Gli eredi di Mao chiederanno i diritti d’autore, perché sulla prima pagina di al Akhbar, quotidiano governativo egiziano, il presidente Al Sisi viene dipinto come il Grande Timoniere, l’uomo che guiderà il Paese verso un futuro fatto di stabilità politica e prosperità economica. La metafora navale non è casuale, visto che oggi il grande nocchiero taglia il nastro della più grande opera pubblica della sua presidenza, il raddoppio del Canale di Suez, al tempo stesso simbolo e volano della ripresa.
Un progetto discusso già all’epoca dei Fratelli Musulmani, quando i denari del Qatar, influente padrino del (deposto) Mohammed Morsi, avrebbero dovuto suggellare nel Canale la relazione speciale tra i due Paesi. Solo un anno fa, poi, Al Sisi aveva annunciato l’ampliamento di Suez, promettendo una chiusura dei cantieri entro dodici mesi. Tempi rispettati pienamente, e costi coperti interamente dagli egiziani. Quasi nove miliardi di dollari raccolti dall’emissione di obbligazioni, sottoscritte dai cittadini, a cui si sono aggiunti i proventi delle donazioni.
Le autorità religiose hanno istruito a dovere gli imam: nel sermone del venerdì dovranno ricordare i benefici di questa grande opera
Il raddoppio di Suez viene celebrato alla stregua di un successo militare. Le autorità religiose hanno istruito a dovere gli imam: nel sermone del venerdì dovranno ricordare i benefici di questa grande opera, rievocando un precedente storico: una vittoria di Maometto sul campo di battaglia, che comportò lo scavo di un canale. Il governo, per garantire la sicurezza della cerimonia di inaugurazione, ha mobilitato più di diecimila poliziotti, ma in Egitto è un giorno di festa, coi treni gratuiti – un modo per ringraziare l’adesione popolare all’impresa – e i negozianti che annunciano vendite speciali.
La scorsa settimana il presidente dell’Authority di Suez ha dichiarato il nuovo Canale «sicuro per ogni tipo di navigazione», alla fine di lavori imponenti, condotti sotto l’egida dell’esercito: trentacinque chilometri di scavi per creare una nuova corsia, trentasette per espandere e approfondire quella esistente. Adesso l’autostrada navale che unisce Mediterraneo e Mar Rosso ha ben settantadue chilometri in più. Secondo i costruttori, l’ampliamento del Canale, concepito dall’ingegnere francese Ferdinand de Lesseps ed inaugurato nel 1869, è rivoluzionario: renderà più facile la navigazione in entrambi i sensi, ridurrà i tempi di attesa e quelli di transito (da 18 a 11 ore), oltre a consentire il passaggio anche a navi di grandissima stazza.
Alcuni analisti sostengono che, con questa opera, il Mediterraneo conquisterà sempre più centralità nei flussi commerciali mondiali. Altri economisti, d’altra parte, ribattono che il progetto non supererà la concorrenza di Panama – il cui allargamento si completerà nel 2016 – e non rivoluzionerà il mercato delle spedizioni navali, oggi peraltro in una fase di stallo (per raggiungere i risultati dichiarati dal Cairo, il business globale dovrebbe aumentare del 9 per cento l’anno, quando negli ultimi 4 anni la crescita si è fermata al 3 per cento, dice William Jackson, di Capital Economics).
L’ampliamento renderà più facile la navigazione in entrambi i sensi, ridurrà i tempi di attesa e quelli di transito (da 18 a 11 ore), oltre a consentire il passaggio anche a navi di grandissima stazza
Il raddoppio, comunque, è parte di un piano più ampio, che mira a trasformare Suez in un hub commerciale ed industriale, e che prevede la costruzione di porti e cantieri navali, oltre alla fornitura di servizi connessi alla navigazione. L’obiettivo, nel prossimo decennio, è quello di aumentare notevolmente le entrate derivanti dal Canale (passando dai 5,3 miliardi di dollari attuali a 13,2 miliardi di dollari nel 2023, con un afflusso di 97 navi al giorno) e, conseguentemente, di far crescere i posti di lavoro. D’altronde, era stata la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, ad accendere la miccia della primavera araba, e soltanto offrendo una prospettiva di sviluppo alla società egiziana Al Sisi può consolidare un potere preso sostanzialmente con la forza (tanto più che il sessanta per cento della popolazione è sotto ai quarant’anni di età).
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MESSAGGIO PROMOZIONALE
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Sinora i risultati economici, per quanto migliorati rispetto a un paio d’anni fa – il Pil è in ripresa, la disoccupazione a marzo è scesa al 12,8 per cento – non sono ancora sufficienti a placare le tensioni sociali, soprattutto dopo l’esclusione degli islamisti dalla vita politica e le ripetute condanne a morte pronunciate dai tribunali egiziani. Lo Stato Islamico ha messo radici nel Sinai, la provincia storicamente ribelle, ed Al Sisi si regge soprattutto sul sostegno, economico e politico, dei Paesi del Golfo (anche se a giugno, dopo cinque anni, il Cairo è tornato ad emettere bond denominati in dollari, un segno di ritorno alla stabilità economica, e un modo per svincolarsi dall’abbraccio con le petro-monarchie).
Lo Stato Islamico ha messo radici nel Sinai, la provincia storicamente ribelle, ed Al Sisi si regge soprattutto sul sostegno, economico e politico, dei Paesi del Golfo
Nella classifiche internazionali sulla competitività delle economie nazionali, l’Egitto è ancora parecchio indietro: 119esimo su 144 Stati, nel Global Competitiveness Report del World Economic Forum, e 97esimo, su 138, nella sezione relativa ai commerci. A marzo Al Sisi ha promosso una grande conferenza sugli investimenti a Sharm el-Sheik, invitando a scommettere sul suo Paese. Proprio qualche giorno il governo egiziano ha fatto sapere che più della metà dei pre-accordi siglati sul Mar Rosso si è già trasformata in progetti concreti (36 miliardi di dollari, sui 60 totali), con grandi big dell’energia (ENI, BP, BG) e dell’industria (Siemens).
Nelle slide di Sharm le infrastrutture avevano avuto un ruolo importante e l’allargamento di Suez era stato presentato come una sorta di fiore all’occhiello. Alcuni mesi prima, al Forum di Davos, il presidente aveva promesso che, una volta completata l’opera, si sarebbe aperta la seconda fase, quella dello sviluppo della zona del Canale, con ampio spazio ai capitali stranieri.
Solo qualche giorno fa il segretario di Stato americano John Kerry, in visita in Egitto, ha dichiarato che gli investimenti degli Stati Uniti nel Paese – oggi due miliardi di dollari all’anno, un quinto di tutti i flussi esteri – sono destinati a crescere. Alla cerimonia di inaugurazione, invece, partecipa il presidente francese Hollande, un modo per suggellare la recente vendita ad Al Sisi di materiale militare, compresi i jet Rafale. L’Italia, però, è il primo partner commerciale dell’Egitto nella Ue, e Renzi è stato l’unico premier del G8 a partecipare alla conferenza di Sharm. Il Cairo non sarà un’oasi di pace – anche se Al Akhbar, dietro al Grande Timoniere, disegna una picassiana colomba – ma rappresenta un’opportunità di sviluppo per le imprese del nostro Paese. Che può vantare anche un vincolo culturale: per festeggiare il raddoppio del Canale viene suonata la marcia trionfale dell’Aida, un’opera commissionata a Giuseppe Verdi dal viceré d’Egitto, Ismail Pascià.