienza geografica di un piatto (risotto alla milanese)
    • o una sua caratteristica (pizza alla marinara);
  • alla /al + nome femminile o maschile che può indicare
    • lo strumento o il modo di cottura (gelato alla fiamma, patate al forno)
    • o il condimento caratterizzante il piatto (anatra all’arancia).

(schema ed esempi rappresentano una riduzione da Giuseppe Patota, Grammatica di riferimento dell’italiano contemporaneo, Milano, Garzanti, 2006, p. 292).

Nello schema dall’indicazione di un modo di cucinare (alla maniera dei milanesi, dei marinai, con una data modalità di cottura), si giunge fino all’informazione relativa a un ingrediente particolare interpretabile sia come un modo di preparare o allestire un piatto (condendolo, aromatizzandolo con…) sia come indicazione di uno dei costituenti materiali della preparazione.

Per chiarire il processo torniamo ai gelati e riprendiamo il deamicisiano gelato di crema alla vaniglia in cui con di si introduce l’ingrediente principale, la crema, e con a (+la) il procedimento di aromatizzazione con la vaniglia. È facile intuire la possibilità del passaggio a gelato alla vaniglia (sottintendendo la cremaaromatizzata con la vaniglia) e da qui l’estensione dall’aromatizzante all’ingrediente principale, per cui gelato alla crema, e poi al cioccolato, alla frutta, e così via (ammesso che il processo sia realmente analizzabile in fasi discrete così come la sua descrizione impone).
Che l’uso della preposizione a in luogo di di non sia (più) da mettere in relazione con un ingrediente marginale, quasi un condimento per tornare all’ultimo punto dello schema riportato sopra, emerge chiaramente laddove si dichiara la composizione del gelato: in una stessa pubblicazione per il “gelato alle banane” si indicano come ingredienti “300 gr di polpa di banana, 80 gr di latte 2 cucchiai di miele e il succo di un limone” e per quello “di fragola” “300 gr di fragole, 80 gr di zucchero, 150 di latte, 150 di panna, e 1 uovo” (Gelati. Sorbetti, yogurt & frappé, Giunti Editore, 2003).

Non è da escludere inoltre che sotteso al processo ci sia l’impiego della locuzione al gusto di che in qualche modo potrebbe costituire un anello di congiunzione tra il riferimento a un ingrediente aromatizzante e il riferimento a quello fondamentale, oltre a offrire la possibilità di non esporsi riguardo alla rilevanza quantitativa o allo stato (per esempio prodotto fresco di contro a disidratato) di tale ingrediente (la normativa vigente a proposito delle denominazioni ed etichettature degli alimenti impone la dicitura “al gusto di” ad esempio per le bevande che contengano percentuali di frutta inferiori a una assegnata, cfr. Ministero delle attività produttive – Circolare 10/11/2003, n. 168 G.U. n. 4 7/1/2004). D’altra parte la locuzione al gusto di trova un riscontro anche nell’uso corrente di indicare le diverse tipologie di gelato con il nome digusti, appunto: quante volte di fronte al banco di una gelateria ci siamo sentiti rivolgere la domanda: “Quanti gusti?” o “a che gusto?”

Infine, un altro fattore che può favorire la tendenza verso la generalizzazione di a è probabilmente l’influsso della lingua francese nel settore della gastronomia in genere: le frittate nei ricettari sono quasi sempre di carciofi, di spinaci e così via, mentre le omelette sono ai funghi o al prosciutto in coerenza con la costruzione più frequente nella lingua d’Oltralpe.

Certamente possiamo affermare che l’estensione dell’uso della preposizione a è in progressione e si verifica anche per altre specialità gastronomiche, tanto è vero che ne è rimasta colpita anche la denominazione di un dolce tradizionale come la torta di mele: pur rimanendo saldo ad alcune migliaia il numero delle sue occorrenze nelle pubblicazioni del corpus di Google libri, se ne contano oltre 260 della variante emergente torta alle mele, di cui ben 180 concentrate nel nostro secolo (data del sondaggio 13.03.2013).

Per concludere, esprimiamo l’auspicio che se non sarà forse possibile una “rimonta” della costruzione gelato di frutta, crema o cioccolato nella forma, ci sia almeno una rimonta nella sostanza in termini di quantità, qualità e freschezza, a prescindere dalla preposizione.

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