Ieri notte si è concluso per la sessantanovesima volta il circo del Premio Strega e, come quasi tutti avevano ampiamente previsto, ha vinto il romanzo La ferocia di Nicola Lagioia, edito da Einaudi, che si è aggiudicato 145 voti. Abbastanza per creare il vuoto dietro di sé e far finire la serata prima del previsto, facendo addirittura anticipare l’annuncio del verdetto da parte del suo predecessore, Francesco Piccolo.
Le polemiche sembrano gli unici ingredienti a disposizione della Fondazione Bellonci per sostenere la visibilità di un premio che, altrimenti, ha perso qualsiasi capacità di richiamo sul pubblico
La velocità della premiazione, insieme alla salita sul palco della moglie di Lagioia, sono state probabilmente gli unici ingredienti fuori programma di un Premio stracotto, che ormai da anni non riesce a generare neanche l’ombra di un dibattito culturale, alimentandosi soltanto di polemiche, anche quelle ormai prevedibili, oltre che inutili, ma che sembrano gli unici ingredienti a disposizione della Fondazione Bellonci per sostenere la visibilità di un premio che, altrimenti, ha perso qualsiasi capacità di richiamo sul pubblico.
Non a caso questa edizione 2015 è stata forse una delle più ricche di polemiche: da quella, in realtà riciclata dalla scorsa edizione, sul diritto o meno di partecipazione da parte dei fumetti — l’anno scorso il supplizio era toccato a Gipi, quest’anno a Zerocalcare — fino a quella nuova di zecca sulla “misteriosa” Elena Ferrante. Il cui mistero è stato valutato talmente importante nell’economia del premio e della serata da richiamare in servizio Carlo Lucarelli in una versione — speriamo autoironica — di Blu notte dedicata proprio alla Ferrante.
Il mistero Ferrante interessa più i giornalisti che i lettori, perché a questi ultimi basta leggerla, mentre i primi in larga parte non l’hanno mai letta
Ma nemmeno la frecciata tirata da Tullio De Mauro a Roberto Saviano, colpevole di aver trattato gli amici della domenica come dei “banditi”, è riuscita a convicerci che quello della Ferrante sia un mistero che interessa più i giornalisti che i lettori. Cosa che d’altronde è resa abbastanza evidente dal fatto che i secondi i suoi libri li leggono e li amano da anni, mentre i primi, in larga parte, non li hanno mai letti. L’unica riflessione interessante che possiamo fare oggi non è sul noiosissimo passato prossimo del Premio Strega, né sul povero presente, ma sul futuro. Dopo essere stato per anni il campo di battaglia tra le due major il gruppo Mondadori e il gruppo Rizzoli, che nelle 69 edizioni fin qui organizzate si sono aggiudicati rispettivamente 36 premi il primo e 19 il secondo, rischia l’anno prossimo di essere ancora più inutile.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Sì, perché dopo l’offerta di acquisto di Rcs Libri da parte di Mondadori, che con tutta probabilità verrà accettata, l’anno prossimo il premio, già privato da anni del valore letterario e culturale, potrebbe essere privato anche dell’unica parvenza di incertezza che gli restava. La “sfida” tra i titoli Mondadori e quelli Rizzoli, che almeno sulla carta metteva un po’ di pepe. Per rendersi conto degli effetti della fusione sullo Strega basta fare un piccolo esperimento: se prendiamo la classifica finale di questa edizione, infatti, i titoli della galassia Mondazzoli in gara — Nicola Lagioia (Einaudi, gruppo Mondadori), Marco Covacich (Bompiani, gruppo Rcs), Fabio Genovesi (Mondadori) — si sono aggiudicati 271 voti, contro i 59 della Ferrante, pubblicata dall’unica casa editrice indipendente in gara, edizioni e/o, e i 37 voti di Guanda (gruppo Gems), con Marco Santagata.
L’anno prossimo Feltrinelli, Gems e gli altri potrebbero finalmente trovare il coraggio per tirarsi fuori da un circo dal finale scontato che non fa divertire più nessuno
Uno scenario monoeditore che rende ancora più ridicola e inutile la nuova norma, introdotta quest’anno, che impone d’ufficio la presenza di un libro di un editore indipendente nella cinquina, perché con 270 potenziali voti in mano da poter distribuire a piacere, l’esito finale diventerà ancora di più a discrezione del colosso editoriale Mondazzoli. E di conseguenza, potrebbe perdere ogni interesse agli occhi degli altri editori, che si potrebbero domandare cosa serve partecipare a un campionato già scritto. E decidere che invece di spendere un mucchio di soldi per cene, feste, logistica e copie da spedire alla giuria, potrebbero finalmente trovare il coraggio per tirarsi fuori da un circo che non fa divertire più nessuno.